Fantasia

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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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martedì 13 luglio 2021

Ali candide nel cielo ( 7a parte)

 




Prigioniera

 

Inutilmente Gylldor impiegò tutte le sue energie in difesa della silfide. I due giganti erano troppo forti perché l’unicorno, dal fisico ancora debilitato, potesse sperare di prevalere. Eppure, nonostante quella residua debolezza, Taresh dovette faticare non poco per raggiungere il corpo riverso della creatura silvestre.

«Lo sapevo, era un po’ che ti percepivo nell’aria. Avvertivo un singolare alone di magia intorno all’unicorno, subodoravo la tua presenza. Ma non potevo sperare di catturare una preda così interessante.»

Taresh prese tra le dita una ciocca serica dei lunghi capelli di Chrisell e si mise ad annusarla con aria deliziata: «Una creatura così rara, così diafana e delicata. Immagino la felicità del mio sovrano quando ti vedrà!»

«Non toccarla!» urlò Gylldor strattonando le corde che lo tenevano di nuovo impastoiato e rischiando di cadere «Non sei degno nemmeno di sfiorarla!»

«Oh, non temere! Non le farò del male. Comunque, hai ragione. Una silfide non è affatto una creatura adatta a un gigante come me, ma il Signore del male troverà sicuramente un ruolo che le si confaccia. In quanto a te» terminò con aria bellicosa e sollevando senza il minimo sforzo il corpo minuto tra le sue braccia «ti consiglio di startene buono se non vuoi che finisca male. E non sperare nell’aiuto del tuo amico, d'ora in poi sarai guardato a vista!»

«Norok» ordinò infine «Sei responsabile di questo unicorno. Tieni il tuo sguardo ottuso puntato su di lui e non abbandonarlo mai, qualsiasi cosa succeda!» terminò, volgendo le spalle e portando via la silfide ancora svenuta.

Chrisell riprese i sensi, attanagliata da un senso di nausea e di disagio infinito. Tutto si muoveva e dondolava intorno a lei, e la prima cosa che distinse furono gli occhi fosforescenti delle arpie fissi sulla sua figura. “Dove sono?” si domandò per un attimo, ancora intontita. “Sono prigioniera!” constatò amaramente tendendo le braccia alle sbarre che la circondavano per aiutarsi a sollevarsi.  Ma la manovra non le riuscì, un po’ perché l’altezza della gabbia in cui era stata rinchiusa non le permetteva di stare ritta, ma soprattutto perché le sue mani non solo erano state fasciate in bende molto spesse, ma erano anche legate in un modo tale che non riusciva ad avvicinarle. Chiunque fosse il suo aguzzino si era dimostrato previdente, impedendole di poter usare la sua magia, che si attivava solo grazie ai gesti arcani che solo lei era in grado di fare.


Chrisell sospirò, e considerato che il pavimento era piuttosto instabile, perché la gabbia era sospesa nel vuoto e dondolava, si accosciò di nuovo in un angolino e lì rimase, con le braccia appese come in croce.

Avrebbe pianto. Era nei guai e non vedeva via d’uscita. Scrutò intorno a sé e si accorse di trovarsi in un vasto ambiente. Dalla posizione in cui si trovava riusciva a distinguere le colonne marmoree e le volte a ogiva che adornavano il soffitto, mentre del pavimento coglieva soltanto qualche bagliore emanato dal suo essere tirato a lucido.  Però riusciva a distinguere molto bene il brusio emanato dalla gente che affollava la sala. “Per tutte le stelle! Sono nella sala del trono! Dunque, prigioniera di Malefico!” realizzò intimorita. La fama truculenta di quell’ambiente aveva superato i confini del regno ed era giunta fino agli abitanti del bosco.

«Chi sei, mia candida colombella?» Chrisell si volse al suono della voce profonda che la stava apostrofando con tono mellifluo.

«Da dove vieni, fanciulla? No! Non me lo dire! Scommetti che indovino?»

Chrisell si ritrovò a specchiarsi negli occhi di ossidiana del sovrano del male e rabbrividì, suo malgrado.

