Fantasia

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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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domenica 11 luglio 2021

Ali candide nel cielo (6a)

 


Persino Mark, nella sua incoscienza, avvertì il cambiamento.

Chrisell gli apparve accanto, e resasi conto della cupa atmosfera che regnava nelle stalle, mosse le sue mani in aria per riportare un minimo di quiete: «Buoni. State buoni!» disse.

Il suono pacato della sua voce, unita alla magia che fuoriuscì dai suoi gesti servì a tranquillizzare gli animali, quindi Chrisell pose le sue mani davanti al volto stralunato del ragazzo, muovendole con ancor più delicatezza.

«Torna in te, Mark! Torna in te!»

Le palpebre del ragazzo sbatterono una, due volte. Le labbra si mossero e si schiusero e lo sguardo divenne vigile, attento.

Mark, finalmente conscio, si portò le mani alla testa come per rimettere ordine alla ridda di pensieri che si accavallavano e si confondevano.

«Cosa è successo?» domandò più a se stesso che alla figura ancora un po’ annebbiata che aveva davanti. «Chrisell» scandì appena ne riconobbe i lineamenti «Cosa mi è successo? Perché è tutto così confuso nella mia mente?»

«Va tutto bene, Mark! Non ti preoccupare! Va tutto bene!»

«Io ricordo solo le tue mani che si muovevano e poi più nulla.»

Chrisell si sentì arrossire per quello che aveva fatto, ma doveva delle spiegazioni al suo amico, anche a costo di farlo arrabbiare.

Si fece coraggio e con voce mite gli spiegò: «Per rendere la tua finzione più credibile ho dovuto sottoporti a un incantesimo, e come vedi ha funzionato.»

«Cosa hai fatto? Mi hai... mi hai ipnotizzato!»

Chrisell indietreggiò. Lo sguardo di Mark era stralunato, sembrava aver perso il lume della ragione, inoltre il ragazzo avanzava minaccioso. Per un attimo pensò che volesse aggredirla. «Non so cosa tu voglia intendere con quel termine… ipnotizzato. Ho solo fatto un incantesimo che ha agito sulla tua volontà. Sì, hai ragione a essere arrabbiato, ma ho dovuto farlo! Altrimenti non avresti mai potuto passare indenne la verifica a cui ti ha sottoposto il Malefico.»

Mark stava per ribattere che non era giusto, che solo l’idea di essere stato assoggettato lo faceva star male e che si sentiva umiliato. Ma Chrisell lo stava guardando con aria contrita e ciò lo ammansì, anche se la silfide continuò ad avvertirne la contrarietà.

«Avresti dovuto perlomeno avvertirmi delle tue intenzioni» disse infine Mark.

«Certo, avrei dovuto farlo, ma tu avresti accettato?» domandò lei a sua volta, quindi aggiunse: «Mi dispiace, ma essendomi assunta la responsabilità della vostra salute ho dovuto decidere in poco tempo come fosse meglio agire. Rifletti, ti prego. In fondo, abbiamo raggiunto il nostro scopo. Non sei più prigioniero in quell’orribile cella, e tra poco ti ricongiungerai al tuo amico.»

«Gylldor? Dov’è? Come sta?»

Chrisell scrollò la testa con compassione: «Gylldor ha un carattere fiero e ribelle, proprio come si addice a un principe, ma è anche troppo cocciuto e impulsivo e questo gli è costata l’animosità dei suoi carcerieri che, pur di domarlo, lo hanno costretto a un regime sin troppo severo. Finora sono riuscita a evitare che il suo fisico si debilitasse in modo eccessivo, ma è molto dimagrito e demoralizzato. Negli ultimi giorni ho temuto che… ma non ci voglio più pensare! Ora che ci sei tu sono sicura che le cose miglioreranno.»

Mark scattò come una molla: «Voglio vederlo! Conducimi da lui!»

«No. Tra poco saranno loro a trasferirlo qui, e allora potrai riabbracciarlo.»

Il ragazzo annuì, poi si ritirò in un cantuccio, un po’ in disparte rispetto alla silfide.

Si sentiva stanco e avvilito, non riusciva a intravedere spiragli nel proprio futuro e in quello dell’unicorno.

«Mark» lo richiamò l’eterea creatura silvestre. «Lo so che sei ancora arrabbiato per quello che ho fatto e per quanto hai dovuto subire durante la prigionia, ma i tempi bui sono finalmente passati. Tra poco tu e Gylldor tornerete insieme. Voi due siete una forza, Mark.  Metti da parte ogni cattivo pensiero e impiega ogni tua energia per elaborare una strategia di fuga.»

«Credi che sia facile?» domandò lui, ancora risentito. «Mi trovo prigioniero in una dimensione che non mi appartiene, circondato da creature aliene e maligne. Guardati intorno, Chrisell, non vedi quanta malvagità regna su questa terra?»

