Persino Mark, nella sua incoscienza, avvertì il
cambiamento.
Chrisell gli apparve accanto, e resasi conto
della cupa atmosfera che regnava nelle stalle, mosse le sue mani in aria per
riportare un minimo di quiete: «Buoni. State buoni!» disse.
Il suono pacato della sua voce, unita alla
magia che fuoriuscì dai suoi gesti servì a tranquillizzare gli animali, quindi
Chrisell pose le sue mani davanti al volto stralunato del ragazzo, muovendole
con ancor più delicatezza.
«Torna in te, Mark! Torna in te!»
Le palpebre del ragazzo sbatterono una, due
volte. Le labbra si mossero e si schiusero e lo sguardo divenne vigile,
attento.
Mark, finalmente conscio, si portò le mani alla
testa come per rimettere ordine alla ridda di pensieri che si accavallavano e
si confondevano.
«Cosa è successo?» domandò più a se stesso che
alla figura ancora un po’ annebbiata che aveva davanti. «Chrisell» scandì
appena ne riconobbe i lineamenti «Cosa mi è successo? Perché è tutto così
confuso nella mia mente?»
«Va tutto bene, Mark! Non ti preoccupare! Va
tutto bene!»
«Io ricordo solo le tue mani che si muovevano e
poi più nulla.»
Chrisell si sentì arrossire per quello che
aveva fatto, ma doveva delle spiegazioni al suo amico, anche a costo di farlo
arrabbiare.
Si fece coraggio e con voce mite gli spiegò:
«Per rendere la tua finzione più credibile ho dovuto sottoporti a un
incantesimo, e come vedi ha funzionato.»
«Cosa hai fatto? Mi hai... mi hai ipnotizzato!»
Chrisell indietreggiò. Lo sguardo di Mark era
stralunato, sembrava aver perso il lume della ragione, inoltre il ragazzo
avanzava minaccioso. Per un attimo pensò che volesse aggredirla. «Non so cosa
tu voglia intendere con quel termine… ipnotizzato. Ho solo fatto un incantesimo
che ha agito sulla tua volontà. Sì, hai ragione a essere arrabbiato, ma ho
dovuto farlo! Altrimenti non avresti mai potuto passare indenne la verifica a
cui ti ha sottoposto il Malefico.»
Mark stava per ribattere che non era giusto,
che solo l’idea di essere stato assoggettato lo faceva star male e che si
sentiva umiliato. Ma Chrisell lo stava guardando con aria contrita e ciò lo
ammansì, anche se la silfide continuò ad avvertirne la contrarietà.
«Avresti dovuto perlomeno avvertirmi delle tue
intenzioni» disse infine Mark.
«Certo, avrei dovuto farlo, ma tu avresti
accettato?» domandò lei a sua volta, quindi aggiunse: «Mi dispiace, ma
essendomi assunta la responsabilità della vostra salute ho dovuto decidere in
poco tempo come fosse meglio agire. Rifletti, ti prego. In fondo, abbiamo
raggiunto il nostro scopo. Non sei più prigioniero in quell’orribile cella, e
tra poco ti ricongiungerai al tuo amico.»
«Gylldor? Dov’è? Come sta?»
Chrisell scrollò la testa con compassione: «Gylldor
ha un carattere fiero e ribelle, proprio come si addice a un principe, ma è
anche troppo cocciuto e impulsivo e questo gli è costata l’animosità dei suoi
carcerieri che, pur di domarlo, lo hanno costretto a un regime sin troppo
severo. Finora sono riuscita a evitare che il suo fisico si debilitasse in modo
eccessivo, ma è molto dimagrito e demoralizzato. Negli ultimi giorni ho temuto
che… ma non ci voglio più pensare! Ora che ci sei tu sono sicura che le cose
miglioreranno.»
Mark scattò come una molla: «Voglio vederlo!
Conducimi da lui!»
«No. Tra poco saranno loro a trasferirlo qui, e
allora potrai riabbracciarlo.»
Il ragazzo annuì, poi si ritirò in un
cantuccio, un po’ in disparte rispetto alla silfide.
Si sentiva stanco e avvilito, non riusciva a
intravedere spiragli nel proprio futuro e in quello dell’unicorno.
«Mark» lo richiamò l’eterea creatura silvestre.
«Lo so che sei ancora arrabbiato per quello che ho fatto e per quanto hai
dovuto subire durante la prigionia, ma i tempi bui sono finalmente passati. Tra
poco tu e Gylldor tornerete insieme. Voi due siete una forza, Mark. Metti da parte ogni cattivo pensiero e
impiega ogni tua energia per elaborare una strategia di fuga.»
«Credi che sia facile?» domandò lui, ancora
risentito. «Mi trovo prigioniero in una dimensione che non mi appartiene,
circondato da creature aliene e maligne. Guardati intorno, Chrisell, non vedi
quanta malvagità regna su questa terra?»
