Fantasia

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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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sabato 22 aprile 2023

La leggenda di Pandagian

 

Un’antica leggenda indonesiana narra di una splendida fanciulla che amava sognare e amava la danza. Questa giovane donna si chiamava Pandagian e viveva in un villaggio con i genitori, i nonni e un fratello. La famiglia viveva in una capanna, in cui era possibile accedere soltanto con una scala intrecciata con i giunchi.

Tutte le sere Pandagian si ritrovava con gli amici in una radura e ballava e cantava fino al sorgere del sole.

Esausta ma felice tornava a casa attenta a non destare il padre, che sapeva contrario a questa sua passione per la danza.

A lungo andare il padre si stancò dei ripetuti ritardi e alla fine le proibì di uscire e di danzare.

Pandagian rimuginò tutto il giorno sull’ordine ricevuto ma, giunta la sera, non seppe resistere al richiamo della musica che avvertiva giungere dalla radura e, ignorando il divieto del padre uscì per incontrarsi con gli amici.

Scoperta la sua assenza l'uomo si infuriò e ordinò al figlio maggiore di ritirare la scala di giunchi, in modo da impedire il rientro della ragazza nella capanna.

Ignara di quanto stava avvenendo Pandagian continuò a danzare, sognando a occhi aperti e ammirando il cielo trapuntato di stelle. A un certo punto le parve anche di vedere Riamasan, il principe della notte, che le sorrideva solcando il cielo sul suo carro d’argento.

Quando all’alba tentò di rientrare, accorgendosi della mancanza della scala intuì che suo padre la stava punendo e si disperò lanciando richiami e supplicando la sua famiglia di permetterle di rientrare. Nessuno le diede ascolto e Pandagian, ormai in preda alla malinconia rifletté sul modo di farsi perdonare ma anche che, da lì in poi, non avrebbe più potuto danzare.

Quel pensiero le procurò immenso dolore e per distrarsi si mise ad ammirare il cielo e a sognare di poter danzare tra le stelle con il bel principe della notte.

Fu in quel momento che vide scendere dal cielo una fune d’argento a cui era assicurata una seggiola d’oro. Pandagian vi si sedette e la sedia iniziò la risalita, solo allora intuì che Riamasan aveva percepito le sue preghiere e l’aveva accontentata.

Quando arrivò all’altezza della veranda urlò il suo ultimo saluto alla famiglia: «Madre! Nonni! Fratello! Me ne vado per sempre! Addio padre mio!»

Inutilmente la sua famiglia tentò di convincerla a restare promettendo, addirittura, che le avrebbero concesso di danzare quanto più le piaceva. Pandagian non ascoltò perché ormai aveva deciso di lasciare la terra per il cielo e di realizzare così tutti i suoi desideri.

In alto, tra le stelle trovò ad attenderla Riamasan, bellissimo e sorridente, proprio come lei lo aveva visto nei suoi sogni.

Riamasan rimase incantato dalla grazia e dalla bellezza della fanciulla e le propose subito di sposarlo e di diventare lei stessa la principessa del cielo notturno.

Pandagian accettò con tutto il cuore e i due giovani vissero un periodo molto felice tra le stelle.

Purtroppo, come tutte le cose belle, anche la loro storia era destinata a finire. 

Accadde che un giorno, nel sorvolare le acque argentine di un fiume, la giovane venne assalita da una gran voglia di nuotare e, senza avere l’accortezza di avvertire l'innamorato, si tuffò godendo della frescura e della limpidità di quelle acque che scorrevano tranquille.

Alla fine, esausta si sdraiò sull’erba e si addormentò.

Purtroppo, il principe del sole, fratello maggiore di Riamasan, invidioso di tutto ciò che di bello apparteneva o che si era conquistato il fratello minore, scagliò un dardo di fuoco diritto al cuore della giovane dormiente.

