Fantasia

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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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giovedì 17 giugno 2021

Il monastero del Canto del Vento (ultima parte)

 




Mi guardai intorno facendo segno ai compagni di fare altrettanto, ma non ve n’era bisogno. Anche loro avevano percepito il cambiamento e il pericolo incombente.

Feci radunare i bambini e per precauzione formammo il solito cerchio difensivo.

I minuti passarono lenti nel totale silenzio e per un po’ non vedemmo nulla.

Poi, all’improvviso, ci attaccarono.

Gli uomini, gli stessi che ci avevano seguito fin sul ponte, avevano poi aggirato il burrone, ed essendo più veloci ci avevano preceduti, tendendoci l'agguato.

Erano in tanti, forse una quarantina, e anche molto agguerriti. A giudicare dall’aspetto sembravano freschi e non erano certo provati come lo eravamo noi. La loro discesa sull’altro versante era stata sicuramente meno travagliata della nostra e non avevano dovuto affrontare tutte le disavventure vissute dal nostro gruppo.

Ero seriamente preoccupato e in quel momento mi sembrò che il mondo mi crollasse addosso. Disperavo di farcela questa volta. Dieci contro quaranta! Per quanto addestrati e valorosi quanto avremmo potuto resistere alla superiorità numerica?

Con un’occhiata circolare avvolsi la famigliola in un abbraccio unico e pietoso. Per noi, per loro, le probabilità di sopravvivere erano ridotte al lumicino ma, nonostante tutto, noi monaci guerrieri, ci eravamo assunti un compito delicato e avremmo tentato di portarlo a termine a tutti i costi.

Scambiai un’occhiata eloquente con tutti i miei compagni e nel loro sguardo e nel loro atteggiamento lessi la mia stessa determinazione.

«Siamo con te!» mi disse Tien e quella frase stava a significare “Insieme, fino alla morte!”

Ci accingemmo dunque a una strenua difesa.

Avevo già affrontato alcuni di quegli uomini, e sapevo che erano addestrati bene alla lotta, ma non come lo eravamo noi.

Ci attaccarono tutti insieme, come un’orda di lupi e proprio come mi aspettavo facessero.

Finché ci fu abbastanza distanza facemmo uso delle catene da combattimento, che lanciavamo come bolas o abbattevamo come sferze sui corpi dei nemici e, considerata l’abilità e la mira, ne abbattemmo subito parecchi.  Ma erano in tanti e quella loro superiorità rischiava di schiacciarci in una manciata di minuti. Oltretutto, avevamo la preoccupazione dei bambini. Il cerchio difensivo intorno a loro non doveva assolutamente allargarsi troppo.

Quando non fu più possibile usale le catene da combattimento sfoderammo i bastoni e me la ritrovai accanto all’improvviso! Maylinn si era messa al mio fianco brandendo una delle nostre armi e fronteggiava il nemico con espressione impavida e di sfida.

Bella come una dea e determinata come una Walkiria!  

Ci scambiammo un’occhiata, ma io ero confuso. Cosa aveva intenzione di fare?

«Anche io sono con te, comandante!» scandì con un piglio indiscutibile.

«Maylinn…» mormorai, ma non ebbi il tempo di proseguire perché entrambi ci trovammo costretti a respingere l’attacco di due nemici. Ero preoccupato per lei e con la coda dell’occhio la osservai combattere, pronto a intervenire.


Parava, stoccava e infliggeva bastonate come uno di noi. Si intuiva che aveva ricevuto un addestramento e combatteva come una veterana. Era agile e fluida nei movimenti e nello stesso tempo precisa e determinata, non solo a difendersi ma anche a prevalere sull’avversario. Nonostante fosse molto più esile dell’altro balzava di qua e di là con la stessa grazia di una libellula, ma schivando e colpendo con la giusta energia, quindi con poche stoccate si liberò dell’assalitore.

Per me fu altrettanto semplice prevalere e questa volta la guardai con profonda ammirazione. Lei sorrise, con il volto appena arrossato dalla fatica ma con negli occhi un’espressione maliziosa. Era felice di avermi sorpreso ma poi ci ritrovammo impegnati in un altro combattimento e la persi di vista. Ogni tanto la sentivo gridare, un po’ per la foga che metteva nel battersi ma qualche volta perché veniva colpita e in quei momenti il mio cuore cessava di battere.

Parecchie volte fui sul punto di intervenire per aiutarla, ma lei riusciva sempre a cavarsi d’impiccio da sola e non potei che ammirarla per questo.

