Fantasia

Fantasia
La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

Pages - Menu

lunedì 19 luglio 2021

Ali candide nel cielo (ultima parte)





Chrisell urlò di dolore, e se non fosse stato per il sostegno di Mark, sarebbe precipitata nel vuoto.

Le tre orripilanti creature accerchiarono il pegaso costringendolo a scendere, ma proprio in quel momento apparve Alyser.

Il gracchiare sonoro delle arpie, seguito dall’urlo di Chrisell, si era espanso nel cielo che si stava schiarendo, ed era stato udito dalla giumenta e da Silvestre.

«Deve essere accaduto qualcosa di terribile! Torniamo indietro amica mia!» l'aveva esortata l’amazzone.

«Tieniti forte, mia signora!» le aveva raccomandato Alyser, quindi, fatta una rapida giravolta, si era diretta verso gli strepiti provocati dalle arpie.

“Per tutte le stelle!” pensò Silvestre nel ravvisare la situazione drammatica che stavano vivendo i suoi protetti. “Gylldor sembra allo stremo, quanto tempo potrà resistere?”

Spronò Alyser ad accelerare, tuttavia, prima di raggiungerli, la figura mitica del sovrano a cavallo di un mastodontico pegaso s’interpose tra loro.

«Dove credevi di andare, mia bella signora?» Silvestre frenò la corsa della giumenta e avvolse in uno sguardo di fuoco il suo acerrimo nemico. «Togliti di mezzo, se non vuoi finire male!» lo minacciò.

Zephar si lasciò andare in una risata satanica, quindi le rispose: «Fossi in te non farei tanto la baldanzosa, piuttosto mi guarderei alle spalle!»

Silvestre subodorò un tranello, ma sbirciò all’indietro e intravide una schiera di sgherri a cavallo di altrettanti pegasi.

«Non credi sia il caso di arrendersi?» domandò il sovrano, caustico.

«Mai!» sibilò la dama «Piuttosto che finire tua prigioniera, preferisco la morte!»

Quella risposta imperiosa colpì come una sferzata Zephar, che indietreggiò impercettibilmente, quasi fosse mortificato.

«È un vero peccato!» rispose, nascondendo la delusione. «Sappi che non ti avrei mai considerata una schiava, ma la regina del mio castello e» sospirò con una pausa a effetto «la regina del mio cuore» aggiunse, con una mano sul petto.

Silvestre lo derise, sprezzante: «Impossibile! Tu non possiedi un cuore!»

«Ora basta! Se non posso averti è inutile che tu viva!» urlò spazientito il Malefico attaccando per primo. Dalle sue mani partì una miriade di strali di fuoco, ma la dama fu lesta ad alzare uno scudo difensivo su cui andò a infrangersi la pioggia di scintille.

Tuttavia, anche se all’esterno appariva indomita e determinata, la Dama del bosco era profondamente preoccupata. Poco distante riusciva a vedere Gylldor e i suoi amici in grande difficoltà. Mark era impegnato a sostenere e a difendere la silfide, per quanto gli era possibile nella sua posizione, e il pegaso lottava con la forza della disperazione per non soccombere agli artigli, ma soprattutto alla stanchezza, che s’indovinava nei movimenti forzati.

“Cosa gli è successo? La trasformazione avrebbe dovuto infondere più vigore ai suoi muscoli. Perché è così esausto?” si chiese difendendosi da un nuovo attacco, costretta a concentrarsi sul nemico. “Non posso fare nulla per loro, e per me è giunta l’ora della verità. Se voglio salvare queste creature e quelle del mio regno, questo demonio deve morire. O me o lui!” terminò con amarezza, quindi sferrò il suo attacco.

Mentre il sole riappariva lentamente dall’ombra della luna, nel cielo si moltiplicarono gli scoppi e le deflagrazioni, come tanti tuoni e fulmini durante un temporale. I riverberi che ne derivavano misero in luce le onde placide del Lago Smeraldo che si stendeva decine e decine di metri sotto il punto dello scontro.