La
silfide si volse verso gli animali ospitati nei vari settori e scrollò la
testa: «Queste, prima di subire la trasformazione, erano creature meravigliose,
Mark. Erano unicorni, proprio come il nostro Gylldor, e sua madre ne era la
regina. È stato il veleno a tramutarli in quello che sono» concluse Chrisell
con amarezza.
«Ma cosa sono?»
«Credo dei pegasi… Pegasi Oscuri. Ma loro non
hanno colpa, Mark. È stata la malvagità di Zephar a ridurli in questo stato.»
Sentendosi osservati, i pegasi stronfiarono,
lanciando occhiate maligne verso i due estranei. “L’incantesimo di beatitudine
che avevo lanciato per loro ha già esaurito il suo effetto” constatò amaramente
la silfide. “Per tutte le stelle, la potenza della mia magia si affievolisce
sempre più. Dobbiamo andare via al più presto da qui. L’atmosfera malvagia che
colma questo regno finirà per travolgermi e rovinarmi per sempre.”
«Che ti succede, Chrisell?» domandò Mark,
preoccupato per l’espressione tesa dell’amica. Lei si riscosse e tentò un
debole sorriso: «Niente. È solo un po’ di stanchezza.»
«Non puoi fare niente per loro?» domandò ancora
Mark, tornando a guardare in modo compassionevole i Pegasi Oscuri.
«La mia magia non può arrivare a tanto, e poi
non so nemmeno se la trasformazione subita sia reversibile. No Mark, non ci
provo nemmeno. Quel poco di potere di cui dispongo devo tenerlo in serbo per
aiutare voi.»
I due tacquero per qualche istante; poi, un
pensiero improvviso, e Mark domandò: «Come mai Gylldor subisce la
trasformazione solo durante il plenilunio? La sua mutazione non è stabile.
Perché?»
«Non te lo so dire con certezza. Forse dipende
dal fatto che il suo è sangue reale, puro da generazioni, e per questo non del
tutto infettabile, o forse il veleno inoculato dagli artigli non era
abbastanza. Non lo so Mark, ma dobbiamo ringraziare le stelle per questo. In
fin dei conti è una fortuna e torna a nostro vantaggio» disse Chrisell,
sbirciando attraverso le aperture che portavano luce all’interno della
costruzione.
«Stanno arrivando» la silfide ritornò verso
l’amico e gli afferrò le mani: «Quel gigante sta conducendo qui Gylldor. Mi
raccomando, cerca di assumere un’aria stolta e non parlare e non muoverti.
Dobbiamo fargli credere che nulla è cambiato in te. Posso fidarmi?»
Lui la guardò stupito per quella domanda:
«Perché non dovresti?»
Chrisell sospirò: «Non lasciarti impressionare
dallo stato in cui versa il nostro Gylldor. O perlomeno, cerca di non darlo a
vedere!» Mark non ebbe nemmeno il modo di rispondere. I Pegasi Oscuri avevano
iniziato nuovamente a stronfiare con vigore.
Chrisell con un gesto scomparve alla vista,
mentre nella stalla faceva il suo ingresso Taresh, che conduceva l’unicorno per
la cavezza, quasi trascinandolo. Al passaggio di Gylldor, gli animali si
protesero minacciosi, digrignando i denti ed emettendo suoni intimidatori.
«State indietro, stupide bestie!» sbraitò il
gigante facendo sibilare con forza una frusta per aria. Lo schiocco che ne conseguì
fece arretrare i pegasi, senza tuttavia intimidirli più di tanto.
Sempre attento alle loro mosse, Taresh
raggiunse il box situato nel fondo trascinando l’unicorno, ma giunto davanti
alla postazione si bloccò all’improvviso.
Con i sensi tesi allo spasimo, il gigante
iniziò ad annusare l’aria. “Avverto di nuovo qualcosa di strano. Ma cosa?” si
domandò, scrutando in ogni direzione. “È un sentore indefinibile come… di
filamenti di magia.”
Chrisell, invisibile e poco distante, tremò “Possibile
che riesca a percepire la mia presenza?” si domandò. Le sue mani si mossero
impercettibilmente, ma la silfide si bloccò all’istante, perché lo sgherro era
troppo vicino per tentare un ulteriore incantesimo. Quella creatura aveva
dimostrato di essere molto ricettiva, e lei rischiava di farsi scoprire.
Non affatto convinto, il gigante avanzò nella
stalla osservando con attenzione ogni minimo movimento del prigioniero.
Mark, benché felice di rivedere Gylldor, non si
mosse, né diede a vedere la compassione che provò nel constatare le condizioni
critiche nelle quali versava il puledro.
Taresh fissò le redini in un anello di ferro
appeso alla parete, e come aggiuntiva precauzione impastoiò i garretti
dell’unicorno. Nemmeno allora il prigioniero si mosse, e il gigante decise per
un’ultima prova facendo schioccare la frusta e sferzando i posteriori del
puledro.
I fianchi di Gylldor tremarono, ma fu il solo
segno vitale che diede.
Il cuore
di Mark si strinse in una morsa dolorosa, ma lui s’impose di rimanere immobile,
anche se quell’ignobile gesto lo avrebbe spinto a catapultarsi contro il
gigante per strappargli la frusta dalle mani e usarla poi sulla sua schiena.