 La silfide si volse verso gli animali ospitati nei vari settori e scrollò la testa: «Queste, prima di subire la trasformazione, erano creature meravigliose, Mark. Erano unicorni, proprio come il nostro Gylldor, e sua madre ne era la regina. È stato il veleno a tramutarli in quello che sono» concluse Chrisell con amarezza.

«Ma cosa sono?»

«Credo dei pegasi… Pegasi Oscuri. Ma loro non hanno colpa, Mark. È stata la malvagità di Zephar a ridurli in questo stato.»



Sentendosi osservati, i pegasi stronfiarono, lanciando occhiate maligne verso i due estranei. “L’incantesimo di beatitudine che avevo lanciato per loro ha già esaurito il suo effetto” constatò amaramente la silfide. “Per tutte le stelle, la potenza della mia magia si affievolisce sempre più. Dobbiamo andare via al più presto da qui. L’atmosfera malvagia che colma questo regno finirà per travolgermi e rovinarmi per sempre.”

«Che ti succede, Chrisell?» domandò Mark, preoccupato per l’espressione tesa dell’amica. Lei si riscosse e tentò un debole sorriso: «Niente. È solo un po’ di stanchezza.»

«Non puoi fare niente per loro?» domandò ancora Mark, tornando a guardare in modo compassionevole i Pegasi Oscuri.

«La mia magia non può arrivare a tanto, e poi non so nemmeno se la trasformazione subita sia reversibile. No Mark, non ci provo nemmeno. Quel poco di potere di cui dispongo devo tenerlo in serbo per aiutare voi.»

I due tacquero per qualche istante; poi, un pensiero improvviso, e Mark domandò: «Come mai Gylldor subisce la trasformazione solo durante il plenilunio? La sua mutazione non è stabile. Perché?»

«Non te lo so dire con certezza. Forse dipende dal fatto che il suo è sangue reale, puro da generazioni, e per questo non del tutto infettabile, o forse il veleno inoculato dagli artigli non era abbastanza. Non lo so Mark, ma dobbiamo ringraziare le stelle per questo. In fin dei conti è una fortuna e torna a nostro vantaggio» disse Chrisell, sbirciando attraverso le aperture che portavano luce all’interno della costruzione.

«Stanno arrivando» la silfide ritornò verso l’amico e gli afferrò le mani: «Quel gigante sta conducendo qui Gylldor. Mi raccomando, cerca di assumere un’aria stolta e non parlare e non muoverti. Dobbiamo fargli credere che nulla è cambiato in te. Posso fidarmi?»

Lui la guardò stupito per quella domanda: «Perché non dovresti?»

Chrisell sospirò: «Non lasciarti impressionare dallo stato in cui versa il nostro Gylldor. O perlomeno, cerca di non darlo a vedere!» Mark non ebbe nemmeno il modo di rispondere. I Pegasi Oscuri avevano iniziato nuovamente a stronfiare con vigore.

Chrisell con un gesto scomparve alla vista, mentre nella stalla faceva il suo ingresso Taresh, che conduceva l’unicorno per la cavezza, quasi trascinandolo. Al passaggio di Gylldor, gli animali si protesero minacciosi, digrignando i denti ed emettendo suoni intimidatori.

«State indietro, stupide bestie!» sbraitò il gigante facendo sibilare con forza una frusta per aria. Lo schiocco che ne conseguì fece arretrare i pegasi, senza tuttavia intimidirli più di tanto.

Sempre attento alle loro mosse, Taresh raggiunse il box situato nel fondo trascinando l’unicorno, ma giunto davanti alla postazione si bloccò all’improvviso.

Con i sensi tesi allo spasimo, il gigante iniziò ad annusare l’aria. “Avverto di nuovo qualcosa di strano. Ma cosa?” si domandò, scrutando in ogni direzione. “È un sentore indefinibile come… di filamenti di magia.”

Chrisell, invisibile e poco distante, tremò “Possibile che riesca a percepire la mia presenza?” si domandò. Le sue mani si mossero impercettibilmente, ma la silfide si bloccò all’istante, perché lo sgherro era troppo vicino per tentare un ulteriore incantesimo. Quella creatura aveva dimostrato di essere molto ricettiva, e lei rischiava di farsi scoprire.

Non affatto convinto, il gigante avanzò nella stalla osservando con attenzione ogni minimo movimento del prigioniero.

Mark, benché felice di rivedere Gylldor, non si mosse, né diede a vedere la compassione che provò nel constatare le condizioni critiche nelle quali versava il puledro.

Taresh fissò le redini in un anello di ferro appeso alla parete, e come aggiuntiva precauzione impastoiò i garretti dell’unicorno. Nemmeno allora il prigioniero si mosse, e il gigante decise per un’ultima prova facendo schioccare la frusta e sferzando i posteriori del puledro.

I fianchi di Gylldor tremarono, ma fu il solo segno vitale che diede.