Pandagian morì e furono le stelle stesse che, addolorate, portarono la brutta notizia al marito della giovane danzatrice.

Riamasan accorse accanto al corpo della fanciulla e si disperò, piangendo lacrime lucenti. Quando infine si calmò, fece un gesto verso il cielo e, in quel medesimo istante, il corpo di Pandagian svanì e al suo posto comparvero tante stelle.

Il principe le scagliò nel cielo, tutte tranne una, la più bella e la più splendente che contemplò tra le mani. Riamasan l’ammirò a lungo, finché gli parve d’intravedere il sorriso splendente della giovane moglie. In quel momento rammentò le suppliche del padre e della famiglia a rimanere sulla terra e allora frantumò la stella in mille e più pezzi e le scagliò sulla terra.  «Trovate i suoi genitori e brillate portando loro il suo ricordo in eterno!» ordinò.

I minuscoli pezzi luccicanti si trasformarono in lucciole intermittenti e, quando i genitori quella sera stessa ne notarono la danza intorno alla capanna, associarono quel volo spettacolare alla loro figliola che danzava per loro. 

La danza della donna libera! Libera di scegliere, danzare e... brillare in eterno!



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martedì 18 aprile 2023

Il Mito di Europa

 




Forse non tutti sanno che su alcune monete da due euro sono raffigurati i due protagonisti di questa antica leggenda greca che

narra la storia di Europa, principessa fenicia figlia di Agenore, re di Tiro e Telefassa.

Europa era una splendida e giovane fanciulla con la mente e il cuore pieni di sogni, di speranze e di ambizioni per il suo futuro. Un giorno, mentre raccoglieva fiori e giocava sulla spiaggia con un gruppo di compagne, venne adocchiata da Zeus, il Signore dell’Olimpo e padre di tutti gli dèi.

Zeus era anche il più potente dio del regno celeste ma, forse, anche il più lussurioso e il più fedifrago e, appena notata la splendida fanciulla se ne invaghì.

Del tutto privo di scrupoli Zeus comandò a Ermes di radunare sulla spiaggia una mandria di giovenche, quindi, prese lui stesso le sembianze di uno splendido bovino per confondersi nel branco.

La magnificenza dell’animale dal manto candido e la sua possanza risaltarono subito sulla banalità di quello delle giovenche e attirarono l’attenzione della giovane principessa che ammirava la mandria da lontano.

L’inganno perpetrato da Zeus non avrebbe potuto riuscire se la fanciulla rimaneva distante, quindi, il toro si avvicinò lentamente e si sdraiò ai suoi piedi sfoggiando la massima mansuetudine.

Europa, finalmente certa della sua mitezza accarezzò il bel manto candido offrendogli addirittura fiori freschi. Nel momento in cui la giovane salì sul dorso del toro scattò la trappola: Zeus la rapì e la trascinò con sé a Cnosso, sull’isola di Creta.

Europa resistette in tutti i modi alle lusinghe e ai tentativi di violenza e riuscì a fuggire, ma Zeus, assunte le sembianze di un’aquila, la raggiunse ed ebbe il sopravvento in un bosco di salici.

Da quelle unioni nacquero tre figli tra i quali Minosse, re di Creta, Radamanto, giudice degli Inferi e Sarpedonte, in seguito adottati dal compagno mortale di Europa, Asterione, re di Creta.



Prima di lasciare la giovane donna, Zeus, forse per un improvviso scrupolo e tardivo pentimento, lasciò tre doni alla vittima della sua libidine: Talos, un gigantesco automa di bronzo invulnerabile e guardiano di Creta, Lelapo, un cane addestrato e un giavellotto dall’infallibile mira. Quest’ultimo, si rivelò un regalo sfortunato perché fu proprio con quell’arma che il marito l’uccise accidentalmente durante una partita di caccia.

La leggenda termina con i fratelli di Europa che vagano per mari e per monti alla ricerca della fanciulla, smarrita per sempre.



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