La ragazza aveva previsto di essere fermata e aveva già pronta la risposta, che sperava,
funzionasse.
«Son
stato mandato dal comandante. Mi ha incaricato di portare del buon tabacco a
bordo. Tu sai dove posso procurarmelo?» scandì con una voce decisa e profonda.
«Il
capitano ha mandato te a cercare tabacco?»
«Certo!
Ha appena finito quello che già aveva, ed è rimasto completamente senza. Ora se
non vuoi incorrere nel suo malumore, e tu sai quanto possa diventare scorbutico
quando è contrariato, dimmi dove posso trovarlo, in modo che possa correre a
portaglielo.»
Davanti a quella velata minaccia, l’uomo si arrese: «Uhm! Va bene! Va bene! Vieni con me, ho una riserva speciale per gli ufficiali di questa nave!»
Ines
respirò di sollievo. Era andata bene! Ora non rimaneva che superare gli uomini
di guardia al galeone.
«Ehi,
ragazzo! Ricordati di portare i miei saluti al comandante. E ricordagli anche
la mia premura nel procurargli il miglior tabacco di tutta la città!»
«D’accordo,
signore! Lo farò!» rispose mentre correva verso il boccaporto.
Poi
si mise in coda ai camalli, gli scaricatori del porto, che con le spalle curve sotto il pesante carico
racchiuso in sacchi di iuta, trasportavano con evidente fatica le merci fino alle stive.
All’ingresso
vi erano le due sentinelle armate che controllavano chiunque si presentasse sulla
passerella d’imbarco. Ines cercò di
nascondersi dietro due uomini che dividevano il peso di una grossa cesta colma di ortaggi e di frutta fresca. Assunse
anche un’aria tranquilla e innocua sperando così di passare inosservata.
Uno
dei due portuali inciampò e, per evitare di far cadere il contenuto della cesta in mare, cadde addosso al compagno.
La
maggior parte della frutta e della verdura si rovesciò, causando intralcio agli
altri scaricatori che seguivano, così che si venne a creare un piccolo
parapiglia di urla di proteste e imprecazioni.
Le sentinelle si affacciarono per gustarsi quell’imprevisto fuoriprogramma, che spezzava la monotonia di ore passate di guardia e di controlli più o meno accurati. «Siete proprio degli imbranati! Sbrigatevi a togliervi dai piedi!» esclamò una delle due sentinelle.
Ines
approfittò di quei pochi istanti di confusione generale, per sgattaiolare dentro
al boccaporto senza essere notata.
La
burrasca che era nell’aria scoppiò in quel momento annunciata da un boato
fragoroso di un tuono e, subito dopo, si aprirono le cataratte del cielo.
La
pioggia si riversò improvvisa con una violenza tale, da rimbombare sulle
paratie e sui ponti del galeone, ed il ticchettio sullo scafo cominciò a
coprire ogni altro rumore diventando fastidioso.
Ines si fermò sconcertata. La nave era grande e dagli interni sconosciuti. Senza una guida si sarebbe persa di sicuro tra i corridoi e i ponti correndo il serio rischio di essere scoperta e punita come clandestina.
«Cosa
faccio? Dove vado?» si domandò confusa.
Si
era pentita di essere salita a bordo e stava quasi per rinunciare e tornare al
sicuro sul molo, quando risentì il miagolio della gattina.
Evidentemente
era riuscita a scendere senza aiuto dall’albero maestro.
«Giada,
dove sei?» domandò con l’animo già inquieto. Le lanterne appese alle paratie
erano spente e i locali erano immersi nell’oscurità.
A
peggiorare la già inquietante atmosfera, la burrasca all’esterno era arrivata
al suo massimo e la pioggia bombardava di schiocchi feroci lo scafo di legno. Il
ticchettio era diventato assordante e inquietante.
Per
un istante a Ines sembrò alquanto strano, che in mezzo a quel caos riuscisse a
distinguere il richiamo del gatto e ogni tanto le pareva anche che si
allontanasse.
«Giada
dove sei? Fatti vedere!» ripeté più volte, percorrendo quasi alla cieca un
oscuro corridoio. I suoi occhi si abituarono lentamente alla penombra e ogni
tanto riusciva a intravedere la coda della gatta, che precedeva lei di qualche
metro.