 Il cuore di Mark si strinse in una morsa dolorosa, ma lui s’impose di rimanere immobile, anche se quell’ignobile gesto lo avrebbe spinto a catapultarsi contro il gigante per strappargli la frusta dalle mani e usarla poi sulla sua schiena.

Se anche Taresh percepì l’intensa emozione e la lotta interiore sostenuta dal ragazzo non lo diede a vedere, quindi volse le spalle e uscì, trascinando il suo passo pesante.

Quando fu certa che lo sgherro si era realmente allontanato, la silfide riapparì. «Sei stato bravo, Mark» si complimentò, accorrendo in aiuto del giovane che già prestava soccorso al suo amico.

«Gylldor!» bisbigliò il ragazzo con tono accorato «Chrisell, guarda come l'hanno ridotto. È diventato pelle e ossa. Gylldor!» ripeté.

Ma il puledro non rispose; appariva come in stato letargico, estraneo a ciò che gli accadeva intorno. Il ragazzo provò una pena immensa, e proprio in quel momento Gylldor roteò gli occhi e le sue zampe si piegarono. Inutilmente Mark e Chrisell cercarono di sostenerlo.

«È allo stremo. Liberagli i garretti e lascia che si distenda sulla paglia» suggerì la silfide.

«Ma è pericoloso! Potrebbe non avere più la forza di rialzarsi e morirebbe. No, sta su amico mio. Ti prego.»

Le zampe del puledro tremavano in modo vistoso e s’intuiva che da lì a poco avrebbero ceduto sotto il peso del corpo.

«Mark, non insistere, lascia fare a me. Lo guariremo, vedrai.»

«Sta morendo, Chrisell» biascicò lui, ormai con le lacrime agli occhi.

«Non morirà! Te lo prometto» lo rassicurò la silfide, aiutando l’unicorno a distendersi.

Gylldor giacque su un fianco con gli occhi chiusi e il respiro profondo, rallentato, e la creatura silvestre gli si inginocchiò accanto, quindi iniziò uno strano rituale con le mani, che si mossero come danzando per aria, sussurrando dolcemente un’incomprensibile nenia. Intorno al corpo martoriato del puledro aleggiarono baluginanti filamenti di magia. Poi, un’abbagliante luce blu lo avvolse in un alone, e un calore benefico scese a scaldargli l’anima e il cuore.

Lo sforzo risultò troppo grande per la delicata creatura silvestre. Il suo viso divenne terreo per la fatica, le mani tremarono leggermente, ma nonostante l’evidente disagio, continuò la magica procedura finché Gylldor riaprì gli occhi. 

Lo sguardo del giovane unicorno ritornò vitale nel riconoscere gli amici. Mark sorrise mentre Chrisell continuava il suo bizzarro rituale, fino a che, in modo lento e graduale, i filamenti e l’alone si smorzarono e la silfide si lasciò andare ormai senza forze sulla paglia.

«Chrisell! Cos’hai? Stai male?»

«Non ti preoccupare, ho solo bisogno di riposo» rispose con un filo di voce.

In realtà Chrisell era consapevole di quanto delicato fosse quel momento per tutti e tre. Sia lei che Gylldor si trovavano in stato di estrema debolezza, e in caso di pericolo non sarebbero stati in grado di difendersi. E quale aiuto avrebbe potuto offrire un ragazzo provato lui stesso da una lunga prigionia?

Chrisell rabbrividì” Cerca di riprenderti in fretta invece di piagnucolare come un gattino indifeso” si disse, ricordando l’ampolla donatole da fata Silvestre e custodita tra le pieghe dell’ampia tunica.

“In questo momento è l’unica possibilità di difesa che abbiamo” pensò rabbrividendo, e prelevata l’ampolla da una tasca la porse al giovane amico.

«Prendi, Mark, e usala contro chiunque provi ad aggredirci.»

Il ragazzo rimase interdetto e osservò lo strano oggetto che lei gli aveva messo con così tanta delicatezza tra le mani.

«Cos’è questa?» domandò, portando l’ampolla di vetro trasparente davanti agli occhi e guardandoci attraverso. Il liquido ambrato che vi era contenuto emanò un bagliore dorato. «È un dono della Dama del bosco. Serve per immobilizzare eventuali malintenzionati.» «Perché lo hai dato a me? Si tratta di un talismano magico. Non so nemmeno come utilizzarlo.»

«Sei l’unico in grado di poterlo usare. Io e Gylldor siamo troppo deboli per affrontare dei nemici. E poi basterà che versi un po’ del contenuto intorno a te e il siero magico agirà. Ma ricorda, l’effetto dura solo una manciata di minuti, e in quel tempo dovrai trovare un riparo per tutti noi.»

Chrisell, ormai davvero allo stremo, si piegò su stessa e giacque inerte. Mark raccolse intorno a quel corpo fragile della paglia pulita, poi si stese lui stesso accanto ai suoi amici e si mise a riflettere sulle prossime mosse.

 

 

Alyser


Fu per la giovane età e per cure amorevoli che l’unicorno riuscì a superare in fretta il difficile momento. 