«Sei una creatura silvestre e arrivi dal regno limitrofo, di cui non ho ancora avuto il tempo di occuparmi e che è dominato dalla Dama del bosco. Bene! Bene! Il nostro primo incontro è stato breve ma intenso, e riconosco che tra me e lei ci sono state delle piccole incomprensioni.» Il pensiero del Signore del male tornò allo scontro avvenuto tempo addietro, quando lui stesso tentò di conquistare il regno silvestre e gli venne impedito dai poteri magici e dall’energia arcana della dama.

Il re sorrise ammirato al ricordo di lei. In quella occasione era rimasto impressionato dalla sua bellezza e dal suo carisma. Quella volta Malefico aveva subito una bruciante sconfitta e si era dovuto ritirare, tuttavia non aveva mai rinunciato a conquistare sia il cuore della dama che le terre che lei dominava.

“Un giorno sarai mia!” le aveva promesso in un dialogo silenzioso.

“Piuttosto, morta!” aveva risposto lei.

Malefico tornò al presente: «Ho sempre sperato di poter rivedere la tua signora, e ora, per merito tuo, forse questo mi sarà possibile.»

«Quelle terre ti sono state interdette!» si lasciò sfuggire incautamente la silfide «La mia signora ti ha sempre impedito di mettervi piede!»

I cortigiani rumoreggiarono aspettando la reazione del sovrano. Malefico scese dal trono con calma ostentata e le si avvicinò. Chrisell si morse la lingua.  Dall’espressione gelida del re intuì di avere osato troppo e di essere stata troppo avventata. Poi, quando lui le fu vicino, rimase impressionata dall’altezza e dalla sua prestanza e, in confronto, non poté che sentirsi un fuscello.

Lui allungò un dito attraverso le sbarre e tentò di sfiorare la pelle della prigioniera. Ma Chrisell si ritrasse per quanto le fu possibile, e il sovrano sorrise in modo paterno.

«Sei piccola e tenera, oltre che coraggiosa. Proprio un bocconcino prelibato per le mie amiche con le ali.» Il suo tono era volutamente suadente, ma lo sguardo si posò in modo significativo sulle arpie rinchiuse a poca distanza.

Quasi avessero inteso le parole, gli arcani rapaci emisero i loro versi sgradevoli, lanciando occhiate bramose sulla prigioniera. Il cuore di Chrisell prese a battere all’impazzata.

Il re, seppure continuasse a sorriderle nel suo modo subdolo, le aveva appena prospettato una morte orribile.

«Ma tu sei fortunata, colombella! Quest’oggi mi sento particolarmente magnanimo e ti perdono la tua impudenza» affermò, riuscendo a sfiorarle con un artiglio la pelle serica di un braccio e procurandole così la pelle d’oca.

«Sarà forse perché la tua essenza delicata m’ispira tanta tenerezza.  Per questo voglio offrirti un’ottima opportunità che, se sarai furba, prenderai al volo, piccola cara.»

 Il re fece una pausa, pur continuando a squadrare la prigioniera.

«Ho sempre sognato di avere accanto una consorte dal carattere forte e deciso come quello della tua signora. La Dama del bosco è una donna incantevole e possiede dei poteri magici che, sommati a quelli miei, ci renderebbero padroni del mondo. E non parlo solo della dimensione arcana nella quale viviamo, ma addirittura potremmo pensare di conquistare quella terrena. Mia cara fanciulla» sospirò in modo plateale «non trovi sia un progetto straordinario?» concluse, ritornando sul trono.

«In poche parole, se mi aiuterai avrai salva la vita e potrai continuare a servire la tua signora; in caso contrario, sai la fine che ti aspetta. Pensaci, fanciulla!» le suggerì, quindi si dileguò in un gran rotear di mantello.

Chrisell rimase come di sasso. Quel demonio le chiedeva di ingannare la persona che considerava maestra di vita e modello esemplare. Non una semplice regina a cui dovere ubbidienza, ma piuttosto una dea. E ora, per aver salva la vita, lei era costretta a deludere e a tradire la fiducia del suo idolo. La silfide sentì le lacrime pungerle gli occhi e strinse le palpebre per trattenere un pianto a dirotto.

Le arpie avvertirono la sua disperazione e sghignazzarono, immaginandone forse l’imminente, atroce fine.




