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sabato 30 gennaio 2021

Dracula, il principe delle tenebre

                                                       


Vlad III di Valacchia, meglio conosciuto come Dracula, nacque nel 1431 in Transilvania, regione che all'epoca faceva parte del regno dell'Ungheria. Suo padre era sovrano di Valacchia ed era membro dell'Ordine del Drago fondato per proteggere il cristianesimo nell’Europa orientale.

A causa della sua indole crudele e sanguinaria era noto anche come Vlad l'Impalatore, soprannome che si guadagnò per la sua predilezione a infliggere l’atroce tortura ai suoi nemici.

                              

Fu proprio a causa della sua brutalità che divenne fonte d'ispirazione per lo scrittore irlandese Bram Stoker, che nel 1897 creò il romanzo “Il vampiro Conte Dracula “

In seguito, la storia venne trasformata sia in opera teatrale che in una pellicola cinematografica di grande successo.           Dracula era il principe delle tenebre, il vampiro per antonomasia, che si nutriva del sangue delle vittime mordendole sul collo coi temibili canini e succhiando loro ogni stilla di vita. 

                             

 In alcuni casi le vittime stesse si trasformavano in morti viventi, con le stesse caratteristiche vampiresche del loro aguzzino.

Nell’opera letteraria viene descritto come un gentiluomo dai modi cortesi e raffinati, ma solo all'apparenza. In realtà, Dracula fa uso di metodi gentili per trarre in inganno le potenziali vittime e poterle così circuire e sopraffare.               

                                                 

Viene inoltre descritto dotato di un’intelligenza superiore e di una grande astuzia. Nel romanzo Dracula mette in gioco le sue abilità e la sua sapienza sfidando i suoi nemici in una partita che lo vedrà spesso trionfatore. L'oscuro individuo è anche abilissimo nel coprire le sue tracce e creare false piste per sfuggire ai suoi inseguitori.                     

Il vampiro sfuggirà alla cattura innumerevoli volte, anche avvalendosi dell’aiuto di alcuni lupi, che riesce a comandare mentalmente e degli alleati zingari. Questi ultimi lo aiuteranno a trasferirsi a Londra, perché una delle ambizioni del "malvagio" sarebbe addirittura la conquista dell'Inghilterra e la sua trasformazione   in un regno di morti viventi. 

Pare che Dracula soffrisse fisicamente per la presenza di simboli cristiani e in particolar modo della croce, ma alla fine sarà con sollievo che accoglierà la morte, tramite un paletto piantato nel cuore, che lo libererà dall’oscura  condizione in cui ha vissuto.

                                                     

                           

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martedì 26 gennaio 2021

Una storica regata


                                   


 

Genova Castello d’Albertis 2004

 

Agnese era seduta sulla vecchia sedia a dondolo in completo relax  oscillando con lentezza e tenendo acciambellata sulle ginocchia Bastet, l’anziana gattina del castello.

Nel silenzio che la circondava, il dolce movimento e le fusa lievissime per le carezze che lei poneva sul bel manto del felino, le stavano procurando sonnolenza.

La sua testa ciondolava sul petto, anche a quel movimento brusco aveva sempre cercato di riscuotersi.

 In quel momento ammirava il pelo della gattina completamente nero e ancora morbido nonostante l'età.

Bastet, sentendosi osservata, si volse emettendo un lieve miagolio e spalancando e socchiudendo gli splendidi occhi di giada in quelli di Agnese.

La ragazza trasalì. Non sapeva spiegarsene il motivo, ma quando la gatta la fissava in quel modo provava un profondo disagio.

Forse era anche per quel flebile, caratteristico miagolio. Sembrava impossibile, ma Agnese aveva la sensazione che il felino volesse comunicarle qualcosa. In modo razionale intuiva quanto fosse assurdo, eppure, non riusciva mai a scacciare del tutto quel pensiero.