Mark lo accudiva come un figlio e gli dedicava tutti i momenti liberi che gli altri animali ospitati nelle stalle gli lasciavano. Il ragazzo andava e veniva con carriole colme di paglia fresca, secchi di biada e acqua che lasciava nei pressi dei Pegasi Oscuri, facendo ben attenzione a non avvicinarsi troppo.

Ben presto il puledro riprese le forze, e dopo pochi giorni già scalpitava nello spazio esiguo in cui lo avevano costretto.

«Quando ce ne andiamo, Mark? Non ne posso più di questa immobilità.»

«Hai sentito le raccomandazioni di Chrisell, Gylldor. Devi solo aver pazienza. Tu non sei ancora in ottima forma, e sarebbe un rischio troppo grande se tentassimo di fuggire. Aspettiamo ancora qualche giorno. Se scappassimo ora, quanto credi che potrebbe durare la nostra fuga? No, dobbiamo pazientare e nello stesso tempo studiare un piano particolareggiato. Se vogliamo tornare liberi, dobbiamo giocare d’astuzia. Una volta fuori di qui nessuno mai ci dovrà riprendere.»

«Forse hai ragione, ma io sogno spesso di librarmi libero nel cielo. L’unica volta che ho volato ero circondato da queste creature a dir poco terrificanti» disse lanciando occhiate preoccupate ai Pegasi Oscuri ospitati nei box più vicini, «Hai visto come mi guardano, Mark? Sembra che vogliano divorarmi vivo!»

«Non badarci, amico. Il loro atteggiamento è solo per intimidirci. Scommetto, invece, che provano soggezione nei tuoi confronti. Sanno benissimo che nelle tue vene scorre sangue reale.»

«Credi davvero che lo sappiano?»

«Ne sono sicuro! È solo questa la ragione della loro diffidenza. In te non vedono altro che un nemico, un nuovo e probabile aspirante al trono e alla tirannia. E questo non fa altro che aumentare il rancore e la malevolenza nei nostri confronti.»

«Ma tu non c’entri niente! Perché prendersela anche con te?»

«Mi considerano tuo complice» disse soprappensiero Mark strigliando il manto dell’unicorno. «Dovrei cercare di conquistare la loro fiducia» concluse con un sospiro.

«Cosa ti viene in mente? Non vorrai mica avvicinarli?»

«Perché no? In fondo la loro primaria essenza è quella di creature benevole. Proprio come la tua!» esclamò il ragazzo, infervorato dalla nuova idea.

«Sì, ma ora sono stati trasformati in esseri malvagi. Hanno dimenticato cosa sono stati e vivono soltanto per il male. Servono fedelmente quello che considerano il loro padrone, mentre valutano noialtri dei nemici. Non ti permetteranno mai di avvicinarti.»

Mark lanciò un’occhiata verso il box vicino. Il Pegaso Oscuro che lo occupava masticava a vuoto procurando un gran rumore e una fuoriuscita abbondante di bava, mentre roteava nervosamente gli occhi e scalpitava con gli zoccoli sul terreno.

Gylldor rabbrividì: «Toglitelo dalla testa, Mark. Se quello riesce ad azzannarti ti strappa la pelle, la carne e, se tu glielo permettessi, anche il cuore.»

«Non esagerare, amico mio! Scommetto che è solo paura la sua!»

Il ragazzo mosse qualche passo in direzione del box e nello stesso istante il pegaso indietreggiò.

«Vedi? Se fosse realmente malvagio come dici non indietreggerebbe, anzi, mi attaccherebbe. Non credi?» domandò, sempre avanzando con cautela.

Gylldor seguì preoccupato le mosse del ragazzo «Mark, non farlo, ti prego! Non potrei aiutarti in caso di bisogno.»

«Stai tranquillo! So cosa faccio!» disse il ragazzo.

Poi una serie di nitriti disperati e l’avvicinarsi pesante di passi lo fermarono.

Nelle stalle fece il suo ingresso Taresh, che trascinava per la cavezza un Pegaso Oscuro recalcitrante.

Mark s’immobilizzò all’istante assumendo la solita posa statica e fissando il vuoto.

Il gigante sembrava facesse una fatica enorme, mentre la creatura che trascinava puntava gli zoccoli con forza e ostinazione. Taresh fece sibilare la frusta a vuoto alcune volte prima di colpire i fianchi del pegaso.

«Muoviti, stupida creatura, se non vuoi che ti frusti a sangue!» minacciò, strattonando con vigore. Il pegaso emise un nitrito di dolore, poi sembrò rassegnarsi e si lasciò trascinare verso uno dei box rimasto liberi.

«Occupati di questa lurida bestia, ragazzo, e bada che non fugga!» ordinò il gigante, osservando con attenzione l’espressione neutra dello stalliere.