Il fuggitivo

 

Da quanto tempo stava correndo?  Mark non avrebbe saputo rispondere. Forse solo pochi minuti, o forse erano ore che cercava di sfuggire alla cattura.

Appena messo piede fuori dalle stalle si era accorto di decine di occhi malevoli che seguivano ogni sua mossa, e allora si era dato a una fuga ancor più precipitosa. Alle sue spalle, una decina d’inseguitori, per fortuna senza cavalcature, altrimenti la sua corsa disperata sarebbe durata una manciata di secondi appena. Con il cuore che batteva all’impazzata, Mark si buttò tra i campi coltivati di erbe e cereali.

A volte le coltivazioni erano talmente alte da riuscire a nasconderlo alla vista, a volte gli toccava piegarsi in due per riuscire a rendersi invisibile.

Ben presto la fatica e l’affanno divennero insostenibili. Avvertiva di essere ormai a corto di ossigeno e di energie, e per questo occorreva che trovasse urgentemente un nascondiglio. Per sua fortuna, il folto del bosco non era poi così lontano, e cercò di incoraggiarsi da solo: “Forza! Fallo per te e per i tuoi amici. Fallo per Chrisell, che di certo sarà stata scoperta e imprigionata. Sei la loro sola, unica speranza di salvezza.  Corri ragazzo, corri!” si disse attingendo alle ultime stille di energia, e poi, all’improvviso, si trovò immerso nella boscaglia.

Alle sue spalle scese un gelido silenzio, e Mark si volse per accertarsi del motivo.

Perché a un tratto gli sgherri avevano rinunciato a seguirlo? Cosa si celava di così terrificante in quel bosco da indurre quelle creature maligne a lasciarlo andare?

Mark ignorava il fatto di essere ormai entrato nel regno della Dama Silvestre. Terre considerate aliene e ostili dai miliziani di Malefico, che solo per questa ragione si erano bloccati al limitare della radura.

Il ragazzo rallentò la sua corsa e cercò di riprendere fiato avanzando con passo più prudente. Quel bosco, quegli alberi apparivano strani, e l’aria stessa che si respirava sembrava rarefatta. Una lieve nebbiolina avvolgeva i dintorni, mentre un silenzio alquanto anomalo aleggiava tra i rami. Nessun cinguettio, nessun fruscio. Dov'erano finiti gli uccellini e ogni altro abitante silvestre?  Persino la vegetazione sembrava immobile, in sospeso, come in attesa di qualche evento improvviso, e il cuore di Mark riprese a battere come impazzito.

La forte emozione gli serrò la gola. Da chi o da cosa avrebbe dovuto difendersi da lì a poco? Si mosse ancor più circospetto mentre le brume venivano spazzate via da una folata improvvisa.

Mark si bloccò all’apparire di una figura evanescente che prendeva consistenza in modo graduale. Il sudore che impregnava la tunica che indossava si fece gelido e si appiccicò in modo fastidioso sulla pelle della schiena.

«Non temere! Qui sei al sicuro» gli suggerì una voce celestiale.

«Chi sei?» balbettò il giovane arretrando d’istinto.

«Sono la signora di queste terre. Mi puoi chiamare fata Silvestre, se vuoi» gli rispose lei.

«La Dama del bosco!» l’esclamazione di sollievo fu quasi un grido, e la dama sorrise, mentre intorno il bosco riprendeva vitalità.

Mark guardò con ammirazione quella splendida figura femminile avvolta in una veste ampia, lunga sino ai piedi nudi, impalpabile.  In quel momento una lieve brezza smuoveva il tessuto intorno alla silhouette longilinea della creatura, così come smuoveva i serici capelli, inanellati in riccioli di un colore dorato.

La dama era bellissima. Di una bellezza diversa rispetto a quella delicata e fanciullesca di Chrisell, più adulta ma altrettanto affascinante. E poi aveva una voce dolcissima, dal tono suadente.

«Chrisell mi ha parlato di te. Mia signora, sono felice di averti incontrata.» L’entusiasmo di Mark per quell’incontro si smorzò subito in una profonda preoccupazione, «Devi aiutarmi! Malefico ha imprigionato Chrisell.»

«Lo so! Quella benedetta fanciulla si è dimostrata molto imprudente ed è riuscita a mettersi nei guai. Avrei dovuto non affidarle un compito così complicato» concluse amaramente.