La ragazza sorrise tra sé: la sonnolenza le intorpidiva così tanto le idee, da indurla a fantasticare su cose inesistenti. Poi riprese ad accarezzare con più decisione il manto suscitando una serie di fusa ancor più riconoscenti.

Dall’esterno della torre del castello in cui si trovava, le giunse improvviso un suono cupo e profondo. Si trattava di un richiamo che era abituata a sentire sin da bambina e che le piaceva. 

Era il suono delle sirene che emettevano le navi quando arrivavano o lasciavano il porto.   

Quel suono lungo e prolungato rimbalzava tra le colline che affacciavano sul mare e si amplificava per effetto dell’eco giungendo in ogni parte della città.

Le sirene delle navi suonavano anche in occasione di festeggiamenti o per avvertire la cittadinanza di un pericolo imminente dovuto a un incendio o a un allagamento.  I genovesi erano in grado di capire dal tono e dal prolungamento del suono se fossero buone o cattive notizie.

Agnese prestò attenzione alla voce delle sirene e dopo, pochi secondi, al richiamo della prima nave si aggiunse quello delle altre in risposta.

Sul momento, quel concerto le fece una brutta impressione e all’idea che forse era accaduto qualcosa di terribile, un lungo brivido le percorse la pelle.

Le navi da crociera grandi e piccole, i rimorchiatori ormeggiati nel grande porto e persino le piccole imbarcazioni da diporto si unirono con il loro richiamo al concerto.

Quella sinfonia altisonante la sconvolse, mettendole un’ansia infinita. Non aveva mai sentito nulla di simile, nemmeno nella notte di S. Silvestro, quando le navi ormeggiate accoglievano l’arrivo del nuovo anno facendo librare nel cielo il loro saluto festoso.

Agnese, con la gamba ingessata a causa di una frattura, si avviò zoppicando alla trifora della torre che affacciava sul porto.

Dall’alto della sua posizione dominava tutta la città e a volte le sembrava quasi di poter toccare la mole svettante della Lanterna.

In quel momento il suo sguardo venne attirato dal movimento della Stazione Marittima alla ricerca di qualche segnale rivelatore. 

Non vi era nulla che facesse pensare a qualche tragedia in atto. Sembrava tutto a posto. Il Porto Antico con il Bigo, l’ascensore panoramico dagli enormi bracci perpendicolari sul mare e l’Acquario famosissimo in tutta Europa.  

Agnese riusciva a distinguere anche le persone affacciate dalle ringhiere di protezione degli antichi moli restaurati di recente e restituiti ai genovesi.

I rimorchiatori del porto stavano dando spettacolo.

Ancora una volta la ragazza sorrise.

Dalle bocchette fuoriuscivano lunghissimi getti di acque, che si alzavano nel cielo creando giochi d’acqua spettacolari.

In quel momento intuì il motivo di tanto baccano. Le navi stavano salutando i vincitori della regata storica, che si compiva ogni anno dal lontano 1955 e a cui partecipavano quattro delle più prestigiose potenze marinare con i loro equipaggi: Genova, Venezia, Amalfi e Pisa e che quell’anno era stata organizzata dal comune della sua città.

Si trattava di un evento eccezionale. La gara si svolgeva regolarmente, ma ognuna delle quattro città la ospitava a rotazione ogni quadriennio.

In cuor suo Agnese si rammaricò per l’incidente alla gamba, che in quella specifica occasione le impediva di partecipare alla sfilata storica. Agnese avrebbe dovuto interpretare il ruolo della Duchessa Doria, Signora della città indossandone i sontuosi abiti dell’epoca e nemmeno avrebbe potuto assistere al passaggio degli sbandieratori e degli alabardieri.

La ragazza sospirò avvilita. Rimpiangeva anche il passaggio della banda musicale con i trombettieri e i tamburini, che riempivano l’aria con gli squilli e con il rullio allegro dei loro strumenti.

Tornò a sedersi, riflettendo che se le sirene suonavano in quel modo festoso, era perché Genova aveva vinto l’ambito trofeo.