Presi dalla foga del combattimento, i contendenti non si erano accorti di essere sullo spartiacque tra i due regni. In lontananza erano appena visibili le cime degli alberi più alti del reame della boscoso, che si protendevano verso il cielo e sembravano indicare la via del ritorno alle creature silvestri. “Dobbiamo arretrare!” si disse Zephar “Nel caso dovessimo sconfinare, la dama acquisirebbe troppa energia dalla sua terra e dai suoi elementi e rischierei di perdere tutto” realizzò tra sé, mentre lo scontro proseguiva alla pari.

Mark, non potendo combattere, si limitava a difendere il corpo inerme della silfide e, ogni tanto, lanciava un’occhiata verso i due contendenti.

venerdì 16 luglio 2021

Ali candide nel cielo (8a parte)

 




La parata


I giorni di festa proclamati dal tiranno furono annunciati, sin dall'alba, dal suono profondo e prolungato dei lunghissimi corni d'appoggio.

E, purtroppo, per Gylldor e Alyser ebbe inizio anche il fatidico plenilunio.

Gylldor tentò di sottrarsi e di contrastare la trasformazione con ogni singolo muscolo e nervo del suo corpo e, di conseguenza, il terribile evento si tramutò in un dramma. Fu molto più doloroso e traumatico di quanto avrebbe dovuto essere, e quella sofferenza fu del tutto inutile. Il giovane unicorno dovette subire la trasformazione del corpo con ribrezzo e orrore: il suo manto ridivenne nero come la pece e le sue ali si spiegarono, mentre il corno si allungò sulla fronte. La creatura alata si manifestò in tutto il suo terribile splendore. Solo la sua mente, i suoi pensieri e i suoi ricordi rimasero inalterati, eppure dovette prendere atto che la sua indole, in genere mite, era diventata ombrosa e irascibile.

Gylldor poteva solo immaginare il suo nuovo aspetto. Se sbirciava attraverso gli spiragli delle paratie di legno gli era possibile vedere un intero branco di creature alate che scorrazzavano all’esterno, in piena libertà, tra i vasti recinti che si estendevano a vista d’occhio.

Le rincorse, le cavalcate con le criniere al vento dei Pegasi Oscuri, gli procurarono un moto di rabbia, ma intuì ben presto che si trattava soltanto di gelosia.

“Per tutte le stelle del firmamento! Sono diventato anche io come loro, con l’unica differenza che io sono prigioniero mentre loro possono almeno galoppare come fossero liberi” pensò, invidiando le sgroppate e le impennate improvvise dei suoi simili. 

Ricordava alla perfezione il piacere di avvertire le carezze e le sferzate del vento sul muso e sul manto, e per qualche istante gli parve di avvertire l’odore dell’erba e di umido del terreno calpestato in profondità dai suoi zoccoli.

“Potrò mai tornare a galoppare libero con Mark?” si domandò con una vena di profonda malinconia.  Il ricordo del suo giovane amico gli procurò una stretta alla bocca dello stomaco.

“Dove sei, Mark? Spero che almeno tu ce l’abbia fatta a metterti in salvo!”

In quel momento uno dei pegasi staccò i propri zoccoli dal prato, e fu subito ripreso e redarguito dagli sgherri che montavano di guardia. Quelle creature, per quanto sorvegliate, godevano di un minimo di libertà, e lui le invidiò ancor di più “Cosa posso fare per tornare libero come loro?”

«Dobbiamo soltanto agire con accortezza e astuzia, principe degli unicorni» gli sussurrò la dama, appena apparsa al suo fianco.

Gylldor trasalì. Non si aspettava quell’apparizione, ma subito i suoi fianchi tremarono d’emozione.

«Mia signora» esclamò, piegando i garretti e la testa in un inchino appena accennato. Vaghe reminiscenze balenarono nella sua mente, ma tra tutte spiccò il bel viso della dama mentre dava indicazioni e consigli alla silfide per portarlo in salvo. 

«Ti ricordi di me, mi pare incredibile! Quando ti ho visto la prima volta eri talmente piccolo!»

«Non rammento il tuo nome, ma la tua immagine è rimasta impressa nella mia memoria.» «Non posso che esserne felice! Sono la signora del reame boscoso. Il mio nome è Silvestre, e sono qui per aiutare te e i tuoi amici.»

«Dimmi di loro, ti prego! Come stanno Mark e Chrisell e...»

«Alyser?» terminò sorridendo lei.