Nella confusione, ogni tanto ci ritrovavamo vicini e, in quelle occasioni, combattevamo proteggendoci a vicenda, spalla a spalla, come avrebbero fatto due camerati affiatati, anzi, a onor del vero, in un paio di occasioni fu proprio lei a evitarmi ferite mortali.

Tenemmo testa bene al nemico, mettendone fuori combattimento subito, almeno una decina con i bastoni, quando non fu più possibile usare quelli combattemmo a mani nude.

Pare incredibile, eppure, la nostra forza e determinazione, sommati al duro addestramento, risultarono vincenti. Gli aggressori caddero come mosche.

Guardai con orgoglio i miei compagni che si stavano facendo onore. Di quel grosso manipolo di manigoldi, in poco tempo ne rimase in piedi solo una ventina e con nostra somma meraviglia, li vedemmo dileguarsi nella macchia boschiva.

Non mi illusi, come credo non si illusero gli altri, perché non emisero grida di giubilo per quella ritirata, ma solo sospiri di sollievo per la momentanea fase di riposo.

Avevamo tutti il fiato corto! Il rumore dei nostri afflati si confondevano e si condensavano in nuvolette che si espandevano per aria.  Maylinn era ancora al mio fianco.

Aveva combattuto come una leonessa combatte per difendere i suoi cuccioli ed era degna di tutta la mia ammirazione.

Avrei voluto esprimere l’emozione che sentivo ma le circostanze me lo impedivano. Mentre Tien mi si avvicinava, riuscii solo a mormorare un ringraziamento: «Ti sono grato, mia signora. Senza il tuo intervento avrei corso un brutto rischio.»

Era sudata, trafelata e con i capelli in disordine eppure, nessuna mi era mai parsa tanto bella quanto lei in quel momento.

Come al solito annuì dolcemente e mi sorrise: «Hai fatto lo stesso per me e i miei bambini e sono io a doverti eterna riconoscenza, comandante.»

«Hui…. mi chiamo Hui.» riuscii a sussurrare, arrossendo per la mia sfacciataggine, un attimo prima che il mio amico ci raggiungesse.

«Hui» mormorò lei e il cuore mi si gonfiò di felicità.

Se anche Tien percepì la mia emozione non lo diede a vedere e io gliene fui grato.  

Il mio amico si profuse in un profondo inchino davanti all’imperatrice palesandole la sua ammirazione: «Ti ho veduta combattere, mia signora e non posso che essere fiero e onorato di avere una sovrana così abile e coraggiosa!»

Ingoiai un moto di stizza e di collera. Non ce l’avevo con Tien bensì con me stesso. Avrei dovuto e voluto essere io a complimentarmi con lei e invece, mi ero fatto precedere.

Ma forse la mia era solo gelosia.

Il mio amico sorrise in modo ironico. Ancora una volta non disse nulla a tal proposito, ma era chiaro che aveva compreso quello che stavo passando.

«Credo che torneranno.» affermò invece: «Si nota un certo movimento in quella macchia di verde.»

«L’ho notato anche io.» lo rassicurai, guardandolo un po’ torvo per avermi letto dentro ma già proiettando i miei pensieri ai prossimi scontri: «Teniamoci pronti!»

Gli altri compagni mi guardavano in attesa di ricevere disposizioni. Li ammirai. Avevano combattuto senza mai perdere la speranza e senza mai arretrare di un passo davanti al nemico e ai pericoli che avevano dovuto affrontare durante la lunga ed estenuante fuga. Si erano fidati di me e avevano eseguito senza discutere i miei ordini e in quel momento erano di nuovo pronti a morire pur di salvare gli eredi al trono.

Li radunai intorno a me e con le braccia li strinsi tutti in un abbraccio solidale e affettuoso. Ci univano i lunghi anni di addestramento, di studi e di avventure. Nulla e nessuno poteva distruggere la nostra amicizia.

Risposero con un unico, unanime abbraccio e rimanemmo così uniti per alcuni lunghi e intensi secondi.

Sentii il mio petto gonfiarsi di commozione.  

Non occorsero parole d’incitamento. Non avrei nemmeno potuto parlare. Un nodo alla gola me lo impediva. Ci sciogliemmo dall’abbraccio assestandoci pacche cameratesche gli uni agli altri.

L’emozione era palpabile ed era evidente in molti sguardi lucidi.  

Eravamo pronti a morire per i nostri ideali e per salvare l’impero.