Riprese a carezzare il gatto tornato ad acciambellarsi sulle sue gambe, mentre i suoi pensieri rielaboravano la storia delle quattro Repubbliche marinare.

A poco a poco la sinfonia inventata dalle navi si affievolì fino a smorzarsi e la ragazza un po’ seguendo il dondolio della sua sedia, un po’ il ronfare del gatto, piegò la testa sul petto addormentandosi quietamente.                          

giovedì 21 gennaio 2021

Belfagor, il fantasma del Louvre

 

Ricordate Belfagor il fantasma del Louvre? 

Negli anni Sessanta fece scalpore la serie televisiva francese che riguardava questa oscura figura, pare fosse una mummia, che seminava terrore e panico nel famoso museo parigino. Ebbene, sembra proprio che non si tratti più soltanto di una creatura leggendaria.  Difatti, sembra sia ritornato a stravolgere il silenzio delle stanze del Louvre durante le ore notturne.

I giornali di Parigi ne hanno parlato, dedicandogli alcuni articoli e suscitando la curiosità degli appassionati del mistero e del genere horror e attirando l'attenzione di migliaia di visitatori. Di conseguenza è sorto il dubbio che le apparizioni siano soltanto una mera operazione di marketing, allo scopo di incrementare le visite al prestigioso tempio dell’arte e della cultura della capitale francese.                         

Il leggendario fantasma sarebbe stato visto aggirarsi nelle stanze limitrofe a quella dove viene custodita la Gioconda e, considerata anche la nomea di trafugatore di opere, che si trascina addosso da tempo,  sorge lecito il dubbio: Non è che Belfagor abbia in mente di rubarla?

Lo spettro terrorizzerebbe i custodi e vigilanti che compiono i giri di perlustrazione durante i turni di notte, apparendo all'improvviso e svanendo con la stessa facilità. Inutilmente i più ardimentosi, mai da soli e sempre in numerosa compagnia, lo hanno inseguito per i lunghi corridori, le rampe di scale e le stanze, lo spettro è sempre riuscito a dileguarsi nel nulla.         

Belfagor, oltre a essere una figura demoniaca della mitologia è anche il fantasma più celebrato della letteratura nazionale ed europea. Questa creatura misteriosa nasce nel 1926 nel romanzo di Arthur Bernéde.  E lo ritroviamo poi nella satira di Nicolò Machiavelli intitolata “La favola di Belfagor, l'arcidiavolo”, opera scritta contro i costumi della Firenze del 500.  

La mummia del museo possiederebbe poteri malefici e pare che sia la responsabile di molte morti improvvise e inspiegabili. Si narra anche che sia assai vanitosa, per via di alcuni anomali tentennamenti alla vista di una macchina fotografica.

Rimane comunque un grande mistero: Chi si nasconde sotto quella tunica scura e la terrificante maschera di cuoio?                                       

                           

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giovedì 14 gennaio 2021

La leggenda di Lupo Solitario

 

Centinaia, o forse migliaia di Lune fa, nella tribù dei Sioux, nacque una bella e piccola principessa dagli occhi e i capelli neri come il carbone e la pelle radiosa e vellutata.

Il padre, Orso Saggio, il grande capo di quella tribù, volle chiamarla Alba Radiosa.

La piccola indiana crebbe in fretta, sana e felice, fino a diventare una splendida squaw in età da marito.

I giovani guerrieri del villaggio rimasero incantati dalla sua bellezza e dalla sua grazia e iniziarono una gara tra loro per conquistarne il cuore.                              

Come l’antica usanza richiedeva a un giovane sioux, che aspirava ad avere una sposa, i guerrieri si diedero da fare per catturare i più belli tra i cavalli selvaggi, per portarli in dono  al padre della giovane, insieme alle armi decorate artisticamente e in esclusiva per lui. Pur nel rispetto dei desideri della figlia, la scelta finale del pretendente sarebbe poi toccata a Orso Saggio.

Il branco di mustangs divenne numeroso nel recinto e le armi e gli scudi si accatastarono in una tenda apposita rendendo la decisione finale del Grande Capo assai complicata.