«Vedo che ti occupi tanto del tuo amico e tralasci di strigliare a dovere le altre cavalcature del re. Ti consiglio di curare in modo particolare questa piccola selvaggia, che è una delle ultime arrivate e che sembra caparbia e ribelle, proprio come il tuo unicorno» borbottò contrariato il gigante, quindi, quasi temesse di essere ascoltato, in un bisbiglio terminò: «Non capisco perché al sovrano piacciano tanto queste creature dal carattere indomito.» Poi si avviò verso l’uscita seguito dal solito coro di nitriti ostili.

Nella stalla scese una strana atmosfera di quiete e silenzio. Era percepibile solo l’affannoso respiro della nuova venuta e il suo nervosismo. Difatti gli occhi della giumenta erano spalancati e si spostavano velocemente da un punto all’altro nella stalla, alla ricerca di altri pericoli e di eventuali aggressori.  Il suo arrivo aveva destato il vivo interesse di tutti gli stalloni presenti e li aveva in un certo qual modo acquietati.

Mark approfittò di quegli attimi per tentare di avvicinare la creatura, legata e impastoiata dallo sgherro per impedirne la fuga.

 «Sta tranquilla!» esordì il ragazzo «Non ti voglio fare del male. Desidero solo aiutarti.»

La giumenta stronfiò nervosa e scartò di lato per quanto le fu possibile. I suoi fianchi tremarono vistosamente mentre osservava timorosa il giovane stalliere.

«Non ti faccio del male. Voglio soltanto strigliarti. Vedi?» domandò mostrandole la spazzola di crine che aveva tra le mani.

«Sta attento, Mark. Non fidarti!» raccomandò Gylldor scrutando con attenzione la giovane. «Guarda in che condizioni l’hanno ridotta! Ha il pelo impiastrato di fango e di sangue. Povera piccola! Deve aver lottato fino allo stremo per non essere catturata» concluse Mark avvicinandosi ancora di un passo. 

La giumenta soffiò, quindi, in un estremo tentativo di difesa, gli mostrò la temibile dentatura, ma lui ignorò la minaccia e, finalmente al suo fianco, l’accarezzò, delicato ma deciso. Inutilmente lei tentò di sottrarsi al tocco indesiderato; la fune alla quale era costretta era troppo corta e le impediva di raggiungere e di mordere quell’essere che la stava mortificando.

“Sta buona! Mark non ti farà del male! Vuole solo aiutarti.”

L’avvertimento dell’unicorno giunse dolce e pacato nella mente della giumenta, che tese subito le orecchie e s’immobilizzò, concentrando la sua attenzione su Gylldor e distogliendola dal ragazzo.

Mark ne approfittò per continuare a rabbonirla. “Non devi aver paura. Noi siamo prigionieri come te e condividiamo la tua oppressione e la tua collera” le suggerì l’unicorno. Lei scosse la testa. Il suo timore era percepibile, e Gylldor continuò la sua opera persuasiva permettendo così all’amico di occuparsi delle ferite visibili sul manto.

“Come ti chiami?”

La giumenta esitò, poi le venne naturale rispondere nello stesso modo: “Il mio nome è Alyser” comunicò, rilassandosi leggermente sotto le dita di Mark che percorrevano con dolcezza la sua groppa senza procurarle fastidio o dolore.

«Le tue ferite non sono profonde» le disse lo stalliere «Vedrai che guariranno presto.»

Alyser guardò con aria stranita quell’essere umano che le parlava con tono dolce e che forse non capiva, ma i suoni che emanava con la bocca a lei piacevano. Erano rassicuranti e le incutevano un senso di quiete. Compreso che non correva più alcun pericolo, la giumenta finì per rilassarsi del tutto e si sottopose con pazienza alle cure che il giovane le stava prestando. Mark avvertì il cambiamento e continuò con più solerzia.

«È inutile che le parli, Mark. Alyser non ti può capire. Lei ha un altro modo di comunicare.»

gli suggerì Gylldor.

«Alyser? Si chiama così? Che bel nome! E…forse è vero che non comprende ciò che dico, ma credo che intuisca che le mie intenzioni sono amichevoli. I suoi muscoli ora sono rilassati e il suo atteggiamento è più remissivo. O sbaglio?»

«Non ti sbagli, amico. Alyser è più tranquilla adesso, anche se credo che la rabbia che cova nel suo cuore sia paragonabile perlomeno alla nostra.»

Le mani di Mark trovarono i segni dei graffi inferti dalle creature maligne ai danni della giumenta “Anche lei è stata avvelenata e ha subito la trasformazione!” pensò con amarezza lavando il sangue rappreso e disinfettando, quindi sospirò:

«Non comprenderò mai il motivo di tanta malvagità!»

«La lotta tra il bene e il male è sempre esistita da che mondo è mondo, e purtroppo esisterà sempre qualche Malefico che cercherà di detenere lo scettro del potere. Anche a costo di opprimere e di oltraggiare gli altri esseri viventi» esclamò Chrisell, apparsa all’improvviso. La silfide sorrise alla giumenta, che la guardava con espressione sorpresa.