Gylldor scosse la testa, confuso, «Sì… Alyser. Come stanno tutti?»

«Mark sta bene ed è con la tua amica, mentre per Chrisell la situazione è più complicata.  Con Mark abbiamo elaborato un piano che ora ti esporrò. Occorre anche la tua collaborazione, oltre a quella di Alyser.»

«Sono prigioniero, come credi che possa esserti utile?»

«Se ti dimostrerai arrendevole, non lo sarai ancora per molto. Il sovrano considera sia te che la tua amica gli esemplari più belli della sua collezione, e ha fretta di mettervi in mostra durante la parata. Per cui ti consiglio di mettere a tacere il tuo orgoglio, principe, e di palesare la massima docilità. Solo così il nostro piano potrà riuscire.»

«Per quanto mi sarà possibile, farò come suggerisci, mia signora.»

«Bene. Allora ascolta con attenzione.»

Dama Silvestre impiegò qualche minuto a spiegare quanto aveva elaborato con il giovane stalliere. Gylldor ascoltò con pazienza, senza mai interrompere. Il piano sembrava perfetto in ogni minimo particolare e, con un briciolo di fortuna, aveva anche buone probabilità di riuscire.

«Alyser è a conoscenza di quanto avete escogitato?»

«La tua amica sa quello che deve fare.  E ora anche tu, principe. Ma adesso devo andare. Se tutto va come spero, tu e i tuoi amici sarete liberi, e potrai tornare a regnare sul tuo popolo.» «Mi auguro che sia così, mia signora» rispose Gylldor, chinando la testa in un gesto cortese. «A presto, principe degli unicorni.» si congedò la dama.

martedì 13 luglio 2021

Ali candide nel cielo ( 7a parte)

 




Prigioniera

 

Inutilmente Gylldor impiegò tutte le sue energie in difesa della silfide. I due giganti erano troppo forti perché l’unicorno, dal fisico ancora debilitato, potesse sperare di prevalere. Eppure, nonostante quella residua debolezza, Taresh dovette faticare non poco per raggiungere il corpo riverso della creatura silvestre.

«Lo sapevo, era un po’ che ti percepivo nell’aria. Avvertivo un singolare alone di magia intorno all’unicorno, subodoravo la tua presenza. Ma non potevo sperare di catturare una preda così interessante.»

Taresh prese tra le dita una ciocca serica dei lunghi capelli di Chrisell e si mise ad annusarla con aria deliziata: «Una creatura così rara, così diafana e delicata. Immagino la felicità del mio sovrano quando ti vedrà!»

«Non toccarla!» urlò Gylldor strattonando le corde che lo tenevano di nuovo impastoiato e rischiando di cadere «Non sei degno nemmeno di sfiorarla!»

«Oh, non temere! Non le farò del male. Comunque, hai ragione. Una silfide non è affatto una creatura adatta a un gigante come me, ma il Signore del male troverà sicuramente un ruolo che le si confaccia. In quanto a te» terminò con aria bellicosa e sollevando senza il minimo sforzo il corpo minuto tra le sue braccia «ti consiglio di startene buono se non vuoi che finisca male. E non sperare nell’aiuto del tuo amico, d'ora in poi sarai guardato a vista!»

«Norok» ordinò infine «Sei responsabile di questo unicorno. Tieni il tuo sguardo ottuso puntato su di lui e non abbandonarlo mai, qualsiasi cosa succeda!» terminò, volgendo le spalle e portando via la silfide ancora svenuta.

Chrisell riprese i sensi, attanagliata da un senso di nausea e di disagio infinito. Tutto si muoveva e dondolava intorno a lei, e la prima cosa che distinse furono gli occhi fosforescenti delle arpie fissi sulla sua figura. “Dove sono?” si domandò per un attimo, ancora intontita. “Sono prigioniera!” constatò amaramente tendendo le braccia alle sbarre che la circondavano per aiutarsi a sollevarsi.  Ma la manovra non le riuscì, un po’ perché l’altezza della gabbia in cui era stata rinchiusa non le permetteva di stare ritta, ma soprattutto perché le sue mani non solo erano state fasciate in bende molto spesse, ma erano anche legate in un modo tale che non riusciva ad avvicinarle. Chiunque fosse il suo aguzzino si era dimostrato previdente, impedendole di poter usare la sua magia, che si attivava solo grazie ai gesti arcani che solo lei era in grado di fare.

domenica 11 luglio 2021

Ali candide nel cielo (6a)

 


Persino Mark, nella sua incoscienza, avvertì il cambiamento.