La stessa Alba Radiosa non facilitò il compito al padre  mostrando una grande indecisione, incuriosita dalle visite notturne e innocenti di un misterioso ammiratore, rimasto a lungo nell'anonimato.

Si trattava di un sioux non molto giovane e nemmeno molto attraente rispetto agli altri pretendenti e Alba Radiosa, ignara della sua esistenza, ne aveva conquistato il cuore.  Il guerriero era stato chiamato Lupo Solitario perché amava vivere ai limiti del villaggio e a contatto diretto della natura.                               

Il giovane, essendo povero, non aveva molta dote da offrire a Orso Saggio e forse per questo non era molto considerato come possibile pretendente.

Lupo Solitario si era innamorato follemente della giovane squaw, tanto, da rischiare ogni notte un'incursione all'interno del tepee che lei condivideva con il padre, per lasciarle in omaggio un bocciolo di rosa posato sul cuscino.

Inutilmente, Alba Radiosa indagò per conoscere l’identità dello sconosciuto innamorato, perché lui, forse per timidezza o per timore di un rifiuto, non ebbe mai il coraggio di farsi avanti e rivelarle il suo amore.

Durante una di queste audaci incursioni notturne nella tenda dell'innamorata, lei si svegliò nel momento stesso in cui Lupo Solitario, chino sul suo  giaciglio, posava una rosa sul cuscino e la squaw si spaventò talmente da urlare a squarciagola.

Orso Saggio accorse in aiuto della figlia e pensando a un malintenzionato, lo colpì con una coltellata al cuore.                        

Nessuno al villaggio pianse la morte di Lupo Solitario ma, Madre Terra, dea dei Sioux, si impietosì e raccolto tra le sue braccia lo spirito del guerriero innamorato, lo tramutò in una costellazione.

Se si guarda il cielo durante le ore notturne, alla destra dell’Orsa Minore, si può ammirare la costellazione del Lupo e, se si acuiscono i sensi ascoltando con il cuore e con la mente, qualcuno potrebbe avvertire anche un lungo ululato di dolore.

                                       



Ricerca effettuata sul web ed elaborata fantasiosamente dall'autrice del blog. 

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lunedì 11 gennaio 2021

La leggenda di Bloody Mary

                                                                                 


Non mi sono mai cimentata a scrivere racconti horror ma, nello scorrere il web, mi sono imbattuta in questa storia che mi ha colpita e impressionata per la spietatezza, anzi direi crudezza del contenuto, sconsigliato ancora una volta ai soggetti più impressionabili.

Questa e la storia di Bloody Mary che in alcuni casi, pare fosse una strega arsa viva sul rogo. Comunque, strega o no, sembra che il suo  nome sia diventato impronunciabile perché, si vocifera che il suo spirito appaia a tutti coloro che, davanti a uno specchio e con una candela accesa, lo scandisca per tre volte. Si narra che uno volta evocato, lo spirito della ragazza non conceda più pace all’incauto e continui a tormentarlo fino a quando questi non muoia.

In realtà, tutta la leggenda sarebbe fiorita di bocca in bocca e nata da una tragedia familiare avvenuta tanto tempo fa.

Nei secoli scorsi molte malattie erano incurabili e quelle a carattere pandemico, come la peste o la difterite, propagavano il terrore nelle popolazioni.                                  

La storia di Mary, una giovinetta tra i quattordici e i sedici anni, figlia di un medico condotto, iniziò appunto con una malattia.

La ragazza aveva la febbre alta e il padre sospettò subito che si trattasse di difterite. Dopo pochi giorni, la malata cadde in un coma profondo e, forse, fu proprio per il terrore provocato dal pensiero del contagio a spingere l'uomo ad accelerare le procedure della sepoltura, sebbene fosse ben consapevole che la poverina desse ancora deboli segnali di vita.

