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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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sabato 28 novembre 2020

La leggenda della Mary Celeste



Vittime di una nave pirata? Sbranati dagli squali o attaccati da un mostro marino? O forse erano stati rapiti dagli alieni?

Che fine aveva fatto l'intero equipaggio del brigantino Mary Celeste?

Il 5 dicembre del 1872 la nave inglese “Dei Gratia” entrò nel porto di Gibilterra trainando un veliero abbandonato.

I marinai inglesi giurarono, che sia l'avvistamento che il recupero del brigantino, ritrovato al largo delle Azzorre, che fosse avvenuto in circostanze assai misteriose.

L'abbordaggio da parte dei marinai inglesi era avvenuto dopo svariati tentativi di richiamare l’attenzione di chiunque si fosse trovato a bordo del veliero, ma a quei richiami nessuno aveva risposto.

Eppure, il brigantino appariva in buone condizioni con quasi tutte le vele spiegate al vento. Gli uomini notarono che la nave procedeva in modo strano, con la vela maestra piegata e quella di gabbia stracciata dal vento. Il veliero era chiaramente alla deriva, in balia del vento e delle onde e tendeva a straorzare, come se non ci fosse nessun nocchiero a governarne il timone.

Gli inglesi misero in mare una loro scialuppa e raccontarono che accostare la nave fantasma non fu affatto facile, dato le condizioni del mare e tantomeno semplice fu la manovra di abbordaggio.

Occorsero molti tentativi prima che i marinai riuscissero a salire a bordo.

                                                 

Le condizioni in cui gli inglesi trovarono la nave contribuì a infittire il mistero. Sulla coperta non vi era anima viva e, a parte un po' di confusione, non vi erano segni di violenza né di furiosi combattimenti. Il ponte era deserto e lo erano anche le cabine e la cambusa. Trovarono un po’ di acqua nelle sentine, ma nulla che non si potesse eliminare facilmente con le pompe idrauliche.

Anche i viveri e le scorte di acqua potabile erano al loro posto e non mancavano nemmeno gli effetti personali dell'equipaggio.

Il libro di bordo, nella cabina del comandante, era aperto e vi era annotato di essere appena usciti illesi da una tempesta. A parte la confusione che regnava un po’ dappertutto, dovuta probabilmente alle condizioni del mare in burrasca, le uniche cose che mancavano, erano un sestante e una scialuppa di bordo.

Gli inglesi raccontarono di aver trovato dei piatti pieni di zuppa ancora calda e persino un sigaro acceso. Significava che qualsiasi cosa fosse accaduta, era recente e aveva costretto l’intero equipaggio all’abbandono precipitoso della nave. Allora, perché mancava solo una scialuppa? Se davvero erano stati costretti a fuggire, di natanti ne sarebbero occorsi molti di più per il numero dei marinai presenti a bordo. Inoltre, il mare intorno al mercantile inglese era deserto e non si vedeva ombra di naufraghi e di relitti.

          

I soccorritori avevano raccontato tutta la verità o avevano arricchito il loro resoconto donando un'impronta misteriosa al ritrovamento? 

Comunque il dubbio rimaneva: che fine aveva fatto l'equipaggio del veliero?

Al loro arrivo a Gibilterra, il procuratore capo aprì un'inchiesta, che non approdò a nulla.

Furono vagliate parecchie ipotesi e persino il comandante inglese del mercantile venne sospettato e indicato dall’investigatore come l’artefice della scomparsa dell’equipaggio, con la complicità dei suoi marinai. E tutto per appropriarsi del diritto di possesso della nave recuperata, come indicato dalla legge del mare, ma l’accusa decadde miseramente quando si scoprì che il capitano era già compartecipe di quel bene.

Il mistero di quella collettiva sparizione rimase irrisolto e ogni tanto torna ancora alla ribalta servendo da ispirazione per scrittori e sceneggiatori cinematografici.   

            

                                                                



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giovedì 19 novembre 2020

Lohengrin, il Cavaliere del cigno

 

Nell’opera omonima di Wagner, Lohengrin, figlio di Parsifal, leggendario cavaliere della tavola rotonda, era uno dei custodi del Sacro Graal.

Per ordine di re Artù, il cavaliere partì in difesa di Elsa di Brabante, una damigella accusata ingiustamente da Telramunt, un vassallo di suo padre, di avere ucciso suo fratello per impossessarsi del titolo di erede alla successione.  

L'accusa indirizzata alla giovane donna era del tutto falsa e le era stata rivolta per vendetta dal vassallo, infuriato per avere ricevuto un rifiuto alla sua offerta di matrimonio.

