Questa volta il pericolo ci colse impreparati, perché
la manovra di accerchiamento, fu portata a termine senza nemmeno un ringhio.
Ci guardammo l'un l'altro sbigottiti, i lupi ci
avevano preso in trappola un'altra volta.
Lo riconobbi all'istante. Era lo stesso
capobranco che avevamo affrontato prima che la valanga li facesse fuggire.
Evidentemente avevano seguito le nostre tracce, ed erano stati attirati dall’odore
della carne arrostita.
Rimanemmo immobilizzati in una posa statica. Nessuno
tra noi osava fare alcuna mossa brusca e non tentammo di lanciarci sulle nostre
armi, per non suscitare, inevitabilmente, la reazione istintiva dei temibili predatori.
Il tempo sembrò cristallizzarsi. Presagivo l'attacco
con tutti i sensi all'erta. In quel momento ero in grado di contare tutti i
respiri e i ringhi del capobranco.
Concentrai allora la mia attenzione sullo
splendido animale, sapendo bene che tutto dipendeva da lui.
Per mettere
in atto una tattica così perfetta occorreva una grande astuzia e allora scrutai
negli occhi il grande lupo con audacia e attenzione. Avvertii all’istante una
scossa. Avevo già provato quella strana sensazione poche ore prima ma, ancora
una volta ne rimasi sorpreso.
Quella che avevo davanti era una creatura
senziente, molto intelligente e astuta e l’idea un po’ folle di poter comunicare
con lei, mi colse alla sprovvista lasciandomi sbigottito.
Era davvero possibile che un uomo potesse
comunicare con un lupo? Si trattava di un pensiero bizzarro, ma l’urgenza mi
pressava e non persi nemmeno un attimo di più a pormi domande banali.
Mi rilassai, cercando la calma interiore essenziale
per quello che mi apprestavo a fare e cercando di escludere tutto ciò che mi
circondava. Il lupo percepì subito il
cambiamento in me, forse per la postura assunta, forse per il mio sguardo,
fatto sta che il suo portamento si adeguò al mio. Le sue fauci si chiusero e smise di ringhiare.
Continuai a fissarlo negli occhi, senza
mostrare ostilità o brama di sfida. Mi parve che fosse in grado di percepire la
mia volontà di dialogare e allora gli palesai tutta l’umiltà recepita in quei
lunghi anni di addestramento, pur tuttavia, senza voler apparire subalterno e
senza mostrare timore.
Fu in quel momento che lo vidi trasalire e
arretrare di un passo. Era sconcertato e confuso, probabilmente più di quanto
lo fossi io. Non si aspettava un simile comportamento e, per parecchi secondi, si
limitò a studiarmi.
I miei compagni iniziarono a dare segnali di
impazienza. Non capivano ciò che stava accadendo e guardavano al branco con la
smania di uccidere. Anche i lupi mostravano nervosismo, ma si limitavano a tenerci
sotto controllo, in attesa del segnale di attacco da parte del capobranco.
«Hui, che succede?» mi domandò Tien, forse
allarmato dalla mia apparente inerzia.
«Tieni tranquilli gli uomini. Non muovetevi!»
gli ordinai. Lui provò a obiettare, indicandomi la cerchia di lupi famelici, ma
io insistetti: «Fidatevi di me, come avete sempre fatto!» gli dissi con tono
pacato. Lui, seppure sconcertato, annuì e con un cenno deciso mise a tacere i
dubbi e le perplessità dei compagni.
Io e la belva continuammo a esaminarci. Aveva
seguito con attenzione il dialogo intercorso tra me e il mio gregario e
sembrava approvare la mia autorità. Poi lui fece un passo avanti e i nostri spiriti
entrarono davvero in contatto.
Per me fu un'esperienza sconvolgente. La sua essenza era di natura selvaggia, molto diversa dalla mia avvezza alle regole, alla disciplina, allo studio e all’addestramento, eppure, pur essendo così diversi, trovai lati compatibili tra noi. Entrambi eravamo abituati al comando ed entrambi avevamo a cuore la salute e la salvezza del nostro branco.
Ricordo che persi la nozione del tempo.
Gli trasmisi le immagini dei suoi cuccioli affamati,
inermi e indifesi, in balia delle intemperie e dei predatori. Gli trasmisi il
suo istinto alla difesa della sua famiglia e lui parve capire, che le ragioni che
lo portavano a inseguirci e a predarci, erano le stesse che guidavano me e i
miei compagni a difenderci. Gli trasmisi la mia determinazione a uccidere, pur
di difendere ciò che mi era stato affidato e che mi era caro.
Non saprò mai come, ma ci intendemmo, simili a
due creature della stessa specie e lo convinsi a desistere dall'attacco. So soltanto che infine ordinai ai miei uomini
di lanciare l’altra carcassa al branco quindi, il grande lupo, con un alto
ululato si congedò da noi.