Inutilmente la moglie del medico tentò di impedire che la figlia venisse rinchiusa nella bara, il marito sembrava uscito di senno e non volle ascoltare ragioni.

La madre della ragazza, ormai in preda alla disperazione e nella speranza di un miracoloso risveglio, escogitò uno stratagemma e fece legare uno spago al polso della figlia, al cui capo era collegato un campanello fissato a un palo, piantato all'esterno della sepoltura.

La donna avrebbe passato la notte nei pressi, così, se davvero la figlia si fosse ripresa dal coma, lo avrebbe segnalato all’esterno e lei avrebbe potuto accorrere in suo aiuto.

Purtroppo, il marito ne scoprì le intenzioni e ormai deciso a portare fino in fondo il suo folle proposito, somministrò alla donna un potente sedativo.

Il giorno dopo, al suo risveglio la moglie accorse sul luogo della sepoltura trovando lo spago spezzato e la campanella in terra.

Il feretro venne disseppellito e la bara riaperta. 

                        

La scena che si presentò davanti agli occhi degli astanti fu agghiacciante. Come la madre aveva sperato, la ragazza si era risvegliata dal coma e aveva tentato in tutti i modi di liberarsi.  Le sue mani erano insanguinate e le sue dita prive di unghie perché si erano consumate e poi staccate a furia di graffiare il legno del funereo scrigno. Dopo una lunga e straziante agonia la giovane era morta per asfissia. Una fine atroce. Sul volto le erano rimasti impressi tutto l'orrore e il terrore provati in quei minuti fatali.

Sembra che la madre impazzì dal dolore e la disperazione per non essere riuscita a salvare la figlia, mentre il padre di Mary, il giorno dopo venne trovato morto nella stanza da bagno, in seguito a un arresto cardiaco. Dietro alla sua morte si celerebbe un mistero, perché accanto al corpo  vi era lo specchio rotto ma, il particolare che più impressionò, fu il volto del cadavere immobilizzato in una smorfia di incredulità e di terrore, proprio come se il medico avesse visto un fantasma.                                         

              

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mercoledì 6 gennaio 2021

Le streghe del monte Ciamoisera





Chissà se si tratta di fantasia popolana, di leggenda o di comprovato fenomeno paranormale! Essendo appassionata di fenomeni misteriosi sono propensa più verso la terza ipotesi. 

Con questa ricerca vi conduco ancora una volta nella Valle d'Aosta e, più precisamente, ai piedi del massiccio Ciamoisera dove, in passato, pare che siano accaduti eventi straordinari, perlomeno, così narrano gli anziani abitanti dei villaggi situati nella valle di Lys.

Il monte Ciamoisera presenta una profonda fenditura del tutto invasa dalla vegetazione e pare che sia stato e che sia tuttora residenza e ritrovo di molte streghe.

Molti dei paesani hanno testimoniato di aver avvistato alcuni fuochi fatui danzare alle pendici del monte, per poi risalire in bell’ordine e in fila indiana fino alla vetta. Pare, però, che questi fenomeni fossero più frequenti nel passato e alcuni di questi avrebbero, persino, una documentazione storica.

                        

Una di queste testimonianze, divenuta col passare del tempo leggenda, narra che in una notte del 1877 gli abitanti della valle videro la montagna illuminarsi come fosse giorno, a causa di innumerevoli fuochi che sembravano avanzare come in una processione, provenienti da tutte le direzioni e con l'evidente traguardo della cima.

L'inquietante corteo era accompagnato da voci in alcuni casi cupe e stridenti, a volte argentine, gioiose o tremebonde.

Il colpo d'occhio era però suggestivo e nel contempo tenebroso. Pare che l’intero evento fosse durato dalle 22 della sera alle due del giorno seguente.

I fuochi, una volta raggiunta la cima, sembrarono gettarsi nel vuoto e poi si disponessero a formare un circolo nel prato sottostante, proprio come farebbero tanti partecipanti a un banchetto, intorno a una tavola rotonda.