Chrisell gli apparve accanto, e resasi conto della cupa atmosfera che regnava nelle stalle, mosse le sue mani in aria per riportare un minimo di quiete: «Buoni. State buoni!» disse.

Il suono pacato della sua voce, unita alla magia che fuoriuscì dai suoi gesti servì a tranquillizzare gli animali, quindi Chrisell pose le sue mani davanti al volto stralunato del ragazzo, muovendole con ancor più delicatezza.

«Torna in te, Mark! Torna in te!»

Le palpebre del ragazzo sbatterono una, due volte. Le labbra si mossero e si schiusero e lo sguardo divenne vigile, attento.

Mark, finalmente conscio, si portò le mani alla testa come per rimettere ordine alla ridda di pensieri che si accavallavano e si confondevano.

«Cosa è successo?» domandò più a se stesso che alla figura ancora un po’ annebbiata che aveva davanti. «Chrisell» scandì appena ne riconobbe i lineamenti «Cosa mi è successo? Perché è tutto così confuso nella mia mente?»

«Va tutto bene, Mark! Non ti preoccupare! Va tutto bene!»

«Io ricordo solo le tue mani che si muovevano e poi più nulla.»

Chrisell si sentì arrossire per quello che aveva fatto, ma doveva delle spiegazioni al suo amico, anche a costo di farlo arrabbiare.

Si fece coraggio e con voce mite gli spiegò: «Per rendere la tua finzione più credibile ho dovuto sottoporti a un incantesimo, e come vedi ha funzionato.»

«Cosa hai fatto? Mi hai... mi hai ipnotizzato!»

Chrisell indietreggiò. Lo sguardo di Mark era stralunato, sembrava aver perso il lume della ragione, inoltre il ragazzo avanzava minaccioso. Per un attimo pensò che volesse aggredirla. «Non so cosa tu voglia intendere con quel termine… ipnotizzato. Ho solo fatto un incantesimo che ha agito sulla tua volontà. Sì, hai ragione a essere arrabbiato, ma ho dovuto farlo! Altrimenti non avresti mai potuto passare indenne la verifica a cui ti ha sottoposto il Malefico.»

Mark stava per ribattere che non era giusto, che solo l’idea di essere stato assoggettato lo faceva star male e che si sentiva umiliato. Ma Chrisell lo stava guardando con aria contrita e ciò lo ammansì, anche se la silfide continuò ad avvertirne la contrarietà.

«Avresti dovuto perlomeno avvertirmi delle tue intenzioni» disse infine Mark.

«Certo, avrei dovuto farlo, ma tu avresti accettato?» domandò lei a sua volta, quindi aggiunse: «Mi dispiace, ma essendomi assunta la responsabilità della vostra salute ho dovuto decidere in poco tempo come fosse meglio agire. Rifletti, ti prego. In fondo, abbiamo raggiunto il nostro scopo. Non sei più prigioniero in quell’orribile cella, e tra poco ti ricongiungerai al tuo amico.»

«Gylldor? Dov’è? Come sta?»

Chrisell scrollò la testa con compassione: «Gylldor ha un carattere fiero e ribelle, proprio come si addice a un principe, ma è anche troppo cocciuto e impulsivo e questo gli è costata l’animosità dei suoi carcerieri che, pur di domarlo, lo hanno costretto a un regime sin troppo severo. Finora sono riuscita a evitare che il suo fisico si debilitasse in modo eccessivo, ma è molto dimagrito e demoralizzato. Negli ultimi giorni ho temuto che… ma non ci voglio più pensare! Ora che ci sei tu sono sicura che le cose miglioreranno.»

Mark scattò come una molla: «Voglio vederlo! Conducimi da lui!»

«No. Tra poco saranno loro a trasferirlo qui, e allora potrai riabbracciarlo.»

Il ragazzo annuì, poi si ritirò in un cantuccio, un po’ in disparte rispetto alla silfide.