Il sovrano domandò spiegazioni alla figlia ed Elsa rispose che lei non era in grado di difendersi ma che in un sogno aveva visto l’arrivo di un misterioso cavaliere, che sicuramente avrebbe trovato il modo di scagionarla e che lei, per gratitudine lo avrebbe sposato.

Lohengrin, mantenendo segreta la sua identità, come richiesto dal padre, arrivò al maniero in modo suggestivo su di una piccola imbarcazione trainata da un cigno, ma deciso a salvare la damigella in pericolo, fino a sfidare in duello l'accusatore.  

I due si batterono con grinta e coraggio ma fu il cavaliere a prevalere sull'altro, poi, in modo magnanimo, risparmiò la vita al suo rivale. 

Quando il duello ebbe fine Lohengrin domandò in sposa la bella Elsa.

Il padre della fanciulla concesse al misterioso cavaliere la mano della figlia, ma Lohengrin, prima delle nozze, volle porre una condizione alla giovane donna e si fece promettere solennemente che lei non gli avrebbe mai domandato di svelare le sue origini e il suo vero nome, perché nessuno al mondo doveva conoscere la sua vera identità di cavaliere e custode del Santo Graal.

La giovane s’impegnò, suggellando il patto ma Telramunt, che non era affatto disposto a perdere per sempre l’oggetto del suo desiderio, lanciò nuove accuse di stregoneria, questa volta contro il misterioso cavaliere.             

Lohengrin si trovò a sua volta costretto a doversi difendere ma, non potendo svelare la sua identità, i cortigiani e il sovrano stesso iniziarono a dubitare della sua moralità e a sospettare che le accuse del vassallo avessero fondamento.

Ignorando la promessa fatta, Elsa venne meno al patto e supplicò il promesso sposo perché si difendesse, svelando a tutti la sua identità e i motivi che l’avevano condotto al maniero.

Lohengrin, per evitare la condanna, fu obbligato a dichiarare davanti alla corte e a tutti i cavalieri presenti di essere il figlio di Parsifal e uno degli eroici custodi del Santo Graal.                 




Ormai privo della copertura dell'anonimato, il cavaliere sentì suo dovere partire alla volta della Montagna Sacra e, risalito sulla suggestiva imbarcazione trainata dal cigno, si allontanò sulle acque dello Schelta, svanendo lentamente nella nebbia che avvolgeva il panorama, lasciando Elsa affranta.                   

                   


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lunedì 16 novembre 2020

Il ciliegio del sedicesimo giorno

                                 

Nel lontano Giappone, nel distretto di Wakegori, esiste un ciliegio antichissimo e molto famoso chiamato Jiu-raku-zakura, che tradotto vuol dire “ciliegio del sedicesimo giorno.”

Pare che questo leggendario albero fiorisca tutti gli anni il sedicesimo giorno del primo mese di gelo, secondo il vecchio calendario lunare.

Il periodo della sua fioritura, dunque, non avverrebbe durante la stagione primaverile come sarebbe normale che accadesse ma, piuttosto nel periodo di estremo gelo, così come pare che accadde la prima delle volte documentate.      La leggenda narra che nell'albero alberghi lo spirito di un uomo morto tanto, tanto tempo fa.  

Il suo nome è rimasto sconosciuto, ma pare che fosse un samurai e che il ciliegio crescesse rigoglioso nel suo giardino accudito, per più di un secolo, dal padre prima di lui e prima ancora dal nonno e dagli antenati.

Il nobile guerriero, ormai diventato anziano e avendo perso negli anni l'intera famiglia, dedicava molto del suo tempo alla cura del ciliegio portando avanti un'antica tradizione tramandata dai suoi avi, che era quella di appendere tra i rami strisce di carta colorata, su cui erano scritti versi poetici.                                                               

Accade che un giorno d'estate, il ciliegio si avvizzì e l'anziano samurai ne soffrì talmente da deperire in modo graduale.

Inutilmente i suoi vicini si prodigarono, donandogli persino un giovane ciliegio e piantandolo per lui nel suo giardino. L'anziano samurai mostrò loro molta gratitudine, ma quel generoso gesto non servì a portargli conforto, perché ormai sentiva la morte nel cuore.

I mesi passarono veloci e arrivò l’inverno con il gelo e con la prima neve e l’uomo, sempre più malinconico e depresso, teneva lo sguardo sempre puntato sull’albero, che non aveva voluto fosse sradicato dal terreno. Considerava sacro il ciliegio perché era stato piantato dagli antenati e, rappresentando la storia della sua famiglia, riteneva sacrilego estirparne le radici.  Per lui sarebbe stato come strappare dal suo cuore il ricordo di tutti i suoi cari.                     