Il volto di Mark si fece rosso mentre avanzò di qualche passo con impeto: «Non è stata colpa sua! Ti posso assicurare che Chrisell ha messo tutto il suo impegno nel cercare di proteggerci e di aiutarci. Ma qualcosa è andato storto. La sua essenza magica ha attirato l’attenzione di quelle creature maligne, siamo stati scoperti proprio mentre stavamo elaborando il nostro progetto di fuga.»

Silvestre inarcò un sopracciglio scrutando a fondo negli occhi di Mark e gelando ogni altra reazione.

«Calmati. Non occorre che ti agiti così, anche se noto che perori la sua causa con grande trasporto. Posso sapere quale sentimento ti lega a lei?»

Il ragazzo arrossì ancor di più: «Siamo… siamo amici. Grandi amici» rispose, sempre più confuso.

La Dama del bosco non smise mai di scrutarlo, lui ebbe l’impressione di essere scandagliato in ogni fibra del suo essere.

«Mi auguro davvero che si tratti solo di amicizia. In caso contrario sarebbe un disastro per voi due.»

Mark abbassò lo sguardo. Non aveva il coraggio di confessare che in realtà si era innamorato di quella fanciulla delicata e nello stesso tempo tanto coraggiosa. Lui la trovava incantevole, ed era quasi certo che il suo sentimento fosse corrisposto, ma per il momento doveva mettere da parte le sue emozioni e pensare invece al da farsi per liberare Chrisell e l’unicorno.

«Mia signora, cosa possiamo fare adesso? Voglio dire, Chrisell e Gylldor sono nelle mani di Malefico, e io avrei bisogno di un consiglio. Cosa posso fare per liberarli?»

Il soprannome del tiranno piombò come una scure tra di loro e, come per incanto, il bel volto della dama si oscurò. Un gelido silenzio calò intorno, mentre l’incantevole figura femminile si mosse, per la prima volta a disagio.

Mark vide chiaramente lo sguardo di Silvestre volgersi di proposito su un punto indefinito e rimanervi incatenato.

«Che accade, mia signora? Stai male?» domandò preoccupato.

Lei non rispose. La sua mente era altrove. Gli occhi di ossidiana di Malefico le erano apparsi all’improvviso, perforandole l’anima. Si trattava soltanto di un ricordo balenato all’istante, ma bastò quello a procurarle un brivido sgradevole lungo la schiena. Quel demonio aveva un ascendente negativo su di lei, che si era trovata una volta sola ad affrontarlo e lo aveva sconfitto solo con uno sforzo di volontà che le era costato caro, perché dopo era stata male. Il sovrano le aveva chiesto di unire le loro vite e i rispettivi regni per formare insieme un unico, immenso impero, e lei non aveva potuto che sentirsi infangata da quella incredibile richiesta. 

«Come osi farmi una simile proposta?» gli aveva risposto indignata, «Tu, la quintessenza del male, dell’orrore e dell’odio! Tu che hai creato il tuo regno gettando le basi dell’inganno e dell’oltraggio all’amore e alla vita!  Tu che calpesti i diritti del tuo prossimo in ogni momento del giorno e della notte e non hai rispetto nemmeno per la natura che ti circonda! Io e te siamo agli antipodi! Come hai potuto pensare che una creatura benigna come me potesse accettare di condividere la sua vita con un essere demoniaco?»

Lui l’aveva guardata sprezzante, per niente contrariato dalla sua reazione, anzi, a Silvestre era parso alquanto divertito. Lei non aveva potuto evitare di ammirare il fisico aitante del sovrano. Il torace nudo, le spalle e i bicipiti possenti luccicavano lustrati dagli olii essenziali.  La vita e le braccia erano messe in risalto da bracciali e da una cintura d’argento.  Come poteva un essere dalla bellezza così disarmante possedere una natura tanto malvagia? Era un controsenso, e strideva nell’insieme come le corde in un violino rotto.

Lui si accorse dell’esame a cui era stato sottoposto e sorrise: «Saremmo una coppia perfetta! Io e te siamo nati per governare e comandare. Insieme potremmo conquistare tutte le dimensioni esistenti, compresa quella terrena che ancora ci è preclusa. Potremmo diventare sovrani di un impero immenso, inimmaginabile per i più. Unendo le nostre forze e i nostri poteri magici diventeremmo invincibili. Non ti alletta l’idea di diventare l’imperatrice del pianeta?»

