Genova Castello d’Albertis 2004
Agnese era seduta sulla vecchia sedia a
dondolo in completo relax oscillando con lentezza e tenendo acciambellata
sulle ginocchia Bastet, l’anziana gattina del castello.
Nel silenzio che la circondava, il dolce
movimento e le fusa lievissime per le carezze che lei poneva sul bel manto del felino, le
stavano procurando sonnolenza.
La sua testa ciondolava sul petto, anche a
quel movimento brusco aveva sempre cercato di riscuotersi.
In quel momento ammirava il pelo della gattina
completamente nero e ancora morbido nonostante l'età.
Bastet, sentendosi osservata, si volse
emettendo un lieve miagolio e spalancando e socchiudendo gli splendidi occhi di
giada in quelli di Agnese.
La ragazza trasalì. Non sapeva
spiegarsene il motivo, ma quando la gatta la fissava in quel modo provava un
profondo disagio.
Forse era anche per quel flebile,
caratteristico miagolio. Sembrava impossibile, ma Agnese aveva la sensazione che il felino
volesse comunicarle qualcosa. In modo razionale intuiva quanto fosse assurdo, eppure, non riusciva mai a scacciare del tutto quel pensiero.
La ragazza sorrise tra sé: la sonnolenza le intorpidiva
così tanto le idee, da indurla a fantasticare su cose inesistenti. Poi riprese ad
accarezzare con più decisione il manto suscitando una serie di fusa ancor più
riconoscenti.
Dall’esterno della torre del castello in
cui si trovava, le giunse improvviso un suono cupo e profondo. Si trattava di un
richiamo che era abituata a sentire sin da bambina e che le piaceva.
Era il suono delle sirene che emettevano
le navi quando arrivavano o lasciavano il porto.
Quel suono lungo e prolungato rimbalzava
tra le colline che affacciavano sul mare e si amplificava per effetto dell’eco
giungendo in ogni parte della città.
Le sirene delle navi suonavano anche in
occasione di festeggiamenti o per avvertire la cittadinanza di un pericolo
imminente dovuto a un incendio o a un allagamento. I genovesi erano in grado di capire dal tono e
dal prolungamento del suono se fossero buone o cattive notizie.
Agnese prestò attenzione alla voce delle
sirene e dopo, pochi secondi, al richiamo della prima nave si aggiunse quello
delle altre in risposta.
Sul momento, quel concerto le fece una
brutta impressione e all’idea che forse era accaduto qualcosa di terribile, un
lungo brivido le percorse la pelle.
Le navi da crociera grandi e piccole, i
rimorchiatori ormeggiati nel grande porto e persino le piccole imbarcazioni da
diporto si unirono con il loro richiamo al concerto.
Quella sinfonia altisonante la sconvolse,
mettendole un’ansia infinita. Non aveva mai sentito nulla di simile, nemmeno
nella notte di S. Silvestro, quando le navi ormeggiate accoglievano l’arrivo
del nuovo anno facendo librare nel cielo il loro saluto festoso.
Agnese, con la gamba ingessata a causa
di una frattura, si avviò zoppicando alla trifora della torre che affacciava
sul porto.
Dall’alto della sua posizione dominava
tutta la città e a volte le sembrava quasi di poter toccare la mole svettante
della Lanterna.
In quel momento il suo sguardo venne attirato
dal movimento della Stazione Marittima alla ricerca di qualche segnale
rivelatore.
Non vi era nulla che facesse pensare a
qualche tragedia in atto. Sembrava tutto a posto. Il Porto Antico con il Bigo,
l’ascensore panoramico dagli enormi bracci perpendicolari sul mare e l’Acquario
famosissimo in tutta Europa.
Agnese riusciva a distinguere anche le
persone affacciate dalle ringhiere di protezione degli antichi moli restaurati di
recente e restituiti ai genovesi.
I rimorchiatori del porto stavano dando
spettacolo.
Ancora una volta la ragazza sorrise.
Dalle bocchette fuoriuscivano lunghissimi
getti di acque, che si alzavano nel cielo creando giochi d’acqua spettacolari.
In quel momento intuì il motivo
di tanto baccano. Le navi stavano salutando i vincitori della regata storica,
che si compiva ogni anno dal lontano 1955 e a cui partecipavano quattro delle più
prestigiose potenze marinare con i loro equipaggi: Genova, Venezia, Amalfi e
Pisa e che quell’anno era stata organizzata dal comune della sua città.
Si trattava di un evento eccezionale. La
gara si svolgeva regolarmente, ma ognuna delle quattro città la ospitava a
rotazione ogni quadriennio.
In cuor suo Agnese si rammaricò per l’incidente
alla gamba, che in quella specifica occasione le impediva di partecipare alla sfilata
storica. Agnese avrebbe dovuto interpretare il ruolo della Duchessa Doria,
Signora della città indossandone i sontuosi abiti dell’epoca e nemmeno avrebbe
potuto assistere al passaggio degli sbandieratori e degli alabardieri.
La ragazza sospirò avvilita. Rimpiangeva
anche il passaggio della banda musicale con i trombettieri e i tamburini, che
riempivano l’aria con gli squilli e con il rullio allegro dei loro strumenti.
Tornò a sedersi, riflettendo che se le
sirene suonavano in quel modo festoso, era perché Genova aveva vinto l’ambito
trofeo.
Riprese a carezzare il gatto tornato ad
acciambellarsi sulle sue gambe, mentre i suoi pensieri rielaboravano la storia
delle quattro Repubbliche marinare.
A poco a poco la sinfonia inventata
dalle navi si affievolì fino a smorzarsi e la ragazza un po’ seguendo il
dondolio della sua sedia, un po’ il ronfare del gatto, piegò la testa sul petto
addormentandosi quietamente.