Ines
cercò di memorizzare il percorso già fatto ma, ormai, era certa di aver perso l'orientamento e le sembrava di essere entrata in
un labirinto.
Dopo
aver percorso l'ennesimo ponte e un’altra scala ripidissima si rese conto dell'enorme rischio che stava correndo, perché se non fosse stato per il miagolio, si sarebbe di certo
smarrita.
Dai
rumori che provenivano dall’esterno, la tempesta sembrava essersi acquietata e
la pioggia si era fatta più leggera.
Ines
sospirò, tentando di mettere ordine nei pensieri. I suoi nervi erano tesi al
massimo, eppure tentava di non lasciarsi prendere dal panico. Il timore di
essere scoperta la sollecitava a sbrigarsi e, nell’infausta evenienza, a
escogitare un valido motivo che giustificasse la sua presenza a bordo.
“Respira
profondamente e concentrati su quello che potrai dire.” si disse.
La gattina si fermò, girandosi a guardarla, con quel suo strano modo di fare e di socchiudere gli occhi verdi, che la faceva sentire tanto disagio e che a causa dell’oscurità diventarono luminosi. In quel momento ebbe la certezza che si trattava di Giada.
Ines
avanzò con cautela. Non voleva che la gattina si spaventasse e che fuggisse ma,
proprio in quel momento, sentì avvicinarsi dei passi e fece appena in tempo a infilarsi
in un locale, la cui porta era socchiusa.
I
rumori che provenivano dal corridoio facevano pensare all’arrivo di più persone
e Ines pregò mentalmente che non fosse proprio il suo nascondiglio la loro meta.
Si appiattì contro lo stipite della porta e rimase in ascolto, con il
batticuore e il fiato sospeso.
Purtroppo, proprio come aveva paventato, gli sconosciuti si fermarono all’ingresso del locale.
Lo
sguardo fisso sulla maniglia che si abbassava, la ragazzina si sentì persa, ma
poi la maniglia rimase a metà, mentre le voci degli uomini fuori si
abbassarono prima in un sussurro, in un modo che a lei parve cospiratorio, poi iniziarono ad alterarsi alzandosi di tono.
Fu
allora che Ines temette il peggio e si guardò intorno, in cerca di un nascondiglio
più sicuro. Ma il locale era immerso nel buio e lei riusciva a distinguere solo ombre intorno.
Il
rumore della pioggia ridivenne fragoroso; la tempesta che poco prima sembrava essersi
allontanata, aveva di nuovo raggiunto il culmine. Difatti la nave aveva preso a
rollare e il fasciame gemeva sotto gli strappi violenti che il vento burrascoso
le riservava.
Per
la forza del mare in burrasca, la porta si spalancò all’improvviso e Ines si
appiattì nel poco spazio che le rimaneva tra lo stipite e il muro. In quel
momento le voci delle persone che discutevano, divennero chiare.
«Ora
basta discutere! Dobbiamo approfittare della burrasca per portare a termine il
compito che ci hanno affidato.» esclamò uno degli uomini.
«Non
me la sento!» rispose un altro «Quest'incarico è troppo pericoloso per conto
mio. Rinuncio anche al premio che ci è stato promesso e me ne vado!»
«Ma
sei impazzito? Che vai dicendo? L'anticipo lo hai già preso! Ora ci devi
aiutare, non puoi più ritirarti.»
«Io
non scherzo con certe cose! Quei topi sono infetti, troppo pericolosi!
Basterebbe solo un piccolo graffio dei loro artigli e… addio!»
«Non
dire sciocchezze! Prenderemo ogni precauzione! Lavoreremo con i guanti. Nessuno
di noi si farà del male se faremo attenzione. E poi… ti sei già dimenticato di
quanto possa essere spietato “ lui” con chi lo tradisce?»
«Mi
nasconderò talmente lontano che nessuno mai, nemmeno il Doge, mi potrà trovare!»
«Zitto
stupido! Non fare nomi! E stai all’occhio, perché se verrà a sapere del tuo tradimento,
ti metterà alle costole i miliziani e quelli non avranno pace finché non ti avranno
messo il sale sulla coda e finché non ti avranno portato nelle segrete del
carcere.»