Esiste un'antica credenza giapponese che dice, nel caso si ritenesse necessario, una persona può sacrificare la sua vita per salvare quella di un'altra creatura vivente, che sia umana, animale o vegetale.

Il samurai pensò che fosse giusto immolare la sua vita per salvare quella dell'antico albero e, un giorno, steso un telo candido accanto all’amato ciliegio, fece karakiri, come era in uso tra nobili guerrieri.                                    

Nel momento stesso in cui l'anziano esalò l'ultimo respiro, la sua anima trasmigrò nel ciliegio e quei rami rinsecchiti fiorirono nel medesimo istante.

Da quel lontanissimo giorno e grazie al nobile sacrificio del guerriero giapponese, pare che quel ciliegio fiorisca misteriosamente il sedicesimo giorno del primo mese della stagione della neve.  

                                                 


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venerdì 13 novembre 2020

La leggenda del lago della Ninfa


                                     


Una leggenda che diventa favola e che ha origine da un'altra antica leggenda. Questa è la storia di una bellissima ninfa dai glaciali occhi verdi, tonalità del tutto simile alle acque del lago in cui viveva e in cui si specchiavano le rigogliose montagne e gli abeti dei boschi che lo circondavano.

La leggenda narra che la ninfa, il cui nome rimane tuttora sconosciuto, possedesse il dono del canto con una voce armoniosa e che ogni giorno intonasse una melodia dedicandola alle montagne circostanti.

Cacciatori e pastori, ma anche semplici viandanti, ne rimanevano incantati.

Pare che la ninfa fosse molto maliziosa e che si divertisse a far innamorare chiunque passasse nelle vicinanze del lago, invitandolo poi, con lusinghe e promesse, a raggiungerla attraverso un ponte di cristallo, che lei stessa aveva ideato con l’inganno.                         


Quando i malcapitati erano ormai a un passo dalla conquista, il ponte si spezzava sotto i loro in piedi e gli illusi precipitavano nelle acque annegandovi.

Una fine terribile, dunque, ma pare che la storia prenda spunto da un'altra leggenda in cui il re dei Gorghi s’invaghì di una giovane pastorella, tanto da volerla conquistare, ma pare che lei respingesse le sue attenzioni.

Il sovrano non prese bene il rifiuto della fanciulla e tramò in gran segreto per impedirle di vivere qualsiasi altra storia d'amore.

Accade che un giorno, un giovane cacciatore che passava da quelle parti, rimase colpito dalla bellezza della pastorella, tanto da innamorarsene e a domandarla in sposa.

Il re venne a conoscenza del loro amore e, folle di gelosia, mise in giro la voce che lei fosse una ninfa maligna. Da quel momento, gran parte dei viandanti si mantenne distante dal lago presso il quale viveva la pastorella, ma il giovane non diede credito alle maldicenze e volle a tutti i costi raggiungere l'innamorata.

                                   


Quel giorno anche il destino sembrò accanirsi contro il loro amore, difatti, per raggiungere la sua promessa sposa il giovane cacciatore avrebbe dovuto transitare su un vecchio ponte che attraversava il lago, ma prima che riuscisse ad abbracciare la fanciulla, che lo attendeva con ansia dall’altra parte, la fragile passerella si spezzò ed entrambi annegarono nel lago.

Oggigiorno c'è chi sussurra che, durante le notti più serene, sarebbe udibile il lamento della ninfa, che cerca disperatamente il suo bel cacciatore.

                                               

                                                                      

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martedì 10 novembre 2020

Cassandra, la profetessa inascoltata

 


Cassandra, figura della mitologia greca, figlia di Ecuba e di Priamo, re di Troia, compare già nell’Iliade pur senza avere un rilievo importante mentre, in epoca successiva a Omero, una leggenda narra che il dio Apollo si fosse invaghito della bella Cassandra ed essendo stato da lei illuso di essere corrisposto, le donò il potere della profezia.

La giovane, appena si rese conto dell’immensità del suo potere, iniziò a respingere tutte le attenzioni e Apollo, per vendicarsi dell’affronto le sputò sulle labbra. In seguito a quell’oltraggioso gesto a Cassandra rimase il dono ma, da allora in poi, nessuno mai avrebbe più creduto alle sue previsioni.                                  