Se anche Taresh percepì l’intensa emozione e la
lotta interiore sostenuta dal ragazzo non lo diede a vedere, quindi volse le
spalle e uscì, trascinando il suo passo pesante.
Quando fu certa che lo sgherro si era realmente
allontanato, la silfide riapparì. «Sei stato bravo, Mark» si complimentò,
accorrendo in aiuto del giovane che già prestava soccorso al suo amico.
«Gylldor!» bisbigliò il ragazzo con tono
accorato «Chrisell, guarda come l'hanno ridotto. È diventato pelle e ossa. Gylldor!»
ripeté.
Ma il puledro non rispose; appariva come in
stato letargico, estraneo a ciò che gli accadeva intorno. Il ragazzo provò una
pena immensa, e proprio in quel momento Gylldor roteò gli occhi e le sue zampe
si piegarono. Inutilmente Mark e Chrisell cercarono di sostenerlo.
«È allo stremo. Liberagli i garretti e lascia
che si distenda sulla paglia» suggerì la silfide.
«Ma è pericoloso! Potrebbe non avere più la
forza di rialzarsi e morirebbe. No, sta su amico mio. Ti prego.»
Le zampe del puledro tremavano in modo vistoso
e s’intuiva che da lì a poco avrebbero ceduto sotto il peso del corpo.
«Mark, non insistere, lascia fare a me. Lo
guariremo, vedrai.»
«Sta morendo, Chrisell» biascicò lui, ormai con
le lacrime agli occhi.
«Non morirà! Te lo prometto» lo rassicurò la
silfide, aiutando l’unicorno a distendersi.
Gylldor giacque su un fianco con gli occhi
chiusi e il respiro profondo, rallentato, e la creatura silvestre gli si
inginocchiò accanto, quindi iniziò uno strano rituale con le mani, che si
mossero come danzando per aria, sussurrando dolcemente un’incomprensibile
nenia. Intorno al corpo martoriato del puledro aleggiarono baluginanti
filamenti di magia. Poi, un’abbagliante luce blu lo avvolse in un alone, e un
calore benefico scese a scaldargli l’anima e il cuore.
Lo sforzo risultò troppo grande per la delicata
creatura silvestre. Il suo viso divenne terreo per la fatica, le mani tremarono
leggermente, ma nonostante l’evidente disagio, continuò la magica procedura
finché Gylldor riaprì gli occhi.
Lo sguardo del giovane unicorno ritornò vitale
nel riconoscere gli amici. Mark sorrise mentre Chrisell continuava il suo
bizzarro rituale, fino a che, in modo lento e graduale, i filamenti e l’alone
si smorzarono e la silfide si lasciò andare ormai senza forze sulla paglia.
«Chrisell! Cos’hai? Stai male?»
«Non ti preoccupare, ho solo bisogno di riposo»
rispose con un filo di voce.
In realtà Chrisell era consapevole di quanto
delicato fosse quel momento per tutti e tre. Sia lei che Gylldor si trovavano
in stato di estrema debolezza, e in caso di pericolo non sarebbero stati in
grado di difendersi. E quale aiuto avrebbe potuto offrire un ragazzo provato
lui stesso da una lunga prigionia?
Chrisell rabbrividì” Cerca di riprenderti in
fretta invece di piagnucolare come un gattino indifeso” si disse, ricordando
l’ampolla donatole da fata Silvestre e custodita tra le pieghe dell’ampia
tunica.
“In questo momento è l’unica possibilità di
difesa che abbiamo” pensò rabbrividendo, e prelevata l’ampolla da una tasca la
porse al giovane amico.
«Prendi, Mark, e usala contro chiunque provi ad
aggredirci.»
Il ragazzo rimase interdetto e osservò lo
strano oggetto che lei gli aveva messo con così tanta delicatezza tra le mani.
«Cos’è questa?» domandò, portando l’ampolla di
vetro trasparente davanti agli occhi e guardandoci attraverso. Il liquido ambrato
che vi era contenuto emanò un bagliore dorato. «È un dono della Dama del bosco.
Serve per immobilizzare eventuali malintenzionati.» «Perché lo hai dato a me?
Si tratta di un talismano magico. Non so nemmeno come utilizzarlo.»
«Sei l’unico in grado di poterlo usare. Io e Gylldor
siamo troppo deboli per affrontare dei nemici. E poi basterà che versi un po’
del contenuto intorno a te e il siero magico agirà. Ma ricorda, l’effetto dura
solo una manciata di minuti, e in quel tempo dovrai trovare un riparo per tutti
noi.»
Chrisell, ormai davvero allo stremo, si piegò su stessa e giacque inerte. Mark raccolse intorno a quel corpo fragile della paglia pulita, poi si stese lui stesso accanto ai suoi amici e si mise a riflettere sulle prossime mosse.
Alyser
Fu per la giovane età e per cure amorevoli che
l’unicorno riuscì a superare in fretta il difficile momento.