«Non me la sento, Pietro! Se lo facciamo, sarà un inferno e ...moriranno
un sacco di persone!»
«Cosa
sono tutti questi scrupoli? Siamo ben pagati, no? E poi a noi non interessa
quello che accadrà qui. Finito di sguinzagliare i topi per la città ci allontaneremo
e i guai saranno per quelli che rimangono.»
La
porta, tenuta fino a quel momento spalancata da uno dei malviventi, venne
richiusa con forza e le voci si smorzarono nel fracasso della tempesta.
Ines
tornò a respirare liberamente. Non poteva credere a quello che aveva sentito! Possibile
che esistessero persone così crudeli da desiderare di spargere il morbo della
peste in una città? E ora cosa poteva fare lei per impedire che ciò accadesse?
A chi avrebbe potuto confidare ciò che aveva sentito? Perché il doge veneziano
odiava così tanto i genovesi?
La ragazza venne assalita da mille dubbi angosciosi e da tante domande a cui non sapeva dare
nessuna risposta.
Stava
per uscire dal locale, quando un rumore improvviso attrasse di nuovo la sua
attenzione. Cosa era stato? Il suo sguardo vagò nella stanza cercando di
penetrare nell’oscurità, perché ormai i suoi occhi si erano abituati al buio.
Il sangue le si raggelò nuovamente nelle vene: decine e decine di
occhietti rossi la stavano fissando malignamente. Ines intuì all’improvviso che
quelli che aveva percepito, erano squittii. Topi! Gli animaletti tanto temuti e
odiati.
Fu
costretta a premersi la mano sulla bocca per soffocare l’urlo che le era salito
dal cuore.
Ovunque
arrivasse il suo sguardo trovava occhi fosforescenti fissi su di lei, e sul
momento, non rilevò nemmeno la stranezza dell’immensità di quegli occhi. Di
conseguenza, le dimensioni dei roditori dovevano essere ragguardevoli.
“Devono
essere enormi!” pensò “Probabilmente topi di fogna.”
Ines venne assalita dalla smania di fuggire e l’avrebbe fatto se non fosse stata fermata da un miagolio.
Con la mano sulla maniglia e i nervi tesi s'immobilizzò. Nel locale era presente anche il gatto.
Il
miagolio si ripeté e lei intuì che il richiamo era di Giada.
Il
tempo sembrò cristallizzarsi nel marasma di rumori provocato dalla burrasca in
corso ma, la ragazzina, rassicurata dalla presenza della piccola amica si rasserenò.
«Giada, vieni da me!» disse, mentre nella sua mente andava a delinearsi un'idea.
Non vi era più tempo da perdere e non poteva rivolgersi a nessuno. Avrebbe
dovuto affrontare il problema da sola.
“Getterò
le gabbie con i topi in mare!” si disse, accendendo una lampada a olio.
Decisa
a mettere in atto la sua idea Ines si avviò verso le gabbie e in quel
momento accadde un'altra cosa incredibile: Giada le si parò davanti e iniziò a
soffiarle contro minacciosamente.
Lei la scrutò incredula. Non era mai successo prima d'allora. Le venne anche il
dubbio di essersi sbagliata. Possibile che quella gatta non fosse Giada?
La
schiena del felino era curvata ad arco, e il pelo ritto. Soffiava e aveva
sfoderato gli artigli. Era pronta ad attaccare se lei fosse avanzata di un
passo. Ines pensò che Giada non lo avrebbe mai fatto. Non con la sua amica e padroncina.
Si
guardarono, studiandosi per lunghi istanti. La tensione nella cabina divenne
palpabile ma poi il pelo si allisciò, la gattina rinfoderò gli artigli e prese
a leccarsi le zampine con aria indifferente.
Ines
ne valutò lo strano comportamento. Non potevano esserci dubbi. Quella era proprio Giada.
Il
mistero s’infittiva e i suoi nervi erano tesi come corde di violino. Giada con un balzo felino si accoccolò su uno
stipetto, e con un’altra serie di miagolii sommessi richiamò ancora una volta
la sua attenzione. Rassicurata dall’atteggiamento innocuo, Ines le si avvicinò
e s’accorse che la gattina si era accovacciata vicino a un paio di guanti
imbottiti da lavoro.