Si sentiva stanco e avvilito, non riusciva a intravedere spiragli nel proprio futuro e in quello dell’unicorno.

«Mark» lo richiamò l’eterea creatura silvestre. «Lo so che sei ancora arrabbiato per quello che ho fatto e per quanto hai dovuto subire durante la prigionia, ma i tempi bui sono finalmente passati. Tra poco tu e Gylldor tornerete insieme. Voi due siete una forza, Mark.  Metti da parte ogni cattivo pensiero e impiega ogni tua energia per elaborare una strategia di fuga.»

«Credi che sia facile?» domandò lui, ancora risentito. «Mi trovo prigioniero in una dimensione che non mi appartiene, circondato da creature aliene e maligne. Guardati intorno, Chrisell, non vedi quanta malvagità regna su questa terra?»

 La silfide si volse verso gli animali ospitati nei vari settori e scrollò la testa: «Queste, prima di subire la trasformazione, erano creature meravigliose, Mark. Erano unicorni, proprio come il nostro Gylldor, e sua madre ne era la regina. È stato il veleno a tramutarli in quello che sono» concluse Chrisell con amarezza.

«Ma cosa sono?»

«Credo dei pegasi… Pegasi Oscuri. Ma loro non hanno colpa, Mark. È stata la malvagità di Zephar a ridurli in questo stato.»


mercoledì 7 luglio 2021

Ali candide nel cielo (5a parte)

 


Mark

Mark si torturò per giorni nella speranza di riuscire a escogitare un piano di fuga semplice ma efficace. Ma non era affatto facile evadere da quella prigione; i muri erano molto antichi, dello spessore di un metro circa, la piccola finestra sbarrata da solide inferriate, la porta di legno massiccio rinforzata da sbarre di metallo.

Studiò a lungo gli orari dei carcerieri, il cambio dei turni, quello dei pasti e quello dei controlli che venivano effettuati regolarmente attraverso gli spioncini. Cercò di vagliare ogni minimo particolare, non tralasciando nemmeno di contare i passi che facevano i carcerieri per coprire la distanza tra la sua cella e la scala che portava ai piani superiori e quindi all’uscita. Tuttavia, dovette convenire che la sorveglianza era così stretta da non lasciare speranza di riuscire a eluderla.

Doveva arrendersi? No, mai! Giunse quindi alla conclusione che non rimaneva altro che l'inganno. In fondo, lui stesso si trovava prigioniero nel regno del male, e forse non sarebbe stato poi così difficile ideare uno stratagemma per abbindolare i suoi carcerieri. Doveva solo riflettere attentamente e aspettare con pazienza il momento opportuno. Si mise a osservare le guardie che s’alternavano nei turni. Non erano molte, ed escluso Taresh, non avevano un’aria particolarmente intelligente. In modo particolare Norok, dall’espressione ottusa, quasi da ebete, che Mark definì una creatura insulsa oltre che bizzarra.

Norok era un colosso che si muoveva al rallentatore, e questa era una caratteristica che poteva tornare a suo favore. Il ragazzo decise che fosse lui l’obiettivo più semplice, e si mise a studiarne le mosse e l’atteggiamento.

Lo colpì il fatto che Norok camminasse come un automa, un burattino. Lo sguardo che si posava su Mark era vacuo, senza alcuno sprazzo di discernimento. Possibile che quell’individuo fosse totalmente privo di senno e di volontà?

La sua osservazione durò per giorni interi, finché un’idea ben precisa si fece strada tra le tante vagliate e già scartate: e se avesse tentato d’imitare il comportamento del gigante? Certo, non poteva sperare che Taresh arrivasse a credere che un prigioniero, finora orgoglioso e indomabile, fosse all’improvviso rimbecillito, ma forse, se fosse riuscito a simulare la rassegnazione e l’abulia di un animo provato da infinite angherie allora, forse, sarebbe riuscito a convincere il suo carceriere e persino il sovrano.

“Cosa ho da perdere? Vale la pena vivere una vita senza mai vedere la luce del sole o senza mai respirare l’aria pura a pieni polmoni?”

«Mark» il suo nome aleggiò nella cella ancor prima che apparisse la silfide.

«Ti porto buone notizie. Gylldor sta bene e ti manda un messaggio.»