Mark lo accudiva come un figlio e gli dedicava
tutti i momenti liberi che gli altri animali ospitati nelle stalle gli
lasciavano. Il ragazzo andava e veniva con carriole colme di paglia fresca,
secchi di biada e acqua che lasciava nei pressi dei Pegasi Oscuri, facendo ben
attenzione a non avvicinarsi troppo.
Ben presto il puledro riprese le forze, e dopo
pochi giorni già scalpitava nello spazio esiguo in cui lo avevano costretto.
«Quando ce ne andiamo, Mark? Non ne posso più
di questa immobilità.»
«Hai sentito le raccomandazioni di Chrisell, Gylldor.
Devi solo aver pazienza. Tu non sei ancora in ottima forma, e sarebbe un
rischio troppo grande se tentassimo di fuggire. Aspettiamo ancora qualche
giorno. Se scappassimo ora, quanto credi che potrebbe durare la nostra fuga?
No, dobbiamo pazientare e nello stesso tempo studiare un piano
particolareggiato. Se vogliamo tornare liberi, dobbiamo giocare d’astuzia. Una
volta fuori di qui nessuno mai ci dovrà riprendere.»
«Forse hai ragione, ma io sogno spesso di
librarmi libero nel cielo. L’unica volta che ho volato ero circondato da queste
creature a dir poco terrificanti» disse lanciando occhiate preoccupate ai Pegasi
Oscuri ospitati nei box più vicini, «Hai visto come mi guardano, Mark? Sembra
che vogliano divorarmi vivo!»
«Non badarci, amico. Il loro atteggiamento è
solo per intimidirci. Scommetto, invece, che provano soggezione nei tuoi
confronti. Sanno benissimo che nelle tue vene scorre sangue reale.»
«Credi davvero che lo sappiano?»
«Ne sono sicuro! È solo questa la ragione della
loro diffidenza. In te non vedono altro che un nemico, un nuovo e probabile
aspirante al trono e alla tirannia. E questo non fa altro che aumentare il
rancore e la malevolenza nei nostri confronti.»
«Ma tu non c’entri niente! Perché prendersela
anche con te?»
«Mi considerano tuo complice» disse
soprappensiero Mark strigliando il manto dell’unicorno. «Dovrei cercare di
conquistare la loro fiducia» concluse con un sospiro.
«Cosa ti viene in mente? Non vorrai mica
avvicinarli?»
«Perché no? In fondo la loro primaria essenza è
quella di creature benevole. Proprio come la tua!» esclamò il ragazzo,
infervorato dalla nuova idea.
«Sì, ma ora sono stati trasformati in esseri
malvagi. Hanno dimenticato cosa sono stati e vivono soltanto per il male.
Servono fedelmente quello che considerano il loro padrone, mentre valutano
noialtri dei nemici. Non ti permetteranno mai di avvicinarti.»
Mark lanciò un’occhiata verso il box vicino. Il
Pegaso Oscuro che lo occupava masticava a vuoto procurando un gran rumore e una
fuoriuscita abbondante di bava, mentre roteava nervosamente gli occhi e
scalpitava con gli zoccoli sul terreno.
Gylldor rabbrividì: «Toglitelo dalla testa,
Mark. Se quello riesce ad azzannarti ti strappa la pelle, la carne e, se tu
glielo permettessi, anche il cuore.»
«Non esagerare, amico mio! Scommetto che è solo
paura la sua!»
Il ragazzo mosse qualche passo in direzione del
box e nello stesso istante il pegaso indietreggiò.
«Vedi? Se fosse realmente malvagio come dici
non indietreggerebbe, anzi, mi attaccherebbe. Non credi?» domandò, sempre
avanzando con cautela.
Gylldor seguì preoccupato le mosse del ragazzo
«Mark, non farlo, ti prego! Non potrei aiutarti in caso di bisogno.»
«Stai tranquillo! So cosa faccio!» disse il ragazzo.
Poi una serie di nitriti disperati e
l’avvicinarsi pesante di passi lo fermarono.
Nelle stalle fece il suo ingresso Taresh, che
trascinava per la cavezza un Pegaso Oscuro recalcitrante.
Mark s’immobilizzò all’istante assumendo la
solita posa statica e fissando il vuoto.
Il gigante sembrava facesse una fatica enorme,
mentre la creatura che trascinava puntava gli zoccoli con forza e ostinazione.
Taresh fece sibilare la frusta a vuoto alcune volte prima di colpire i fianchi
del pegaso.
«Muoviti, stupida creatura, se non vuoi che ti
frusti a sangue!» minacciò, strattonando con vigore. Il pegaso emise un nitrito
di dolore, poi sembrò rassegnarsi e si lasciò trascinare verso uno dei box
rimasto liberi.
«Occupati di questa lurida bestia, ragazzo, e
bada che non fugga!» ordinò il gigante, osservando con attenzione l’espressione
neutra dello stalliere.