«Tu sei pazzo!» gli aveva risposto lei, allibita da tanta sfacciataggine e ambizione, ma anche un po’ imbarazzata per essersi lasciata ammaliare dal fascino mascolino che emanava quell’oscura figura.

In quel momento Silvestre aveva avvertito lo sdegno aumentare a dismisura. Ce l’aveva con lui e nel contempo con se stessa.  Era mancato poco per cadere nella trappola. Malefico usava il fascino per incantare il suo prossimo ed era ancora più pericoloso di quanto avesse mai potuto supporre.  Stravolta dall’emozione, lo aveva attaccato per prima.

Solo per un istante lui era rimasto immobile, come basito. Non si aspettava quella reazione. Si stava crogiolando al pensiero dall’essere a un passo dalla conquista della dama, e il violento attacco di lei lo aveva sorpreso.  Ma l’istinto guerriero, che era naturale in lui, si era subito risvegliato e lo aveva indotto a reagire.

Tra le due creature arcane era intercorso un fitto scambio di strali e violente deflagrazioni magiche. Quel giorno Silvestre si difese dietro uno scudo protettivo del tutto invisibile, ma della massima efficacia. Non un solo colpo inferto dal demone andò a segno, ma al contrario s’infranse contro la barriera creata da lei.

L’epico scontro durò solo una manciata di minuti, eppure lasciò entrambi gli sfidanti a corto di energie. Quel giorno il bene prevalse sul male e Malefico fu costretto a ritirarsi nel suo regno.

In seguito alla lotta mentale sostenuta, la dama era stata costretta a riposare la sua essenza inducendo il suo corpo in uno stato letargico molto lungo. In quel periodo d’inattività aveva vissuto molti incubi e, una volta ripresasi, le era costato molta fatica relegarli in un recesso della sua coscienza. 

Tuttavia, in quel momento erano riemersi insieme allo sguardo malevolo del tiranno, e Silvestre aveva subito il malore che aveva messo in agitazione Mark. Ma ora occorreva reagire.  Sentiva di avere commesso sin troppo errori con quel demone. Dopo quello scontro avrebbe dovuto insistere attaccandolo di nuovo, cercando di spodestarlo dal potere e scacciarlo da quella dimensione e dalle terre magiche per sempre. Purtroppo, era stata molto male, e i suoi tempi di recupero troppo lunghi, e quando infine aveva riacquistato le forze, il sovrano si era ormai insediato stabilmente sul suo trono, circondato e difeso da forze occulte difficilmente superabili dalla sua sola energia arcana.

«Mia signora» l’apostrofò ancora il ragazzo con tono ansioso.

«Ti aiuterò» gli sussurrò lei, ancora persa nei suoi pensieri «per quanto mi sarà possibile ti aiuterò ad affrontare il malvagio.»



Malefico


Seduto sul trono, Zephar non smetteva di studiare l’eterea fanciulla prigioniera nella gabbia.  Fino a quel momento non c’era stato verso di convincerla a collaborare. La ragazza aveva resistito a ogni minaccia di tortura e di costrizione. Non erano serviti nemmeno la fame e la sete a ridurne la resistenza, e infine la sua tenacia e la sua ostinazione avevano suscitato un moto di ammirazione nel sovrano.

“Quanti dei miei sgherri potrebbero dimostrare tanta forza di volontà e altrettanto coraggio?” si domandò sorpreso.  Con la privazione del cibo la giovane appariva ancora più magra, più delicata, e quanto ancora avrebbe potuto resistere?

“È già un prodigio che sia ancora viva!” pensò, distogliendo lo sguardo e fissandolo sui propri consiglieri. “Incapaci!” inveì sprezzante. Fino ad allora nessuno dei presenti era stato in grado di suggerirgli una buona strategia per indurre la silfide a collaborare, se non la tortura. Ma Zephar voleva evitare di arrivare al limite. Si diceva che se voleva ottenere il suo scopo, la ragazza doveva rimanere in vita il più a lungo possibile. L’altro prigioniero era riuscito a fuggire. Zephar ritornò allo stratagemma messo in atto dal giovane per ingannare i carcerieri e persino lui, il Signore del male. “È stato scaltro. Ha dimostrato astuzia, ha osato ed ha avuto fortuna. Ma la dea bendata l’abbandonerà e io lo ritroverò.  Allora sarai punito a dovere, mio giovane stalliere!” promise a se stesso.