 La gioia che gli procurò quell’annuncio era pari all’emozione che provò nel risentire la sua voce.

Fu la sensazione travolgente a indurlo a correre incontro alla giovane, che nel frattempo si era materializzata.

Chrisell arretrò spaventata, ma lui l’afferrò per la vita sottilissima e la sollevò in aria, come non avesse peso. «Sei più leggera di una piuma!» esclamò ridendo e roteando su se stesso. «Oh come sono felice!» continuò ignorando gli occhi sgranati e l’espressione di lei, tra il timoroso e l’incredulo.

Mark non smise mai di girare, piroettando con la fanciulla stretta tra le braccia, fino a che la stanza iniziò a roteare vorticosamente e lui perse l’equilibrio barcollando e crollando poi, insieme a lei, sul mucchio di fieno.

Entrambi distesi per terra in una posizione scomposta, si guardarono allibiti, poi scoppiarono a ridere a crepapelle.

«Sei matto!» riuscì a dire Chrisell tra un respiro e un singulto, «Sei proprio tutto matto!» ma, nel frattempo, non riusciva a smettere di ridere.

Quando il respiro si normalizzò, Mark le si avvicinò e le tolse alcune pagliuzze dai capelli: «Qual è il messaggio di Gylldor?»

«Ha detto di stare tranquillo e che presto vi ritroverete. Ma Mark ascolta» lo ammonì con tono tornato serio «non abbiamo più molto tempo e dobbiamo trovare un modo per farti uscire da qui.»

«Io un piano lo avrei già elaborato. Ma non sono sicuro. Se vuoi te ne parlo, così mi dici cosa ne pensi.»

Il ragazzo iniziò a spiegare delle sue osservazioni e della sua idea di simulare arrendevolezza, rassegnazione, disponibilità a collaborare, con l’intento di migliorare la propria situazione.

«Forse, con questo cambiamento, quel demone si convincerà che non rappresento più un problema e allenterà le maglie della sorveglianza. Forse arriverà anche a darmi fiducia e a liberarmi. È solo questo il mio scopo: voglio tornare libero per aiutare Gylldor e magari trovare una via di fuga da questo regno malefico. Che ne dici, Chrisell?»

«Ti aiuterò, Mark, perché la tua mi sembra una buona idea. Ma secondo me occorre perfezionarla. Bisogna indurli a credere che la prigionia, le privazioni e i maltrattamenti subiti abbiano condizionato in modo tale la tua mente e il tuo cuore da portarti alla follia. Io posso rendere più credibile la tua sceneggiata.»

«Come?» gli domandò lui con un pizzico di preoccupazione.

«Ti fidi di me?»

«Tu sei l’unica amica che ho, oltre a Gylldor naturalmente. Certo che mi fido!»

«E allora avvicinati e guardami, Mark. Lasciati andare, guarda le mie mani e guarda nei miei occhi.»

Mark ascoltò con piacere quella voce e quell’invito, si rilassò e seguì con attenzione i movimenti aggraziati delle manine, che sembrava eseguissero una danza davanti al volto delicato della silfide. Chrisell accompagnò i gesti con una nenia dolcissima.

Quella melodia lo indusse a chiudere gli occhi, e Mark si sentì accarezzare la pelle, la mente e il cuore, ma subito dopo e in modo anacronistico nella sua memoria apparve l’immagine di Norok, il gigante dallo sguardo vacuo, e s’immedesimò in quella figura atona.

«Ora e solo ora la tua volontà è sopita. Il tuo sguardo diventa vuoto e si fissa intorno, sfiora appena gli oggetti che lo circondano senza vederli, come se non esistessero. Eseguirai tutti gli ordini che ti verranno impartiti dagli altri, a meno che non compromettano la tua sicurezza e fino a quando sentirai la mia voce ordinarti di risvegliarti. Solo allora tornerai a essere l’individuo che sei sempre stato. Mi hai inteso, Mark?»

Il ragazzo riaprì gli occhi, senza peraltro rendersi conto di dove era e cosa ci fosse intorno a lui. Chrisell agitò una mano davanti al suo volto e constatò che il suo sguardo rimaneva fisso. Allora la silfide annuì, poi d’istinto accostò il suo viso a quello del giovane e con le labbra pose un bacio lievissimo sulla sua bocca socchiusa.