«Giada!
Era questo che volevi farmi capire? Vuoi che l’indossi?»
La
gattina ronfò e roteò la coda, quindi ammiccò, come era solita fare.
Ines
infilò i guanti e si mise al lavoro.
Mentre
afferrava le gabbie, il disgusto e la paura l’assalirono.
I
topi si muovevano arrampicandosi sulle sbarre sfiorando le sue
dita guantate e Ines ringraziò Giada per il provvidenziale suggerimento. Poi, a
una a una gettò le gabbie oltre l’oblò attendendo il tonfo che avrebbero provocato nell'urto.
Solo
dopo aver gettato l’ultima Ines si rilassò, emettendo un sospiro di sollievo.
Giada
le si avvicinò, emanando fusa soddisfatte e strofinando il corpo contro le sue gambe. Allora Ines l’accolse tra le braccia ponendo un lieve bacio sulla testolina
morbida.
«Sei
stata veramente brava! Non so come tu sia arrivata sin qui da sola e come abbia
fatto a scoprire le intenzioni di quei delinquenti e, forse, non lo scoprirò
mai, ma ringrazio comunque il cielo che esisti e che sei qui con me.»
La
gattina ammiccò e Ines, con la certezza di essere stata compresa, le ammiccò in
risposta sorridendo, poi se la sistemò con garbo all’interno della tunica apprestandosi
a lasciare la nave.
«Andiamo
Giada e speriamo di poter uscire senza incontrare ostacoli.»
Purtroppo,
la fortuna che fino allora le aveva assistite, volse loro le spalle e, proprio
mentre uscivano dal locale, si imbatterono con i componenti della banda, ormai
decisi a mettere in atto i loro loschi propositi.
Prima
che riuscisse a muoversi, uno dei malviventi la afferrò in malo modo per il
bavero della casacca. «Ehi, ragazzo, che ci facevi lì dentro?»
Ines
balbettò una risposta: «Io…stavo cercando la cabina del comandante, signore.» balbettò con tono umile.
Lo
sguardo dell’uomo si era fatto torvo: «Davvero?» domandò ironico, socchiudendo
con la mano libera la porta e sbirciando all’interno «Peccato che sei fuori
strada. La cabina che cerchi è sul ponte superiore.»
La
ragazzina rabbrividì. Doveva trovare in fretta una valida scusa che
giustificasse la sua presenza nel luogo sbagliato.
«Io mi sono perso, signore. Questa nave è così grande e i corridoi tutti uguali. Ma il comandante mi sta aspettando. Il nostromo mi ha detto che dovrei sbrigare alcune commissioni per lui.»
«Uhm!»
mormorò l’uomo, mollandole il braccio e afferrandola per l’orecchio «Ti lascio
andare, ma prima vorrei sincerarmi di una cosa.» concluse, facendo un cenno
deciso verso il complice.
L’altro
uomo entrò nella cabina per controllare e subito dopo esclamò, allarmato: «Le
gabbie non ci sono più! Sono sparite!»
Ines
venne trascinata brutalmente all’interno della cabina e appurata la reale sparizione
delle gabbie, l’uomo strattonò con violenza il monello e alzò una mano per
mollarle un ceffone.
«Dimmi,
ficcanaso, che ne hai fatto dei topi?»
La ragazzina trattenne le lacrime a stento. Ora la sua paura si era trasformata in terrore puro.
Rimasta quieta sino a quel momento, Giada fuoriuscì dalla tunica con gli artigli sfoderati e i canini in mostra.
Il malvivente sobbalzò sbigottito e mollò la presa, allora Ines ne approfittò catapultandosi
all’esterno e correndo lungo il corridoio.
La
paura di essere riacciuffata le mise le ali ai piedi e in pochi secondi si
ritrovò al boccaporto d’accesso.
Ma
c’era ancora un ostacolo da superare.
All’ingresso
era rimasta un’unica guardia a sorvegliare le operazioni di carico e con un
semplice stratagemma Ines riuscì a sviarne l’attenzione dalla parte opposta
alla quale si trovava lei.
La
guardia, distratta dal rumore improvviso provocato dall’oggetto lanciato da
Ines, corse a controllare e lei ne approfittò per sgattaiolare alla
chetichella lungo la passerella.
