Se vi dico che da ragazzina sono stata
rapita da un Fauno voi non ci credete, vero?
Ebbene, di seguito vi racconto com'è
andata e poi starà a voi giudicare se si tratta di realtà o di pura fantasia.
Non so quantificare il tempo in cui la
mitica creatura mi trattenne nel regno silvestre, luogo che, evidentemente, considerava
di sua proprietà. Forse furono poche ore o forse solo una manciata di minuti, ma
quel tempo indefinibile è rimasto impresso nella mia memoria a volte come un
bel sogno, altre come un incubo.
A quei tempi avrò avuto una decina
d'anni o poco più ed ero molto graziosa con la gaiezza di una farfallina leggiadra e curiosa.
Con Lulù, la maggiore delle mie sorelle,
mi recavo spesso nel nostro bosco preferito alla ricerca di funghi, di cui lei è
tuttora molto ghiotta.
Non so proprio come accadde, ma a un
certo punto ci perdemmo di vista e io mi ritrovai da sola in una parte del
bosco totalmente sconosciuta.
In quel momento non mi resi conto dei
pericoli che poteva correre una ragazzina sperduta nel folto, anche perché la
mia attenzione venne subito catturata dall'atmosfera idilliaca che mi
circondava.
Mi ritrovai in una radura dove gorgogliava
l'acqua cristallina di una sorgente che, formando un ruscelletto si tuffava a
valle. Intorno alla polla risuonavano i cinguettii e i vari richiami di
uccellini del tutto invisibili tra i rami. Ma, il massimo della meraviglia fu
lo scorgere di uno sciame di farfalle che mi circondarono, volteggiando intorno
a me. Sorpresa e felice iniziai a danzare con loro cercando di accarezzare tutte
quelle ali colorate.
A un certo punto, però, avvertii strani
bisbigli e alcuni misteriosi fruscii. Mi fermai perché mi parve di sentire anche delle risatine soffocate. In quel momento sussultai: “Le fate! “mormorai estasiata, ma subito dopo sentii sulla pelle uno
sguardo truce e malevolo.
In pochi secondi il sangue mi si gelò nelle vene! Nascosto
nel folto c 'era qualcosa di malvagio che mi stava osservando e io ero sola, terrorizzata e del tutto incapace di muovere un passo.
La paura mi mozzò il respiro in gola così
che non potei urlare e nemmeno feci in tempo a fuggire. Come avrei potuto? Una creatura misteriosa era comparsa alle mie spalle, senza che io me ne rendessi conto e con una morsa ferrea mi teneva
bloccata per le braccia.
Completamente inebetita dal terrore, mi volsi lentamente e
notai subito le orecchie a punta, le corna sulla fronte e la lunga barbetta in un
viso scavato, in cui spiccavano due occhi immensi e verdi come acque di lago o
come il verde delle fronde. Per fortuna, le gambe ricoperte di pelo e gli zoccoli caprini li
notai solo dopo, altrimenti, credo proprio che sarei svenuta.
La creatura mi scrutava con aria
sorpresa, poi mi parlò: “Da dove vieni bella fanciulla? Non ti ho mai vista da queste parti! Sei
forse la nuova ninfa della fonte?”
La sua voce era tanto cavernosa da mettermi i
brividi, la sua forza impressionante. Iniziai a tremare come una foglia e
balbettai una risposta:
“No ... no, signore! Io… mi chiamo Vi...vì!”
Lui sorrise. Per la verità un sorriso un
po’ sghembo: “Sei tanto carina e leggiadra! Danzi così bene, che devi essere
per forza una ninfa!” Poi aggiunse, indicando con un flauto che teneva nell'altro mano pelosa, (o era una zampa?) un punto tra gli alberi: “Dai, unisciti
a noi! Vedrai che ti divertirai.”
In quel momento si udirono dei nuovi
fruscii e altre risatine ma, nonostante aguzzassi lo sguardo nel punto indicato, intravvidi
soltanto lo svolazzare d’impalpabili vesti colorate.
“Le fate!” esclamai ancora estasiata e
lui scosse il capo cornuto: “Le fate? No, no! Sono le tue sorelline, le ninfe!”
Sorelline? In quel momento mi ricordai di
Lù e immaginai quanto fosse disperata non trovandomi. Cercai di liberarmi dalla stretta e fu allora che
sentii il richiamo accorato di mia sorella: “Vivì! Dove sei?”
Anche quella creatura sentì la voce e, rinforzando la presa su di me, mi si rivolse con tono roboante: “E quell'umana chi è? Da dove viene? “
Ormai in preda al terrore iniziai a
piangere: “Mia... sorella! Mi sta... cercando! Lasciami!”
Mi divincolai, o meglio, cercai di farlo, ma lui mi teneva saldamente con sguardo che era ghiaccio e fuoco nello stesso tempo. Ne avvertivo gli strali dolorosi sulla pelle.
“Tua sorella? Come... allora
non sei una ninfa?"
Non riuscii a rispondere e scossi più volte la testa. Le labbra mi tremavano, forse ancor più delle gambe e del corpo.
Ero sul punto di strillare e lui implacabile mi domandò." Cosa ci fai nel mio regno? Vattene e non farti più vedere se
non vuoi che ti mangi viva!” terminò, con quel tono terrificante, ma lasciandomi
libera.
Non me lo feci ripetere e scappai a
gambe levate da quella radura, più veloce di una gazzella.
La mia corsa terminò nelle braccia di
mia sorella e lì, al sicuro, singhiozzai come una disperata per alcuni minuti.
Solo quando mi calmai le raccontai quanto
mi era accaduto, ma lei non mi credette anzi, mi sgridò per essermi allontanata
e per aver inventato quella storia.
E voi, mi credete?

Racconto pubblicato sul sito Scrivere
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