Certa dell’incoscienza di lui, Chrisell si lasciò andare in una risata argentina e maliziosa, quindi la sua immagine sfumò lentamente.

«Che le stelle illuminino la tua strada, Mark!»

sabato 3 luglio 2021

Ali candide nel cielo (4a parte)

 




Certo di aver domato i caratteri ribelli dei prigionieri, Zephar si accomodò sul trono, quindi, piluccando con indifferenza due acini d’uva che un servo gli offriva su un vassoio d’argento, aggiunse: «Esigo che mi mostriate la vostra ubbidienza inginocchiandovi entrambi davanti a me! Ora! Subito!»

I due giovani ebbero qualche istante d’esitazione e tra i sudditi si propagò un mormorio. Tra Mark e Gylldor intercorse un’occhiata interrogativa. Ognuno cercava nell’altro un appoggio, un suggerimento sul da farsi. Piegarsi ai voleri del tiranno cercando in seguito una soluzione ai loro problemi o ribellarsi e sfidarne la collera andando incontro a chissà quale punizione?

Quasi a sottolineare quella sinistra prospettiva, nel salone si espanse il gracidare malevolo delle arpie e un senso di gelo pervase tutti gli presenti. “In ginocchio! In ginocchio!” gracchiavano fastidiose, ma i due prigionieri le ignorarono come se non fossero esistite.

“Qualsiasi cosa deciderai, sarò con te, Gylldor” comunicò Mark nel loro dialogare silenzioso, e l’unicorno annuì.

Seppur a malincuore, il puledro abbassò il capo e i garretti in un inchino appena accennato e il ragazzo ne seguì l’esempio piegando un ginocchio e la testa.

«Non si può dire che l’abbiate fatto con vera partecipazione» ghignò Zephar, schernendoli «ma per oggi mi ritengo soddisfatto per quanto ottenuto e vi congedo, con la speranza che in futuro mostriate più impegno. Tuttavia, vorrei ricordaste un ultimo avvertimento: non mi deludete e il vostro soggiorno in questa dimensione potrebbe risultare addirittura piacevole, ma se mi tradirete nessuna punizione sarà abbastanza temibile prima della vostra condanna a morte. Mi sono spiegato?» domandò con tono truce.

La risposta dei prigionieri fu talmente impercettibile che molti sudditi nemmeno la udirono: «Sì» sussurrano entrambi.

Zephar si sollevò di scatto: «Sì mio signore! Questa deve essere la vostra risposta!»

«Sì. Mio signore.» ripeterono a fior di labbra i due amici.

Il despota si concesse ancora qualche istante, quindi concluse: «Ora vi aspetta un periodo di adattamento e riflessione, il primo nelle segrete del palazzo, mentre tu» disse, rivolto al puledro «andrai nelle stalle e lì sarai attentamente seguito e preparato. Lì avrete modo di decidere da che parte vi conviene stare. Portateli via!» ordinò perentoriamente ai suoi tirapiedi, quindi con un movimento improvviso e aleggiante del suo fosco mantello se ne andò.

I due giovani furono strattonati malamente e costretti ad avviarsi. “Sii forte! Non perdere la speranza!” riuscì a comunicare Gylldor all’amico prima di essere divisi, e Mark, da parte sua, rispose con un pallido sorriso.

Il ragazzo fu scortato nelle segrete sottostanti il tetro palazzo reale, mentre Gylldor fu condotto verso le stalle, presso i recinti in cui venivano addestrati i nuovi arrivati, i più riottosi e recalcitranti a essere assoggettati.

Da quel momento, non si videro più. Entrambi vennero sottoposti a un trattamento coercitivo, atto a piegare la loro volontà. E mentre il ragazzo si angustiava nella sua piccola cella, dove tra l’altro aveva appena lo spazio sufficiente per muoversi, il giovane unicorno fu tenuto prigioniero in una piccola e fatiscente stalla oscura, in totale isolamento.


Mark venne tenuto a regime di pane raffermo e acqua, mentre Gylldor aveva un secchio d'acqua e della biada, appena sufficienti per non morire di fame e di sete. In quella triste situazione, ambedue disperarono di poter tornare liberi e di potersi salvare.