«Vedo che ti occupi tanto del tuo amico e
tralasci di strigliare a dovere le altre cavalcature del re. Ti consiglio di
curare in modo particolare questa piccola selvaggia, che è una delle ultime
arrivate e che sembra caparbia e ribelle, proprio come il tuo unicorno»
borbottò contrariato il gigante, quindi, quasi temesse di essere ascoltato, in
un bisbiglio terminò: «Non capisco perché al sovrano piacciano tanto queste
creature dal carattere indomito.» Poi si avviò verso l’uscita seguito dal
solito coro di nitriti ostili.
Nella stalla scese una strana atmosfera di
quiete e silenzio. Era percepibile solo l’affannoso respiro della nuova venuta
e il suo nervosismo. Difatti gli occhi della giumenta erano spalancati e si
spostavano velocemente da un punto all’altro nella stalla, alla ricerca di
altri pericoli e di eventuali aggressori.
Il suo arrivo aveva destato il vivo interesse di tutti gli stalloni
presenti e li aveva in un certo qual modo acquietati.
Mark approfittò di quegli attimi per tentare di
avvicinare la creatura, legata e impastoiata dallo sgherro per impedirne la
fuga.
«Sta
tranquilla!» esordì il ragazzo «Non ti voglio fare del male. Desidero solo aiutarti.»
La giumenta stronfiò nervosa e scartò di lato
per quanto le fu possibile. I suoi fianchi tremarono vistosamente mentre
osservava timorosa il giovane stalliere.
«Non ti faccio del male. Voglio soltanto
strigliarti. Vedi?» domandò mostrandole la spazzola di crine che aveva tra le
mani.
«Sta attento, Mark. Non fidarti!» raccomandò Gylldor
scrutando con attenzione la giovane. «Guarda in che condizioni l’hanno ridotta!
Ha il pelo impiastrato di fango e di sangue. Povera piccola! Deve aver lottato
fino allo stremo per non essere catturata» concluse Mark avvicinandosi ancora
di un passo.
La giumenta soffiò, quindi, in un estremo
tentativo di difesa, gli mostrò la temibile dentatura, ma lui ignorò la
minaccia e, finalmente al suo fianco, l’accarezzò, delicato ma deciso.
Inutilmente lei tentò di sottrarsi al tocco indesiderato; la fune alla quale
era costretta era troppo corta e le impediva di raggiungere e di mordere
quell’essere che la stava mortificando.
“Sta buona! Mark non ti farà del male! Vuole
solo aiutarti.”
L’avvertimento dell’unicorno giunse dolce e
pacato nella mente della giumenta, che tese subito le orecchie e s’immobilizzò,
concentrando la sua attenzione su Gylldor e distogliendola dal ragazzo.
Mark ne approfittò per continuare a rabbonirla.
“Non devi aver paura. Noi siamo prigionieri come te e condividiamo la tua
oppressione e la tua collera” le suggerì l’unicorno. Lei scosse la testa. Il
suo timore era percepibile, e Gylldor continuò la sua opera persuasiva
permettendo così all’amico di occuparsi delle ferite visibili sul manto.
“Come ti chiami?”
La giumenta esitò, poi le venne naturale
rispondere nello stesso modo: “Il mio nome è Alyser” comunicò, rilassandosi
leggermente sotto le dita di Mark che percorrevano con dolcezza la sua groppa
senza procurarle fastidio o dolore.
«Le tue ferite non sono profonde» le disse lo
stalliere «Vedrai che guariranno presto.»
Alyser guardò con aria stranita quell’essere
umano che le parlava con tono dolce e che forse non capiva, ma i suoni che
emanava con la bocca a lei piacevano. Erano rassicuranti e le incutevano un
senso di quiete. Compreso che non correva più alcun pericolo, la giumenta finì
per rilassarsi del tutto e si sottopose con pazienza alle cure che il giovane
le stava prestando. Mark avvertì il cambiamento e continuò con più solerzia.
«È inutile che le parli, Mark. Alyser non ti
può capire. Lei ha un altro modo di comunicare.»
gli suggerì Gylldor.
«Alyser? Si chiama così? Che bel nome! E…forse
è vero che non comprende ciò che dico, ma credo che intuisca che le mie
intenzioni sono amichevoli. I suoi muscoli ora sono rilassati e il suo
atteggiamento è più remissivo. O sbaglio?»
«Non ti sbagli, amico. Alyser è più tranquilla
adesso, anche se credo che la rabbia che cova nel suo cuore sia paragonabile
perlomeno alla nostra.»
Le mani di Mark trovarono i segni dei graffi
inferti dalle creature maligne ai danni della giumenta “Anche lei è stata
avvelenata e ha subito la trasformazione!” pensò con amarezza lavando il sangue
rappreso e disinfettando, quindi sospirò:
«Non comprenderò mai il motivo di tanta
malvagità!»
«La lotta tra il bene e il male è sempre
esistita da che mondo è mondo, e purtroppo esisterà sempre qualche Malefico che
cercherà di detenere lo scettro del potere. Anche a costo di opprimere e di
oltraggiare gli altri esseri viventi» esclamò Chrisell, apparsa all’improvviso.
La silfide sorrise alla giumenta, che la guardava con espressione sorpresa.