Poi i nemici riapparvero e innanzi a tutti c’era un guerriero dall’aspetto imponente e l’espressione autoritaria.

Notai che indossava la nostra divisa da combattimento, brandendo le nostre stesse armi.

Intuii subito che fosse un avversario esperto e temibile.

Avanzava divorando con decisione la distanza che ci separava, fissandomi negli occhi e quando fu a pochi passi da me, con cipiglio arrogante prese a scrutare la mia figura in ogni dettaglio. Ricordo il suo sguardo da serpente, come ricordo con fastidio la morsa che mi attanagliò lo stomaco.

Forse percepì il mio disagio perché proclamò con una voce stentorea: «Hai combattuto bene Hui e fatto quello che hai potuto, ma ora siamo giunti alla resa dei conti. O ti arrendi e mi consegni la famiglia reale o tu e i tuoi uomini non vedrete il sorgere di un nuovo sole.»

Conosceva il mio nome e mi domandai chi gli avesse fornito quell’informazione.

Non potei fare a meno di notare la grande scimitarra intarsiata che pendeva al suo fianco in un fodero d'argento, e che solo a un Gran Maestro era concesso portare. Pensai che quell’individuo l’avesse rubata. Non poteva essere un uomo sacro. Un Venerabile non avrebbe mai compiuto azioni così efferate come l’attacco alla residenza imperiale.

Sorrisi amaramente e gli risposi, ostentando pacatezza ma in modo sprezzante: «Non so chi sei…anzi in realtà lo so benissimo! Sei uno dei monaci rinnegati che ha tradito la famiglia reale e l’impero! Forse sei stato proprio tu a organizzare tutto. Ma in questo momento non m’interessa, come non m’interessa conoscere il tuo nome. I vili non hanno bisogno di essere nominati, bastano le loro azioni e la loro nomea a rappresentarli. Sappi soltanto che non abbiamo fatto tanta strada e patito tante sofferenze per cedere i nostri protetti al primo vigliacco che profferisce minacce!»

Lo vidi sussultare. Lo avevo ferito nell’orgoglio davanti ai suoi uomini. Lui che si dava tante arie di superiorità.

Il suo volto si trasformò in una maschera di odio e di ferocia, ma ignorai il suo livore e lo sfidai ancora. Avevo intenzione di portarlo al parossismo e forse, accecato dalla collera, avrebbe commesso un passo falso.

«Veditela con me. Dimostra ai tuoi uomini che hai abbastanza coraggio per affrontare da solo un maestro!»

Non era vero che fossi un maestro. Perlomeno, non ancora. L’attacco alla residenza aveva impedito la mia nomina, ma lui mi guardò sorpreso. Non si aspettava certo di dover affrontare un esperto supremo della Sacra Lotta.

 I suoi uomini mormorarono, allargandosi intorno a noi, certi che il loro capo avrebbe accettato la sfida e lui non poté evitare di farlo. Sarebbe stato un disonore.

«Maestro o no, morirai tra atroci sofferenze!» esclamò, attaccando.

Decisi per una tattica difensiva finché non avessi capito il reale valore del mio avversario, valutando la sua potenza fisica. Purtroppo, sin dalle prime mosse, dovetti rendermi conto che anche lui era esperto in quella disciplina.

Per la prima volta da quando ero diventato guerriero mi assalì il dubbio della sconfitta.

Fece ricorso a molti trucchi pur di disarmarmi ma io, nonostante la stanchezza, prevenni e parai ogni mossa.

Gli tenni testa per qualche drammatico minuto non senza difficoltà, riuscendo anche a mettere a segno qualche colpo violento con il bastone, ma diversamente da me, lui era fresco e riposato. Aveva deliberatamente mandato avanti i suoi uomini nel precedente attacco evitando di stancarsi per avere un vantaggio e la sua tattica stava funzionando.

Purtroppo, riuscì a disarmarmi ben presto.

Sul mio gruppo scese un gelido silenzio.

Il suo viso si storse in un ghigno malvagio mentre sguainava la sua lama d'acciaio brandendola al mio viso. In quel momento capii di essere a un passo dalla morte.

E l’avrei accettata perché un vero guerriero non teme la fine della vita terrena ma nella reincarnazione. Era la nostra religione e ci era stato inculcato fin da bambini quel concetto.

Guardai con rassegnazione la spada puntata su di me, ipnotizzato dai bagliori che emanavano la lama.

Un richiamo improvviso lacerò i miei pensieri strappando da quella letale apatia.