Lasciammo il loro territorio pagando il nostro
tributo, ma mai in vita mia fui più felice di averlo fatto. Non li vedemmo più,
anche se avrei giurato di sentire i loro ansimi seguirci per un bel po' di tempo.
In quei giorni mi piacque credere che il grande lupo grigio ci avesse concesso una
scorta.
Ricominciammo la nostra discesa a valle, rinfrancati
nello spirito, sebbene non avessimo più scorte di cibo. In compenso eravamo
vivi e avremmo sempre potuto cacciare in seguito.
Scendere fu molto più complicato del previsto,
visto che in certi punti eravamo costretti ad aggirare gli ostacoli rocciosi, con
grande dispendio di tempo e di energia.
Ma quando all'improvviso ci trovammo davanti a
un crepaccio, senza alcuna possibilità di aggirarlo, la maggior parte di noi fu
presa dallo sconforto.
Tien mi fu subito accanto e insieme ci
affacciamo oltre il ciglio. «Che facciamo?» domandò «Non possiamo tornare
indietro!»
«Non torneremo indietro!» risposi deciso e scrutando
con attenzione l’ostacolo.
La spaccatura non cadeva del tutto in verticale
e vidi che a un'altezza di una decina metri al di sotto di noi, si trovava un passaggio
abbastanza largo, che si perdeva poi nella macchia boschiva. Decisi d’istinto: «Lo
supereremo formando una sorta di catena umana, abbastanza agevole per permettere
la discesa ai bambini e all’imperatrice.»
Lui mi guardò con aria interrogativa. Non
capiva.
«Mi appenderò con i piedi al ciglio e mi
lascerò penzolare e con le braccia sosterrò un compagno che penzolerà a sua
volta sostenendo un altro e così di seguito, fino ad arrivare a toccare il
fondo.»
«È una manovra molto ardita, Hui. Il peso degli
uomini graverà tutto sulle tue braccia e le tue gambe. Sei sicuro di potercela
fare?»
“Bella domanda!” pensai «Hai qualche altra
idea?» domandai, indicando il cielo colmo ancora una volta di nubi
tempestose.
Lui seguì il mio sguardo e scosse il capo.
In quel momento l’imperatrice mi venne accanto
e quella fu una delle poche volte che avvertii la carezza sulla pelle della sua
voce e del suo sguardo. Maylinn mi guardava negli occhi e sul suo viso lessi
tutta la preoccupazione che provava: «Hai già corso molti rischi per noi,
comandante e io te ne sono grata. Ma ora ti vedo esausto e provato, come tutti,
del resto. Sei sicuro che non esiste altro modo per superare questa voragine?»
Cara, dolce Maylinn! Se avessi potuto l’avrei
stretta tra le braccia e baciata. La sua inquietudine era sincera. Quella
giovane donna, colei che in quel momento non vedevo più come sovrana e che con
il suo modo soave e discreto aveva conquistato il mio cuore, era sinceramente
preoccupata per me.
Le sorrisi e trattenni a stento il desiderio
folle di afferrarle le mani delicate e porvi un bacio, ma la fissai intensamente
dichiarandole con lo sguardo la mia devozione.
Lei
percepì la mia profonda emozione e annuì senza distogliere il suo ma
condividendo la stessa emozione.
Furono istanti magici, che sarebbero potuti
durare in eterno se Tien non avesse manifestato la sua presenza strappandoci
dall’incanto.
Volsi il capo, confuso, e le indicai il vuoto
spiegandole ciò che intendevo fare: «Il crepaccio non è del tutto verticale,
come puoi vedere, mia signora. Quel minimo di pendenza che ha ci permetterà un
po’ di appoggio e il peso complessivo sarà per me e per gli altri meno greve da
sostenere.»
Quando riportò la sua attenzione su di me si
era ripresa, tornando a essere l’imperatrice: «Fai quel devi, comandante! Noi
ci fidiamo di te!» terminò, tornando dai suoi bambini.
Tornai a guardare il mio compagno e lo vidi
scrollare la testa. Il suo sguardo era severo. Compresi che aveva percepito la
mia emozione e disapprovava il mio comportamento. Rimandai ogni chiarimento e
mi apprestai a spiegare agli altri la mia idea.
«Io sarò il secondo!» disse, offrendosi.
Lo aveva affermato con così tanta convinzione
da farmi intendere che non avrebbe accettato contestazioni e anche se avessi
preferito che fosse lui ad aiutare i bambini a scendere, accettai di buon
grado.
Calcolai che con cinque uomini ce l’avremmo
fatta a formare una catena abbastanza lunga. Diedi l'esempio agli altri, ponendomi
come primo gradino a testa in giù, facendo presa con i piedi al ciglio. Il mio
corpo in quel modo pendeva pericolosamente nel vuoto.