“Non temere, Alyser. Ora sei tra amici, faremo
di tutto affinché non ti accada nulla di male.” “Tu… tu sei una creatura magica
del regno silvestre!” le comunicò a sua volta “Che ci fai nelle terre del
male?”
“Sono qui per aiutare tutti quanti voi a
liberarvi dall’oppressione del tiranno. Ma se vuoi riacquistare la tua libertà,
Alyser, occorre che tu ti fidi e che collabori con noi. Sei disposta a farlo?”
“Pur di tornare libera e nel mio mondo sarei
disposta ad affrontare un esercito di creature maligne!” rispose con fervore.
“Forse non sarà necessario arrivare a tanto. Ma
ora rilassati, cara. Per facilitare la comunicazione tra te e Mark devo
compiere un piccolo incantesimo. “
Chrisell mosse le mani in un gesto arcano e la
giumenta ebbe appena il tempo di percepire il globo di luce blu che le avvolse
il corpo. La sua bocca si spalancò, e appena l’alone scomparve, emise alcuni
suoni incomprensibili.
Chrisell annuì: «Ora sei in grado di parlare.»
«Cosa?» gli occhi della giumenta si
spalancarono per la sorpresa, apparendo enormi.
«Stai parlando!» constatò Mark manifestando il
suo entusiasmo.
«Alyser!» mormorò invece Gylldor, stupito e
ammirato dalla visione di lei, che seppur pavesasse la lunga coda e la folta
criniera ancora da riordinare, manteneva pur sempre un aspetto gradevole agli
occhi del giovane unicorno.
“Alyser” ripeté ancora tra sé volgendo lo
sguardo altrove e tentando di nascondere ai presenti l’improvviso disagio che
gli aveva procurato la presenza di lei.
Sia Mark che la silfide percepirono il suo
imbarazzo e si scambiarono un sorriso malizioso.
Progetti di fuga
La permanenza di Alyser nelle stalle occupate
da Gylldor e curate da Mark fu sin troppo breve, con grande rammarico
dell’unicorno.
Purtroppo, appena Taresh si accorse del
cambiamento della giumenta, ripulita e rifocillata e di quanto in apparenza si
fosse assuefatta alla prigionia, ne decise il trasferimento in un’altra
postazione.
Gylldor avrebbe voluto intervenire, impedendo
che la giumenta venisse allontanata, ma Mark lo trattenne con decisione.
Taresh, impegnato com’era a trascinare la
giovane recalcitrante, ignorò lo scatto e i muscoli tesi dell’unicorno e ignorò
anche i grugniti e gli sguardi ostili che giungevano dagli altri scomparti.
“Gylldor, aiutami! Non voglio andar via!”
“Sta tranquilla Alyser! Ti raggiungerò ovunque
ti portino e ti libererò. Te lo prometto!” L’ultima cosa che Mark e Gylldor videro
dell’amica furono gli occhi sbarrati dal timore e dalla disperazione.
Mark tentò di confortare l’unicorno, che
appariva rammaricato: «La ritroveremo presto, vedrai. Non dobbiamo perdere la
speranza.»
«Spero solo che Alyser non si lasci andare allo
sconforto e non reagisca alle provocazioni.» replicò l’amico con aria afflitta.
«Alyser ha un carattere ribelle, ma sa
benissimo a cosa andrebbe incontro se abusasse della pazienza dei suoi
carcerieri. Vedrai che agirà con astuzia, proprio come faremo noi.»
«Hai già in mente qualcosa?»
«Qualsiasi cosa tu abbia ideato, deve essere
elaborata alla perfezione.» intervenne Chrisell, apparendo all’improvviso tra i
due amici. «Non possiamo rischiare di essere scoperti per aver tralasciato un
minimo particolare.»
«Certo, te ne avrei parlato alla prima
occasione» replicò il ragazzo, un po’ risentito per essere stato ripreso.
Chrisell percepì la sua irritazione e gli
sorrise: «Non prendertela, Mark. Non avevo nessuna intenzione di offenderti,
era solo un’esortazione a non trascurare nessuna possibilità.»
Mark annuì. Aveva avvertito la sincerità nel
tono della silfide e si rilassò, ma Gylldor era ancora nervoso per ciò che era
accaduto poco prima: «Dove la stanno portando? Perché non lasciarla qui?»
domandò alla silfide.
«Probabilmente quel tizio esegue soltanto un
ordine del re. Il sovrano avrà delle altre intenzioni nei suoi riguardi.»
«Che genere di intenzioni?» insistette
l’unicorno.
«Per quanto ho intuito la vorrebbe alla guida
della sua biga durante la sfilata organizzata per i festeggiamenti.»
«Festeggiamenti?» ripeterono in coro i due
amici.
«Sì! Il Malefico ha organizzato una
manifestazione per festeggiare la sua ascesa al trono, e nella parata militare
che ha previsto vuole mettere in mostra il meglio delle sue cavalcature. Alyser
ha bisogno di essere addestrata e domata per questo compito.»