Virgilio, nella sua “Eneide” narra che, durante l’assedio di Troia, Cassandra tentò di dissuadere i troiani a introdurre nella città il gigantesco cavallo di legno inviato in dono dai greci, avvertendoli del pericolo, ma nessuno la ascoltò.

Nel cuore della notte e, mentre la maggior parte degli ignari cittadini dormiva tranquillamente, i soldati greci nascosti nel capace ventre del cavallo di legno, uscirono furtivamente e spalancarono le porte d'ingresso della città al resto dell'esercito.

Troia venne così conquistata con l'inganno dagli assedianti, che poi le diedero fuoco massacrando tutti gli abitanti.

Durante la devastazione, Cassandra, rifugiatasi nel tempio di Athena in cerca di salvezza, subì la violenza del greco Aiace di Oileo, che la strappò a viva forza dalla statua della dea a cui si era aggrappata.

Divenuta prigioniera di guerra, la profetessa venne assegnata come schiava ad Agamennone, vincitore acclarato della guerra di Troia e proclamatosi re, in seguito alla morte di Priamo.  

Venuto a conoscenza del potere della giovane donna il sovrano la rese sua concubina e la volle al suo fianco durante il suo trionfale rientro a Micene.                                

                                                

Ad attenderlo vi era Clitennestra, sua moglie infedele, che lo accolse con false dimostrazioni d'affetto. In realtà, la donna, che aveva già in mente l'assassinio del marito, invitò anche Cassandra a entrare nella Reggia, forse con identiche e oscure intenzioni. Ma la giovane profetessa presagì la morte imminente del sovrano e lo avvertì, anche questa volta senza essere creduta.

Agamennone morirà per mano della moglie così come Cassandra aveva previsto.

Oggi giorno si usa dare l’appellativo di “Cassandra” a coloro che, pur prevedendo eventi catastrofici non vengono creduti, mentre la sindrome di Cassandra si dà alle persone convinte di non poter evitare in nessun modo di cadere in disgrazia.                                                                      

                                                  


                                                                                 

                                                       
                                             

      

                

                                                                    


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sabato 7 novembre 2020

Area 51: tra miti e leggende

                                                                                         


Gli appassionati di fantascienza e di tutto ciò che riguarda gli ufo conosceranno bene la storia di questa famosa area di 26.000 mq, situata nel sud del Nevada e a circa 150 km da Las Vegas.

Oggi si tratta di una moderna base militare, che si è conquistata l'onore delle cronache di tutto il mondo, per un incidente verificatosi nello spazio aereo che sovrasta la zona e che ancora tutto oggi è avvolto nel mistero.

Il disastro è accaduto nei primi giorni di luglio del 1947 quando, un oggetto volante non meglio identificato, si schiantò al suolo spargendo detriti per centinaia di metri.

                                     


I militari, allertati da parecchi testimoni, accorsero sul posto per raccogliere ed esaminare il materiale. In seguito, furono proprio quei militari a rilasciare un comunicato stampa in cui dichiaravano che i detriti sparsi nella zona erano quelli di un disco volante. Quella affermazione suscitò scalpore sull'intero pianeta e costrinse i vertici a una decisa smentita dopo nemmeno 24 ore. I militari, rettificando la prima versione, dichiararono che i detriti erano quelli di una sonda spaziale.

Ma, ormai, il primo comunicato aveva fatto il giro del mondo e già circolava la voce di alcuni alieni rimasti uccisi nello schianto e tenuti nascosti in un luogo segreto e poi trasferiti nella base dell'Area 51. Vennero divulgate anche le foto di qualche autopsia effettuata su alcuni dei cadaveri alieni, tuttavia, esiste tuttora il dubbio sulla autenticità delle foto.

                                  


La segretezza in cui è sempre stata blindata la base militare, al cui interno vengono studiate e sperimentate avveniristiche tecnologie aeree e velivoli atti alla difesa della nazione ha fomentato, nei decenni trascorsi dall'incidente, decine di leggende.

Secondo alcuni testimonianze, più o meno veritiere, non tutti gli alieni sarebbero deceduti nello schianto, ma tenuti prigionieri e nel tempo, sarebbero stati soggetti a studi continui. Secondo altri, all'interno della base, avverrebbero incontri occulti tra alcuni politici statunitensi e delegazioni di extraterrestri giunti sul nostro pianeta in gran segreto.

Tra le tante tecnologie aliene, che interesserebbero i vertici militari, ci sarebbero il teletrasporto, alcune armi laser e bizzarri macchinari per effettuare ipotetici viaggi nel tempo.