«Hui…no!» Era la voce di Maylinn. Nello stesso tempo udii il rimbalzare dell’acciaio sul terreno al mio fianco e agendo d’istinto mi precipitai ad afferrare la spada che Tien mi aveva gettato.

Ma il mio avversario non me lo permise. Aveva assaporato il gusto della vittoria e non ci stava a farsela sfuggire con un nuovo combattimento.

Abbassandomi per raccogliere l’arma rimasi del tutto alla sua mercé offrendogli la possibilità di colpirmi in pieno.

Aveva mirato al mio collo, e solo per la prontezza di riflessi riuscii ad evitare che la mia testa spiccasse dal corpo. Scartando di lato con un guizzo velocissimo riuscii a salvarmi la vita.

Purtroppo, però, non riuscii a scansare del tutto la lama, e subii l’atroce menomazione. Avvertii un dolore lancinante al braccio sinistro, e con orrore lo vidi volare via dal mio corpo con un getto di sangue.

Ricordo le urla, quelle mie di dolore e quelle dei bambini e   dell'imperatrice.

Ricordo che ebbi ancora qualche secondo di lucidità prima che il dolore e l’orrore dilagassero nel mio animo ottenebrandomi la mente.

Ero caduto in ginocchio e lui ancora una volta brandì la spada all’altezza del mio collo. Avvertii il peso dell’acciaio gravare nell’unico braccio rimastomi. La mia mano destra stringeva ancora l’elsa della spada e la sua figura, per quanto incombesse minacciosa su di me, rimaneva del tutto indifesa.

Prima che lui infierisse e con l'ultima stilla di energia sollevai la lama contro il suo ventre e l’affondai.

Un attimo prima che l'oscurità pietosa scendesse su di me, vidi il traditore accasciarsi senza vita.

Quando mi risvegliai ero del tutto scioccato. Non riuscivo nemmeno a capire dove fossi e che ci facessi disteso per terra, con i volti preoccupati dei miei compagni chini su di me.

La ferita mi doleva da morire, ma ancora non avevo realizzato l’enormità di quanto mi era accaduto. Il trauma mi aveva annebbiato la memoria e mi guardavo intorno confuso. Tentai di sollevarmi ma il mio amico Tien mi trattenne: «Stai fermo, Hui. Hai già perso sin troppo sangue.»

«Che mi è successo?» domandai, cercando di sbirciare, ma la schiena di uno dei soccorritori mi copriva del tutto la visuale. Sentivo che trafficavano intorno al mio braccio, laddove avvertivo un immenso dolore e dove tra l’altro, stranamente, pensai molto più tempo più tardi, sentivo ancora di avere un arto, mano compresa.

La sciabolata che me lo aveva troncato di netto era scomparsa dalla mia mente, né i miei compagni mi avevano già spiegato l’accaduto.

Maylinn, che era rimasta silenziosa e in disparte fino a quel momento, mi si inginocchiò accanto: «Mi permetti, comandante Hui?» domandò, mostrandomi una salvietta umida. Non capii cosa volesse fare ma a lei avrei concesso tutto. Annuii e lei iniziò a detergermi il volto dal sangue e dal sudore con estrema delicatezza.

Nei suoi occhi lessi una pena infinita e fu allora che iniziai a ricordare.

Le immagini dello scontro emersero pian piano e la prima cosa che mi sovvenne fu la mia spada piantata nel ventre del traditore.

«L'ho ucciso!» mormorai sofferente e a denti stretti.

Lei annuì: «Sei stato molto coraggioso, comandante! E per merito tuo il resto della banda è fuggito!» Ma in quel momento il suo sguardo si colmò di pianto e all'improvviso ricordai il mio dramma.

«No!» urlai, tentando di liberarmi da tutte quelle braccia che mi trattenevano a forza.

«Sta calmo, Hui! Siamo appena riusciti a cauterizzare il moncherino e a fermare l'emorragia.» disse Tien stringendomi con più vigore.

Ero disperato, sconvolto. La tragica realtà si era abbattuta su di me come una mannaia straziandomi l’anima, così come mi era stato straziato il corpo. Ero un guerriero e avrei dovuto essere preparato a una simile evenienza ma, evidentemente, non era così. Sbattei la testa a destra e a sinistra rifiutando il pensiero di essere rimasto menomato e Tien me la afferrò per impedirmi di causarmi altro male.

«Voglio vedere! Fatemi vedere!» quasi li implorai, consapevole che finché non avessi appurato la verità con i miei occhi non avrei mai iniziato ad accettare la mutilazione.