Cosa gli rimaneva in mano, oltre quella silfide caparbia, per indurre la dama dei suoi sogni a farsi viva?

Il principe degli unicorni e la sua giovane innamorata! Ma certo! In fin dei conti Zephar aveva ancora una buona carta da giocare per sperare di vincere la partita, e la parata che aveva organizzato per i festeggiamenti avrebbe potuto essere una buona occasione per attirare la sua preda. Ma il piano doveva essere perfetto. Dama Silvestre non doveva subodorare la trappola.

Malefico chiamò a rapporto Taresh e dopo appena pochi minuti il gigante s’inchinava al suo sovrano.

«Dimmi degli unicorni.»

«Ho dovuto somministrare a entrambi gli ultimi arrivati una dose di calmante. Erano troppo agitati, mio signore.»

«Mi auguro che tu non abbia esagerato. Sai quanto ci tengo a quei due esemplari. Sono più unici che rari, vanno trattati con mano ferma ma senza eccedere.»

«State tranquillo, sire. So come si trattano quelle creature.»

«Bene! Spero anche che siano pronte per la parata.»

«Lo saranno senz’altro!» rispose Taresh, battendosi il petto con il pugno destro.

In realtà le cose non andavano affatto bene, e il gigante era preoccupato mentre si congedava. Non aveva rivelato al suo sovrano che era costretto a somministrare dosi massicce al principe degli unicorni per tenerlo buono. Gylldor si era dimostrato indomabile sin dal primo momento, e da quando la silfide era stata fatta prigioniera, nemmeno le catene e la frusta riuscivano a calmarlo. Mancavano ancora pochi giorni al grande evento ma, a quel punto, lo sgherro nutriva forti dubbi di riuscire a equilibrare quell’indole ostinata. “Forse avrei fatto meglio a mettere al corrente il re. Ora come me la cavo?” pensò mentre l’ansia si faceva largo nella sua coscienza.

Stava transitando presso le stalle dove venivano relegate le giumente gravide e quelle da tenere in osservazione, quando decise di dare un’occhiata alla puledra destinata a trainare la biga reale. Era stata impastoiata, ma sembrava calma e assolutamente innocua rispetto all’altro prigioniero.

“Si vede che i tranquillanti hanno ottenuto l’effetto voluto.  Almeno su di te!” pensò, facendo scorrere il palmo della mano sul manto liscio della puledra.

Alyser s’irrigidì sotto quel tocco, ma si sforzò di non ritrarsi, ignorando l’impulso di addentare quelle dita.

«Credo proprio che almeno tu sia pronta!» esclamò lo sgherro con un sospiro di sollievo. «Se continui a fare la brava ti farò togliere dall’isolamento e ti metterò insieme agli altri. Ma te lo dovrai meritare!» terminò, assestando una vigorosa pacca sui posteriori della giovane.

Alyser sbruffò, ma non si mosse. Il disgusto per quell’essere le causava l’amaro in bocca, ma doveva mostrarsi docile se voleva ottenere un minimo di libertà.

«Tra pochi giorni ci sarà la parata, e se tutto va come spero, tu e l’altro unicorno formerete una coppia splendida davanti alla biga reale, e il sovrano sarà finalmente soddisfatto!» concluse, un po’ rasserenato dall’atteggiamento mansueto di Alyser.

 In realtà la giumenta celava un grande nervosismo sotto la calma apparente. Il plenilunio si stava avvicinando e lei, come Gylldor, avrebbe subito la trasformazione completa.

Alyser si era domandata molte volte perché la sua mutazione non fosse stabile come nelle altre creature catturate da tempo, ma avveniva soltanto nei giorni di luna piena.

“Perché per me e per Gylldor non è così?  Cos’è che ci rende diversi dagli altri unicorni? Il sangue di Gylldor appartiene alla stirpe reale, ma il mio? Cos’è che mi accomuna a lui?” Queste e tante altre domande assediavano la mente e il cuore del giovane unicorno, che si sforzava di non lasciarsi andare alla malinconia.