“Non temere, Alyser. Ora sei tra amici, faremo di tutto affinché non ti accada nulla di male.” “Tu… tu sei una creatura magica del regno silvestre!” le comunicò a sua volta “Che ci fai nelle terre del male?”

“Sono qui per aiutare tutti quanti voi a liberarvi dall’oppressione del tiranno. Ma se vuoi riacquistare la tua libertà, Alyser, occorre che tu ti fidi e che collabori con noi. Sei disposta a farlo?”

“Pur di tornare libera e nel mio mondo sarei disposta ad affrontare un esercito di creature maligne!” rispose con fervore.

“Forse non sarà necessario arrivare a tanto. Ma ora rilassati, cara. Per facilitare la comunicazione tra te e Mark devo compiere un piccolo incantesimo. “

Chrisell mosse le mani in un gesto arcano e la giumenta ebbe appena il tempo di percepire il globo di luce blu che le avvolse il corpo. La sua bocca si spalancò, e appena l’alone scomparve, emise alcuni suoni incomprensibili.

Chrisell annuì: «Ora sei in grado di parlare.»

«Cosa?» gli occhi della giumenta si spalancarono per la sorpresa, apparendo enormi.

«Stai parlando!» constatò Mark manifestando il suo entusiasmo.

«Alyser!» mormorò invece Gylldor, stupito e ammirato dalla visione di lei, che seppur pavesasse la lunga coda e la folta criniera ancora da riordinare, manteneva pur sempre un aspetto gradevole agli occhi del giovane unicorno.

“Alyser” ripeté ancora tra sé volgendo lo sguardo altrove e tentando di nascondere ai presenti l’improvviso disagio che gli aveva procurato la presenza di lei.

Sia Mark che la silfide percepirono il suo imbarazzo e si scambiarono un sorriso malizioso.

 


Progetti di fuga


La permanenza di Alyser nelle stalle occupate da Gylldor e curate da Mark fu sin troppo breve, con grande rammarico dell’unicorno.

Purtroppo, appena Taresh si accorse del cambiamento della giumenta, ripulita e rifocillata e di quanto in apparenza si fosse assuefatta alla prigionia, ne decise il trasferimento in un’altra postazione.

Gylldor avrebbe voluto intervenire, impedendo che la giumenta venisse allontanata, ma Mark lo trattenne con decisione.

Taresh, impegnato com’era a trascinare la giovane recalcitrante, ignorò lo scatto e i muscoli tesi dell’unicorno e ignorò anche i grugniti e gli sguardi ostili che giungevano dagli altri scomparti.

“Gylldor, aiutami! Non voglio andar via!”

“Sta tranquilla Alyser! Ti raggiungerò ovunque ti portino e ti libererò. Te lo prometto!” L’ultima cosa che Mark e Gylldor videro dell’amica furono gli occhi sbarrati dal timore e dalla disperazione.

Mark tentò di confortare l’unicorno, che appariva rammaricato: «La ritroveremo presto, vedrai. Non dobbiamo perdere la speranza.»

«Spero solo che Alyser non si lasci andare allo sconforto e non reagisca alle provocazioni.» replicò l’amico con aria afflitta.

«Alyser ha un carattere ribelle, ma sa benissimo a cosa andrebbe incontro se abusasse della pazienza dei suoi carcerieri. Vedrai che agirà con astuzia, proprio come faremo noi.»

«Hai già in mente qualcosa?»

«Qualsiasi cosa tu abbia ideato, deve essere elaborata alla perfezione.» intervenne Chrisell, apparendo all’improvviso tra i due amici. «Non possiamo rischiare di essere scoperti per aver tralasciato un minimo particolare.»

«Certo, te ne avrei parlato alla prima occasione» replicò il ragazzo, un po’ risentito per essere stato ripreso.

Chrisell percepì la sua irritazione e gli sorrise: «Non prendertela, Mark. Non avevo nessuna intenzione di offenderti, era solo un’esortazione a non trascurare nessuna possibilità.»

Mark annuì. Aveva avvertito la sincerità nel tono della silfide e si rilassò, ma Gylldor era ancora nervoso per ciò che era accaduto poco prima: «Dove la stanno portando? Perché non lasciarla qui?» domandò alla silfide.

«Probabilmente quel tizio esegue soltanto un ordine del re. Il sovrano avrà delle altre intenzioni nei suoi riguardi.»

«Che genere di intenzioni?» insistette l’unicorno.

«Per quanto ho intuito la vorrebbe alla guida della sua biga durante la sfilata organizzata per i festeggiamenti.»

«Festeggiamenti?» ripeterono in coro i due amici.

«Sì! Il Malefico ha organizzato una manifestazione per festeggiare la sua ascesa al trono, e nella parata militare che ha previsto vuole mettere in mostra il meglio delle sue cavalcature. Alyser ha bisogno di essere addestrata e domata per questo compito.»