I miei compagni si spostarono e allora mi resi conto! Il vuoto, quel grande vuoto che vidi al posto nel mio braccio fu come una pugnalata al cuore.

«No!» urlai ancora con tutto il fiato che avevo nei polmoni «No! Non è possibile!» Il mondo mi crollò addosso! Il mio futuro di uomo, la mia fulgida carriera di monaco guerriero, erano finite.

Mi abbandonai senza forze e senza più volontà di combattere contro il destino. Le lacrime presero a scorrere copiose sul mio volto e tutti i miei compagni volsero lo sguardo altrove, alcuni a disagio, altri per nascondere la loro intensa commozione.

Tutti si volsero, tranne lei.

Ancora in ginocchio accanto a me, Maylinn aveva assistito alla tempesta di emozioni in cui mi ero dibattuto e si chinò. La vidi avvicinarsi attraverso il velo di lacrime e sentii le sue labbra posarsi sulle mie, dolcemente.

 

Monastero Del Canto Del Vento

 

L’emozione mi aveva preso alla gola.

Le ultime parole del mio racconto vennero accolte da un silenzio che si protrasse a lungo.

Sentii molti compagni schiarirsi la gola, o dare in colpetti di tosse imbarazzati. Capii allora come la storia di mio padre aveva coinvolto tutti quei guerrieri e pensai con orgoglio quanto dovessi andare fiero di essere figlio di quell’eroe che aveva salvato la dinastia imperiale. E capii anche che davvero non esiste coraggio se non si prova paura. Mio padre aveva dato anche questa grande lezione.

Si alzarono in piedi tutti, aspiranti monaci e Gran Maestro, battendo l’elsa delle spade sugli scudi, e levandole all’unisono in un urlo osannante mio padre.

Solo molto più tardi qualcuno ebbe il coraggio di domandarmi come finì la tenera storia d’amore che l’imperatrice aveva condiviso con lui, ma io scossi la testa. Risposi che lo ignoravo e che mio padre era stato talmente discreto, a tal proposito, che la fine era rimasta un segreto.

Quando lasciai la sala volgendo le spalle ai compagni, sorrisi. In realtà lo sapevo ma non lo avrei mai rivelato.

Maylinn e Hui si erano amati quei pochi giorni, ma quell’amore era stato tanto profondo e intenso, che sarebbe durato per tutta la vita.

                                Fine

                                           

                    

Racconto già pubblicato nel 2012 dalla Garcia edizioni
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9 commenti:

  1. Emozioni a non finire, nei tuoi avvincenti brani, molto apprezzati
    Buongiorno carissima Vivì,silvia

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  2. Chapeau! Finale grandioso. Molto emozionante e coinvolgente. Complimenti tanti e sentiti. Alla prossima.

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  3. Finale degno di un guerriero.Forte,audace e romantico ma con un pizzico di umana debolezza,che lo rende un vero eroe.Questa versione,rivista e ampliata mi è piaciuta moltissimo.Complimenti Vivì. Un abbraccio.Lu.

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  4. uy que genial final. Eres muy buena escritora. Te mando un beso

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  5. Una saga.Fantasy molto ben scritta, curata e localizzata. Personaggi ben definiti e verosimili. Mi è dispiaciuto per la menomazione dell'eroe ma ci sta. Peccato che sia finito. Complimenti.

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  6. Finale molto emozionante, l'amore del grande guerriero e dell'imperatrice. Un racconto che emoziona il lettore per l'ottima struttura usata per porgerlo in una maniera ottima. Molto emozionante in tutte le sue parti. Complimenti Vivì, l'ho molto apprezzato. Un caro saluto da Grazia, abbraccio!

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  7. Bel lavoro, Vivì. Non ti stanca mentre lo leggi.
    Ti auguro buon fine settimana!

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  8. Salut! ciao mi bella amica!
    cara maestra, buonasera!
    Sono scioccata dalla meravigliosa conclusione, il finale a tutta orchestra dela novela.
    Sono davvero commossa; del tuo miglior raccolto, senza dubbio.
    Stavo leggendo qui a lungo questa domenica mentre i miei amici gli scoiattoli,
    i conigli e il mio unicorno dal naso rosa prendevano il te jajajajaja!
    Tanti baci e abbracci e ti auguro di continuare a goderti un'estate cosi gloriosa.
    Mando tanti saluti, baci e abbracci, oh, e dimenticavo di dire qualcos'altro,
    siamo tutti vaccinati nel mio borgo! la vita e bella.

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