«Non avrei potuto occuparmene io?» domandò Mark
demoralizzato. «L’ho vista tanto spaventata.»
«Alyser se la caverà, vedrai! Io le starò
vicina. Del resto, tu non avresti potuto addestrarla a una sfilata di tipo
marziale, e il re è tanto puntiglioso e maniaco della perfezione che non
tollererebbe sbavature durante la dimostrazione teatrale che intende dare al
popolo.»
«E su di me che intenzioni ha? Mi ha catturato per tenermi rinchiuso qui per
sempre?» domandò Gylldor con amarezza.
Chrisell gli si avvicinò, accarezzandone il
manto: «Mantieni la calma, principe degli unicorni. Il re, insieme ad Alyser,
ti considera il pezzo più prezioso della sua collezione, da sfoggiare e di cui
vantarsi davanti ai sudditi e ai suoi denigratori. Ma il tuo carattere ribelle
e la tua ostinazione lo hanno convinto ad agire con cautela finora. Malefico
non si fida di te, Gylldor, e se vuoi entrare a far parte e a guidare la
quadriga del re devi dimostrare la tua rassegnazione e la tua totale
obbedienza. Solo così potrai uscire da questa stalla e ricongiungerti ad
Alyser.»
«E solo così potremo sperare nella fuga»
concluse Mark. «Non mi è difficile credere che Malefico abbia tanti nemici, ma
tu hai parlato di denigratori. Vuoi dire che il sovrano potrebbe essere vittima
di una cospirazione?» domandò Gylldor.
«Zephar
è un tiranno, e come tutti i despoti deve stare attento a come si muove ogni
singolo membro della sua corte.»
«Nell’eventualità di una insurrezione potremmo
approfittarne» disse Mark speranzoso.
Chrisell scosse la testa. «Non credo che i
tempi siano maturi per un evento così disastroso per il suo regno.» La voce
della silfide divenne all’improvviso tentennante: «Ma… mi sono soffermata
troppo e sento che la mia essenza ne patisce.
Devo andare, ma fossi in voi non conterei su una simile possibilità. La
maggior parte delle creature di questo regno è di natura malefica, e chiunque è
un potenziale nemico per noi» concluse con voce ormai rotta.
La sua immagine tremolò per qualche istante, e
i due amici si aspettarono di vederla svanire, come sempre, ma la figura della
silfide riapparve in tutta la sua consistenza.
«Che ti succede, Chrisell? Perché quell’aria
spaventata? E perché non sei sparita?»
«Non lo so» rispose lei con un filo di voce.
«Mi sento… mi sento poco bene. Non riesco a mettere in atto l’incantesimo di
occultamento. Non ne ho le forze.»
«Chrisell!» Mark, preoccupato, accorse a
sostenere la fanciulla che barcollava vistosamente. «Mark!» urlò a sua volta Gylldor.
Tutto intento a prestare soccorso, a Mark
sfuggì il richiamo allarmato dell’amico.
«Mark!» ripeté l’unicorno. «Stanno arrivando!
Dobbiamo nasconderla!»
Il ragazzo tese i sensi in ascolto e percepì
all’istante un suono di pesanti calzari in avvicinamento che battevano
sull’impiantito. “Nasconderla? E dove?” pensò Mark guardandosi intorno. Nel box
non vi era possibilità di celarsi alla vista se non sotto un mucchio di paglia.
«Presto, portala qua» ordinò in modo concitato
l’unicorno ammonticchiando con le zampe una buona dose di paglia secca.
«Sta male!» esclamò Mark, sostenendo a peso
morto il corpo riverso della silfide sulle proprie braccia. «Non possiamo fare
altro che nasconderla, per il momento. Sbrigati, dannazione! Se la scoprono è
finita!»
I due amici riuscirono a ricoprire la silfide
sotto un ammasso di paglia qualche attimo prima della comparsa di Taresh e del
suo compare Norok.
Mark s’immobilizzò e assunse la solita aria da
ebete, mentre l’unicorno si posizionava in modo da coprire alla visuale degli
sgherri il punto in cui si celava il corpo della giovane. «Credevate davvero di
potermi prendere per il naso?»
Il tono autoritario e l’atteggiamento
minaccioso non facevano presagire nulla di buono, ma nonostante questo, Mark
rimase impassibile, anche se il suo cuore aveva preso a battere all’impazzata.
«Togliti di mezzo, imbecille!» sbraitò il
gigante assestando una spinta tale al ragazzo da farlo cadere come un pupazzo
inanimato sull’impiantito.
Mark si morse le labbra per non urlare, ma la
spalla che aveva urtato con violenza il pavimento gli doleva a tal punto da
fargli lacrimare gli occhi. Si sforzò comunque di giacere nello stesso punto in
cui era crollato, poi una serie di calci assestati nelle gambe e nella schiena
lo indussero a gridare per il dolore.
«Li senti questi, stupido essere umano?» Taresh sembrava aver perso il lume della
ragione e infieriva sul corpo del giovane stalliere a furia di calci e pugni, e
probabilmente lo avrebbe ammazzato se non fosse stato per l’intervento di Gylldor.