“Devo solo dimostrare che mi sono arresa e che li assecondo per poter uscire da qui, e una volta fuori, forse potrò essere d’aiuto ai miei amici. “

«Mi sembra un’ottima strategia!» si sentì apostrofare la giumenta. «Il Signore del male e degli inganni si può vincere soltanto affrontandolo ad armi pari.»

Alyser nitrì per lo spavento. Chi era quella figura sconosciuta apparsa all’improvviso nella stalla?

«Stai tranquilla, sono un’amica. Mi chiamo Silvestre e sono la Dama del bosco» la rassicurò con un sorriso.


«Mia signora» balbettò Alyser confusa. «Sei proprio tu? Chrisell ha parlato tanto di te e del tuo reame.»

«Tu provieni da un eremo molto lontano, ma fai sempre parte del regno silvano. E, comunque, non comprendo come mai tu non conosca la mia persona. Forse dipende dal fatto che il branco dal quale provieni è sempre vissuto ai limiti ed è sempre stato restio a riconoscere la mia autorità. Ma questa è una cosa che appurerò in un altro momento. Ora sono qui per aiutarvi, e Mark è con me» disse la dama, quindi con un cenno invitò il ragazzo, nascosto tra le balle di fieno accatastate in un angolo, a farsi avanti.

«Mark! Sei tornato! Sono felice di rivederti. Temevo che non ce l’avresti fatta!»

Il giovane stalliere l’abbracciò: «Ne sono felice anche io, Alyser.»

 «Sono molto in pensiero per il principe e per la silfide. Non so più nulla di loro e temo per la loro salute» si lamentò la giumenta.

«Ho visionato le acque divinatorie e, considerata la drammatica situazione, credo che non siano ancora in pericolo di vita. Tuttavia, dobbiamo affrettarci a elaborare un piano per liberarli. È la piccola Chrisell a rischiare di più, dobbiamo muoverci.»

«Non puoi fare uso della tua magia, mia signora?» domandò Alyser con tono affranto.

«In questo regno i miei poteri sono limitati. Anche in questo momento corro il rischio di svelare la mia presenza, così com’è avvenuto per Chrisell. Purtroppo, anche queste creature posseggono il dono arcano che, nell’insieme, predomina sul mio. Da sola non ho alcuna speranza di prevalere.»

«Ma tu non sei sola, mia signora» disse Alyser con orgoglio. «Puoi contare anche sul mio aiuto. Sono una creatura magica anche io.»

Dama Silvestre le sorrise: «Lo so e ti ringrazio. Farò affidamento anche su di te al momento opportuno, anche se, purtroppo, dovremo agire nella tana del lupo, e i nemici da combattere sono tanti, troppi!  Non so» la dama s’interruppe in tempo. “…come faremo ad affrontarli tutti” terminò tra sé, per non farsi sentire.

Mark percepì i dubbi che l’assillavano e intervenne deciso «Disponi di me come credi sia utile, mia signora. Sai che non lascerò nulla d’intentato per cercare di tirare fuori i miei amici da quell’inferno.»

«Lo so, Mark!» la dama guardò sia l’unicorno che l’essere umano, «Lo so che posso contare sulla vostra fedeltà e il vostro coraggio, e vi ringrazio per questo, ma ora occorre davvero elaborare una strategia. Mettiamoci al lavoro.»

continua...

                                                  


Racconto pubblicato dalla MorganMiller edizioni

Immagini Phoneky e Pinterest

 

7 commenti:

  1. Appassionante è dire poco! Questo racconto ti trasporta in un luogo incantato molto bel raffigurato da immagini e parole. Molto molto abile la narrazione. Brava Vivì.

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  2. Pregasi e unicorni creature mistiche e affascinanti come del resto tutto il racconto fino a questo momento. Complimenti.

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  3. Это сказка или фантастика? Всё равно, очень красиво! Настоящая МАГИЯ!

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  4. Sinceramente bello,
    como para repetirlo.

    Besitos dulces

    Siby

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  5. Fervida fantasia!!! Sei proprio brava m. Complimenti

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