«Non avrei potuto occuparmene io?» domandò Mark demoralizzato. «L’ho vista tanto spaventata.»

«Alyser se la caverà, vedrai! Io le starò vicina. Del resto, tu non avresti potuto addestrarla a una sfilata di tipo marziale, e il re è tanto puntiglioso e maniaco della perfezione che non tollererebbe sbavature durante la dimostrazione teatrale che intende dare al popolo.»

«E su di me che intenzioni ha?  Mi ha catturato per tenermi rinchiuso qui per sempre?» domandò Gylldor con amarezza.

Chrisell gli si avvicinò, accarezzandone il manto: «Mantieni la calma, principe degli unicorni. Il re, insieme ad Alyser, ti considera il pezzo più prezioso della sua collezione, da sfoggiare e di cui vantarsi davanti ai sudditi e ai suoi denigratori. Ma il tuo carattere ribelle e la tua ostinazione lo hanno convinto ad agire con cautela finora. Malefico non si fida di te, Gylldor, e se vuoi entrare a far parte e a guidare la quadriga del re devi dimostrare la tua rassegnazione e la tua totale obbedienza. Solo così potrai uscire da questa stalla e ricongiungerti ad Alyser.»

«E solo così potremo sperare nella fuga» concluse Mark. «Non mi è difficile credere che Malefico abbia tanti nemici, ma tu hai parlato di denigratori. Vuoi dire che il sovrano potrebbe essere vittima di una cospirazione?» domandò Gylldor.

 «Zephar è un tiranno, e come tutti i despoti deve stare attento a come si muove ogni singolo membro della sua corte.»

«Nell’eventualità di una insurrezione potremmo approfittarne» disse Mark speranzoso.

Chrisell scosse la testa. «Non credo che i tempi siano maturi per un evento così disastroso per il suo regno.» La voce della silfide divenne all’improvviso tentennante: «Ma… mi sono soffermata troppo e sento che la mia essenza ne patisce.  Devo andare, ma fossi in voi non conterei su una simile possibilità. La maggior parte delle creature di questo regno è di natura malefica, e chiunque è un potenziale nemico per noi» concluse con voce ormai rotta.

La sua immagine tremolò per qualche istante, e i due amici si aspettarono di vederla svanire, come sempre, ma la figura della silfide riapparve in tutta la sua consistenza.

«Che ti succede, Chrisell? Perché quell’aria spaventata? E perché non sei sparita?»

«Non lo so» rispose lei con un filo di voce. «Mi sento… mi sento poco bene. Non riesco a mettere in atto l’incantesimo di occultamento. Non ne ho le forze.»

«Chrisell!» Mark, preoccupato, accorse a sostenere la fanciulla che barcollava vistosamente. «Mark!» urlò a sua volta Gylldor.

Tutto intento a prestare soccorso, a Mark sfuggì il richiamo allarmato dell’amico.

«Mark!» ripeté l’unicorno. «Stanno arrivando! Dobbiamo nasconderla!»

Il ragazzo tese i sensi in ascolto e percepì all’istante un suono di pesanti calzari in avvicinamento che battevano sull’impiantito. “Nasconderla? E dove?” pensò Mark guardandosi intorno. Nel box non vi era possibilità di celarsi alla vista se non sotto un mucchio di paglia.

«Presto, portala qua» ordinò in modo concitato l’unicorno ammonticchiando con le zampe una buona dose di paglia secca.

«Sta male!» esclamò Mark, sostenendo a peso morto il corpo riverso della silfide sulle proprie braccia. «Non possiamo fare altro che nasconderla, per il momento. Sbrigati, dannazione! Se la scoprono è finita!»

I due amici riuscirono a ricoprire la silfide sotto un ammasso di paglia qualche attimo prima della comparsa di Taresh e del suo compare Norok.

Mark s’immobilizzò e assunse la solita aria da ebete, mentre l’unicorno si posizionava in modo da coprire alla visuale degli sgherri il punto in cui si celava il corpo della giovane. «Credevate davvero di potermi prendere per il naso?»

Il tono autoritario e l’atteggiamento minaccioso non facevano presagire nulla di buono, ma nonostante questo, Mark rimase impassibile, anche se il suo cuore aveva preso a battere all’impazzata.

«Togliti di mezzo, imbecille!» sbraitò il gigante assestando una spinta tale al ragazzo da farlo cadere come un pupazzo inanimato sull’impiantito.

Mark si morse le labbra per non urlare, ma la spalla che aveva urtato con violenza il pavimento gli doleva a tal punto da fargli lacrimare gli occhi. Si sforzò comunque di giacere nello stesso punto in cui era crollato, poi una serie di calci assestati nelle gambe e nella schiena lo indussero a gridare per il dolore.

«Li senti questi, stupido essere umano?»  Taresh sembrava aver perso il lume della ragione e infieriva sul corpo del giovane stalliere a furia di calci e pugni, e probabilmente lo avrebbe ammazzato se non fosse stato per l’intervento di Gylldor.