Si sussurra, inoltre, di un Governo Occulto Mondiale. Un'associazione di uomini e alieni che controllerebbe nella massima discrezione la vita sull'intero pianeta.

                                     


La realtà, per fortuna, sarebbe ben diversa e si spiegherebbe nel fatto che la base militare è stata, fin dalla sua nascita, utilizzata per sperimentare le tecnologie più all'avanguardia nel campo bellico e che, persino i numerosi avvistamenti di ufo sopra la zona, sarebbero stati motivati con le prove di velivoli ultramoderni utilizzati durante le ricognizioni e alcuni conflitti, tra cui la guerra del golfo.

Nonostante le numerose spiegazioni, il mistero avvolge tutt'ora l'area 51, anche perché la zona è circoscritta e sorvegliata militarmente ed eventuali visitatori importuni rischierebbero multe salatissime e addirittura alcuni mesi di carcere.

                                            

                                       

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Alida Gif

mercoledì 4 novembre 2020

Excalibur e la Dama del lago

                                      


Excalibur era la spada magica di re Artù, il sovrano più mitizzato, che la letteratura fantastica abbia mai portato alla ribalta.

Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda, mago Merlino, fata Morgana e infine Nimue la Dama del lago, sono i personaggi legati alla sorte della spada Excalibur.

Si narra che le spade di Artù fossero due, che la prima gli si spezzò durante un feroce combattimento e che la seconda, la vera Excalibur, gli fu donata da Nimue, la Dama del lago.                                 

La misteriosa dama sembra vivesse in un regno incantato circondato da un lago, le cui acque sarebbero state soltanto un’astuta illusione ottica, per mascherare l'ingresso dell’arcana dimora agli importuni o malintenzionati. E pare proprio che l’inganno funzionasse, considerato che nessun cavaliere e nessun viandante aveva l’animo di attraversare quelle acque.

In opere diverse, a questa magica protagonista entrata di diritto nella leggenda arturiana,  vengono attribuite anche gesta differenti. Sarebbe lei a consegnare ad Artù Excalibur, e ancora lei a portare il re morente, dopo la battaglia di Camlann, all'isola di Avalon. Sarebbe ancora Nimue ad allevare ed educare il giovane Lancillotto rimasto orfano del padre e, infine, ancora lei a sedurre mago Merlino, a ingannarlo e imprigionarlo.                                        

La leggenda della Dama del lago trova molte analogie con quella delle Nereidi. Teti, uno spirito dell'acqua presente nella mitologia greca, allevava un grande eroe, dal nome risonante: Achille. Tra le altre similitudini con Nimue, Teti era moglie di Aleo, e la Dama del lago, secondo qualche versione, aveva un amante che si chiamava Pelleas.

Nella mitologia greca Teti dona l’invulnerabilità ad Achille, compresi l'armatura e lo scudo forgiati da Efesto, il Dio del fuoco, mentre Nimue dona a Lancillotto un anello dalle proprietà magiche e protettive.

Nel romanzo di Excalibur, invece, Nimue era una giovane bellezza dagli occhi scuri e capelli neri destinata a diventare una schiava, ma la nave che trasportava tanti altri disgraziati come lei naufragò e la ragazza fu l'unica superstite.

Questo particolare indusse mago Merlino a credere che la giovane fosse predestinata a compiere grandi imprese e che su di lei fosse scesa la benevolenza e la protezione degli dei.                                   

Questa arcana figura femminile è stata sempre e comunque associata alle fonti dell'acqua e dei laghi. Difatti anche il suo nome deriverebbe, in ogni versione letteraria, da divinità associate sempre all’elemento acquatico.

Nimue sarebbe una diminuzione di Mnemosine, la madre delle nove Muse e delle Ninfe dell'acqua. In altre opere, la protagonista viene chiamata Vivien, che deriverebbe da Coventine, divinità celtica delle acque.

Una degli adattamenti più conosciuti della Dama del lago è quello nel film “Excalibur” del 1981. Nella pellicola non si vede mai chiaramente il volto della misteriosa creatura, mentre ben visibile e in primo piano è il braccio che emerge dalle acque del lago e che porge in dono la spada al giovane Artù.

Nel momento in cui il re di Camelot, ormai anziano, spezzerà la lama buttandola nelle acque, Nimue la raccoglierà, riparandola e riconsegnandola al sovrano.

Comunque, in tutte le fantasiose versioni conosciute, la dama è sempre la custode di Excalibur, simbolo di potere assoluto e in grado di riunire i cavalieri sotto il comando di colui in grado di brandirla.

                                                  



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