                       

Questo misterioso rituale durò circa un'ora, poi i fuochi ripresero il loro assetto in fila indiana e i paesani videro il corteo attraversare il torrente e proseguire fino alla vicina località.

Nessuno dei testimoni ebbe il coraggio di seguire il corteo o di avvicinarsi per verificare quanto stava avvenendo. Soltanto il mattino dopo, con il favore delle luci del giorno, un gruppo dei più ardimentosi si recò sul luogo in cerca di prove e di tracce, ma nessun elemento o residuo di fuoco fu mai rinvenuto. I dintorni sembravano deserti e disabitati da tempo immemore.                

                                                     

Gli abitanti della valle dedussero che si fosse trattato di un fenomeno paranormale e che quel luogo fosse abitato soltanto dalle streghe.

Ancora oggi c'è chi sostiene di avere visto dei fuochi fatui danzare nella notte lungo le pendici del monte.  


                                            

            


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domenica 3 gennaio 2021

La leggenda del cavaliere senza testa

                                                                                   


Girovagando per il web mi sono imbattuta in questa storia paranormale e vorrei raccomandare alle persone più sensibili e impressionabili di non proseguire nella lettura perché, penso, correrebbero il rischio di rimanere suggestionate.

Questa leggenda ci riconduce alla famosa Rocca situata a Riva del Garda e risalente al dodicesimo secolo. 

L'antica residenza nobiliare, con gli anni è stata adibita a museo e, nel tempo, ha subito parecchi lavori di restauro. Ed è stato proprio durante uno di questi interventi che, negli anni 50,  nei sotterranei del maniero è ritornata alla luce un'antica tomba romana edificata a capanna e ricoperta di tegole, al cui interno era stato tumulato il corpo di un guerriero, purtroppo, privo della testa. Dopo un'attenta valutazione delle ossa del collo, si dedusse che il guerriero fosse stato decapitato e, che in seguito all'esecuzione, il cranio andasse perduto.          

                                   

I miseri resti vennero portati all'interno del museo e ricomposti con le ossa sistemate ben in ordine.

Pare, però, che da quel momento iniziarono ad accadere molte cose inspiegabili narrate dai custodi e dagli inservienti del museo. Gli addetti raccontarono di aver udito strani rumori, oltre ad avere assistito al misterioso fenomeno di luci che si accendevano e spegnevano all’improvviso.  L’evento che più sorprese, fu che al mattino dopo la nuova sistemazione, vennero ritrovati le spoglie del guerriero in un luogo differente da quello in cui erano state riposte e con le ossa posizionate in modo anomalo, quasi a casaccio.

Gli amanti del paranormale azzardarono l'ipotesi che  lo spirito del cavaliere non fosse soddisfatto per la nuova collocazione e, che di notte, spostasse i suoi resti mettendosi poi alla ricerca della testa mancante.

I dirigenti del museo, sospettando invece la manovra di qualche buontempone e volendo fare luce sul mistero, dopo aver ricomposto lo scheletro congegnarono di tendere fili trasparenti un po' dappertutto, per cercare di smascherare gli autori del macabro rituale.

Il piano non ebbe successo perché, il giorno dopo aver preparato il tranello, le ossa vennero ritrovate ancora una volta in disordine e la trincea di fili trasparenti del tutto intatta.                         

                      

In relazione a questa storia, nel 1955 a Malcesine, località nei pressi del Lago di Garda, venne rinvenuto un teschio che, si suppose, appartenesse al misterioso cavaliere della Rocca. Il teschio, considerato compatibile, venne ricongiunto ai poveri resti, sistemando poi l'intero scheletro sotto una teca di cristallo situata nella sala delle torture del maniero.

Dopo di allora nessun addetto notò o rilevò stranezze all'interno del museo e i resti rimasero come erano stati ricomposti. I dirigenti dello storico edificio ne furono felici ma, gli amanti del paranormale dedussero che, probabilmente, fu proprio il ritrovamento della sua testa a rendere la dovuta pace  allo spirito del misterioso cavaliere.             

                                        

                     
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