L’unicorno, nel vedere il suo amico in
pericolo, si volse e, imprimendo la massima forza ai muscoli delle zampe,
assestò un colpo poderoso nelle terga del gigante. Taresh emise un grugnito
degno della sua altezza e della capacità della sua gola, mentre Norok reagì a
sua volta catapultandosi contro l’unicorno e frapponendosi tra lui e il suo
capo.
Il gran baccano provocato dalla rissa mise in
allerta i Pegasi Oscuri ospitati nelle scuderie, e fu proprio in quel momento
che il pandemonio scoppiò.
Mark, accortosi del pericolo di essere
calpestata che la silfide correva, strisciò fino al punto in cui giaceva il
corpo e la scoprì, rivelandone la presenza ai due sgherri.
«Lo avevo immaginato!» urlò Taresh facendo
schioccare sulla parete la frusta e tentando di allontanare i due pegasi più
audaci che, avanzando nonostante lo spazio ristretto, minacciavano di investire
e di calpestare tutti i presenti.
«Mark» mormorò Gylldor «Approfitta della
confusione e fuggi fin che puoi!»
Il ragazzo guardò con aria stralunata l’amico:
«Che stai dicendo? Sai che non lo farei mai! Non sono un vigliacco e non
abbandonerei mai gli amici!»
«Ragiona, ti prego! Sei l’unico che ha qualche
possibilità, una volta fuori di qui, di nascondersi tra la folla. Una volta al
sicuro potresti elaborare un piano per liberare anche noi due. Ti prego,
pensaci!»
Mark scrollò la testa come a voler scacciare
l’idea, ma il dubbio che l’unicorno avesse ragione si era già insinuato nei
suoi pensieri. Nonostante ciò, tutta la sua attenzione rimase concentrata sulla
figura appena visibile della silfide.
«Mark, ti prego! Fallo anche per lei! Non
sottrarci l’unica speranza che ci rimane! Vai, amico mio! Salvati, almeno tu!»
Il ragazzo si mosse a disagio. Sul suo volto
era evidente la lotta interiore che sosteneva. Non ci fu più tempo di
controbattere. Si ritrovò prigioniero tra i corpi possenti dei due pegasi e fu
solo per un puro caso o per fortuna che non rimase schiacciato.
La poderosa spinta ricevuta lo costrinse verso
l’uscita del box e lontano dalla presa dei due sgherri.
Se anche Taresh e Norok si accorsero del
pericolo di fuga, nulla poterono per impedirla, e Mark si ritrovò a correre a
perdifiato, scansando e scartando una miriade di zampe e zanne minacciose, fino
a che si ritrovò all’aria aperta e poté tirare un sospiro di sollievo. Solo
allora, sistemandosi la tunica, si ricordò dell’ampolla affidatagli dalla
silfide e per un attimo fu tentato di tornare indietro, ma il pensiero di
affrontare i pegasi glielo impedì.
«Dannazione!» imprecò, allontanandosi a
malincuore dalla scuderia, inseguito da una serie di grugniti e nitriti
minacciosi.
«Te lo giuro Gylldor, te lo giuro Chrisell: non
vi abbandonerò nelle mani di quei demoni!» Con una corsa a perdifiato, Mark
raggiunse il sottobosco, quindi si dileguò nel folto.
continua...
Doppio wow!!! Non finisci più di stupirmi! Ancora una volta : bravissima!!!!!!
RispondiEliminaSempre più coinvolgente. Non vedo l'ora di leggere il seguito. Non farci aspettare troppo. Un abbraccio!
RispondiEliminaGenial fragmento te mando un beso
RispondiElimina˚ ༘ ✶ ⋆。˚ ⁀➷Ciao bella scrittrice, come stai!
RispondiEliminae un capitolo cosi delicato, tipico di una silfide,
mi porta tanta pace, e amorevole perche contiene al bambino.
Li fa sentire amati, sorride
e sii orgoglioso della sua crescita.
Mi piacciono molto quegli esseri elementali, siamo amici!
sono molto saggi e ci aiutano a credere in
i bei giorni a venire
sempre sorridente, nella buona e nella cattiva sorte.
Mando un grande abbraccio oltre oceano per questa bellissima storia : ・ ゚ ✧ *: ・ ゚ ✧ *: ・ ゚ ✧
*: ・ ゚ .✧: ・ ゚ .✧ *: ・.
┊ ┊ ┊ ┊
┊ ┊ ┊ ❀
┊ ┊ ✧
┊ ❀
✧
Aspettiamo quindi di vedere come prosegue la storia, Max si è dileguato nel folto del bosco, cosa accadrà ora? Saluti
RispondiEliminaTu relato se potencia enfatizando la eterna lucha entre el bien y el mal... Me encanta cada vez más, Vivi.
RispondiEliminaAbrazo hasta allá.
Genial! Una gran imaginación en tus letras. Felicidades.
RispondiEliminaSempre più bello. Solo che sto un po’ indietro con la lettura… sono curiosa di sapere cosa succederà
RispondiElimina