Cercai di non farmi prendere dalle vertigini. Dovevo
resistere, cercando di spronare, con il mio esempio, i miei compagni a fare la
stessa cosa. Continuare a lottare senza arrendersi mai al destino che pareva
avverso, per cercare di salvare la famiglia reale. Lo aveva giurato nel momento
in cui, diventato monaco guerriero, ero stato affidato alla loro salvaguardia.
Se avessimo avuto più tempo mi sarei fatto
legare alle caviglie per non forzare troppo sui bicipiti e sulle spalle ma, il
tempo, era proprio quello che ci mancava. I bambini stavano soffrendo il freddo
da parecchi giorni e dovevamo sbrigarci a scendere di quota se non volevamo che
morissero assiderati.
Penzolai, cercando la posizione più giusta e
quando mi sentii sicuro feci cenno a Tien di procedere.
Si trattava di una manovra assai delicata. Se
qualcuno di noi avesse ceduto la tragedia era inevitabile.
La stazza di Tien equivaleva la mia. Entrambi
eravamo alti e ben piazzati fisicamente e i lunghi anni di addestramento
avevano temprato i nostri corpi. Nel momento stesso che posò entrambi i piedi sulle
mie spalle dovetti stringere i denti fino a quando, scivolando lungo il mio
corpo, si appese alle caviglie.
Quando fu pronto diede il segnale lui stesso a
un compagno che ripeté la stessa manovra.
Quando tutti e cinque fummo posizionati, uno dei
miei guerrieri rimasti in alto scese per primo fino a metà della scala umana, mentre
un alto assicurava i bambini a una corda di cui teneva saldamente un capo. Avrebbe
accompagnato la discesa dei bambini con un minimo di sicurezza in più.
Pregavo in silenzio che tutto andasse per il
meglio. Il fratellino maggiore fu il primo a scendere e a dare l’esempio agli
altri.
Le sue manine si aggrapparono al mio collo e
poi alle spalle e alle braccia assistito dal basso da un guerriero, pronto a
intervenire in caso di bisogno. Uno per volta scesero tutti mostrando grande
coraggio, anche se, in realtà, sentivo i loro corpicini tremare dalla paura.
L’imperatrice si legò il più piccolo sulle
spalle e scese per ultima.
Avverti il suo peso sulle
spalle, e quel tocco mi parve lieve come quello di una farfalla. Maylinn era
esile come un fuscello ed agile come un felino. In pochi secondi aveva già
toccato il fondo del crepaccio.
Sospirai di sollievo e quando tutti furono in salvo,
non fu difficile per noi compiere un balzo acrobatico e atterrare nel terreno
sottostante.
Quello fu davvero l’ultimo ostacolo che la
montagna ci pose innanzi. Da lì in avanti, la nostra discesa fu abbastanza agevole.
Ne avevamo passate di tutti i colori e non ci parve nemmeno vero di essere
fuori pericolo.
Ebbi modo di riflettere sugli avvenimenti di
quei giorni, e su quelli che mi avrebbe riservato il futuro.
Il mio sguardo si pose allora sulla schiena dell’imperatrice
che mi precedeva di qualche passo. Ero perfettamente consapevole che per noi
non vi fosse speranza, per quel motivo cercavo di godere appieno di ogni attimo
che il destino ci faceva vivere insieme.
La discesa per un paio d'ore fu abbastanza
tranquilla.
I bambini, passati quei terribili attimi di tensione,
avevano ripreso la loro abituale vivacità. Mi rasserenava il suono argentino
delle loro voci infantili, e delle loro risatine. Noi adulti li osservavamo con
indulgenza e con tenerezza ignorando anche qualche piccola marachella. Si spingevano
stuzzicandosi gioiosamente, e sembrava avessero dimenticato tutte le brutte avventure
vissute nei giorni precedenti.
Mi deliziavo beatamente per il solo piacere di
ascoltarli, quando uno di loro si fermò all'improvviso. Anche se in quel momento
pensai a un altro spensierato scherzetto, i miei sensi tornarono all’erta.
continua...
Racconto pubblicato nel 2012 da Garcia edizioni
Immagini Pinterest e Phoneky
Tantissima fantasia, e azione, in questo coinvolgente racconto
RispondiEliminaBuona giornata cara Vivì, silvia
An che questa sesta parte lascia con il fiato sospeso. È sorprendente questo modo di narrare quanto lo è la tua fantasia. Complimenti Vivì.
RispondiEliminaAspetto con ansia il seguito.....
RispondiEliminabellissimo racconto fantastico.
RispondiEliminaMolto brava!I tuoi racconti hanno il potere di trasportare il lettore in un mondo fantastico!
RispondiEliminaA presto!
Ciao scritoressa!! adoro questo capitolo liscio e placido.
RispondiEliminaTi mando un grande abbraccio da oltremare ┊┊┊┊
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Genial relato te mando un beso
RispondiEliminaAudace,tenero e un pò selvaggio questo guerriero.....affascinante e intelligente .Lu.
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