L’unicorno, nel vedere il suo amico in pericolo, si volse e, imprimendo la massima forza ai muscoli delle zampe, assestò un colpo poderoso nelle terga del gigante. Taresh emise un grugnito degno della sua altezza e della capacità della sua gola, mentre Norok reagì a sua volta catapultandosi contro l’unicorno e frapponendosi tra lui e il suo capo.

Il gran baccano provocato dalla rissa mise in allerta i Pegasi Oscuri ospitati nelle scuderie, e fu proprio in quel momento che il pandemonio scoppiò. 

Mark, accortosi del pericolo di essere calpestata che la silfide correva, strisciò fino al punto in cui giaceva il corpo e la scoprì, rivelandone la presenza ai due sgherri.

«Lo avevo immaginato!» urlò Taresh facendo schioccare sulla parete la frusta e tentando di allontanare i due pegasi più audaci che, avanzando nonostante lo spazio ristretto, minacciavano di investire e di calpestare tutti i presenti.

«Mark» mormorò Gylldor «Approfitta della confusione e fuggi fin che puoi!»

Il ragazzo guardò con aria stralunata l’amico: «Che stai dicendo? Sai che non lo farei mai! Non sono un vigliacco e non abbandonerei mai gli amici!»

«Ragiona, ti prego! Sei l’unico che ha qualche possibilità, una volta fuori di qui, di nascondersi tra la folla. Una volta al sicuro potresti elaborare un piano per liberare anche noi due. Ti prego, pensaci!»

Mark scrollò la testa come a voler scacciare l’idea, ma il dubbio che l’unicorno avesse ragione si era già insinuato nei suoi pensieri. Nonostante ciò, tutta la sua attenzione rimase concentrata sulla figura appena visibile della silfide.

«Mark, ti prego! Fallo anche per lei! Non sottrarci l’unica speranza che ci rimane! Vai, amico mio! Salvati, almeno tu!»

Il ragazzo si mosse a disagio. Sul suo volto era evidente la lotta interiore che sosteneva. Non ci fu più tempo di controbattere. Si ritrovò prigioniero tra i corpi possenti dei due pegasi e fu solo per un puro caso o per fortuna che non rimase schiacciato.

La poderosa spinta ricevuta lo costrinse verso l’uscita del box e lontano dalla presa dei due sgherri.

Se anche Taresh e Norok si accorsero del pericolo di fuga, nulla poterono per impedirla, e Mark si ritrovò a correre a perdifiato, scansando e scartando una miriade di zampe e zanne minacciose, fino a che si ritrovò all’aria aperta e poté tirare un sospiro di sollievo. Solo allora, sistemandosi la tunica, si ricordò dell’ampolla affidatagli dalla silfide e per un attimo fu tentato di tornare indietro, ma il pensiero di affrontare i pegasi glielo impedì.

«Dannazione!» imprecò, allontanandosi a malincuore dalla scuderia, inseguito da una serie di grugniti e nitriti minacciosi.

«Te lo giuro Gylldor, te lo giuro Chrisell: non vi abbandonerò nelle mani di quei demoni!» Con una corsa a perdifiato, Mark raggiunse il sottobosco, quindi si dileguò nel folto.

continua...

                         



Immagini Phoneky e Pinterest
Racconto pubblicato dalla MorganMiller edizioni

8 commenti:

  1. Doppio wow!!! Non finisci più di stupirmi! Ancora una volta : bravissima!!!!!!

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  2. Sempre più coinvolgente. Non vedo l'ora di leggere il seguito. Non farci aspettare troppo. Un abbraccio!

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  3. ˚ ༘ ✶ ⋆。˚ ⁀➷Ciao bella scrittrice, come stai!
    e un capitolo cosi delicato, tipico di una silfide,
    mi porta tanta pace, e amorevole perche contiene al bambino.
    Li fa sentire amati, sorride
    e sii orgoglioso della sua crescita.
    Mi piacciono molto quegli esseri elementali, siamo amici!
    sono molto saggi e ci aiutano a credere in
    i bei giorni a venire
    sempre sorridente, nella buona e nella cattiva sorte.
    Mando un grande abbraccio oltre oceano per questa bellissima storia : ・ ゚ ✧ *: ・ ゚ ✧ *: ・ ゚ ✧
    *: ・ ゚ .✧: ・ ゚ .✧ *: ・.
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  4. Aspettiamo quindi di vedere come prosegue la storia, Max si è dileguato nel folto del bosco, cosa accadrà ora? Saluti

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  5. Tu relato se potencia enfatizando la eterna lucha entre el bien y el mal... Me encanta cada vez más, Vivi.

    Abrazo hasta allá.

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  6. Genial! Una gran imaginación en tus letras. Felicidades.

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  7. Sempre più bello. Solo che sto un po’ indietro con la lettura… sono curiosa di sapere cosa succederà

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