Era
già arrivata sul molo quando l’uomo tornato sui suoi passi, s’accorse della sua
fuga:
«Ehi
tu, ragazzo! Fermati!» sentì gridare alle sue spalle.
«Fossi
matta!» gli rispose, felice, perché Giada nel frattempo l’aveva raggiunta. Lei
si fermò un attimo per recuperarla e rimetterla al sicuro e in pochi secondi il
monello si era già dileguato sotto il muro di pioggia scrosciante.
L'acquazzone costrinse poi a cercare riparo in un androne e attendere con Giada che
spiovesse.
Quando
la pioggia diminuì d’intensità, Ines si incamminò nuovamente diretta alla darsena.
Il muro d’acqua che aveva annebbiato i contorni degli edifici del porto si era
dissolto e la ragazza respirò con piacere l’odore salmastro reso pulito dal
vento e dalla pioggia.
Giada
fece capolino, poi si sistemò sulla spalla della giovane e ritta sulle zampette,
iniziò a guardarsi curiosamente attorno, sondando l’aria con le vibrisse
frementi, in un modo che la fece sorridere:
«Ce
la siamo vista brutta, ma l’abbiamo scampata!» disse e le parve naturale parlare alla
gattina come con un’amica «Tu lo sapevi che stava per accadere qualcosa di
terribile! Sei forse una gattina magica?»
Pur
non avendo nessuna cognizione precisa sulla magia, in quel momento le sembrava
l’unica spiegazione possibile ai fatti accaduti.
«Sai
anche a chi posso raccontare ciò che è accaduto?» continuò, come se riflettesse
a voce alta.
«Sai,
sono preoccupata perché temo che quegli uomini possano escogitare qualcosa di
altrettanto tragico. Bisogna denunciare i fatti al Magistris della città.»
La
gattina continuava a far pulizia allisciandosi il pelo arruffato, poi, con una zampina, sfiorò delicatamente la sua guancia attirando
così la sua attenzione.
Ines
si volse sorpresa da quel gesto e i loro occhi s’incontrarono rimanendo
incatenati in modo arcano.
continua...
racconto di Vivì pubblicato sul sito Scrivere
Immagini del web e Phoneky
Sempre avvincenti e pieni di colpi di scena i brani che presenti alle nostre letture
RispondiEliminaBuona giornata e un sorriso, carissima Vivì, silvia
Letto tutto d'un fiato. A quando la prossima puntata? Non vedo l'ora! Complimenti. 💋💋💋
RispondiEliminaGrazie Vivì per questa storia avvincente che sai sempre raccontare egregiamente.Buona giornata.
RispondiEliminaLette prima e seconda parte.Racconto intrigante e molto piacevole.Commento alla fine .Ciao.Lu.
RispondiEliminaBella continuazione! :)
RispondiEliminaRacconto gradevole e ben strutturati anche i dialoghi tra i personaggi. Intrigante il contesto marinaro della storia e c'è anche la suspence per vedere come va a finire. Un salutone a te.
RispondiEliminaUn racconto molto ben strutturato e ben scritto. Da leggere tutto d'un fiato. Complimenti
RispondiEliminaSempre molto belli i tuoi racconti
RispondiEliminaSaluti
Giorgio
Ciao Vivi ..
RispondiEliminaLa storia della ragazza nel mezzo di una squadra feroce, è una storia tesa.
Mi chiedo se Inez possa sfuggire alle grinfie di quelle bestie?
Buona settimana
Saluti
I tuoi scritti avvolgono il lettore in maniera gradevole, Vivì. L'ho letto con piacere in pochissimi minuti.
RispondiEliminaTi auguro un buon inizio settimana!
che suspance Vivi, mancava il cigolio delle catene e l'urlo del torturato.
RispondiEliminaScherzo, mi hai tenuto sul pezzo per 20 minuti.
Ora caffè forte con questa pioggia cala la palpebra
Buona giornata
Ogni particolare della tuo racconto consente di percepire l'imprevisto in agguato in quel contesto marinaresco. Molto bello. Letto con interesse.
RispondiEliminaCol fiato sospeso😊
RispondiEliminaBuona serata
Hey dear! Loved your post and allready followed your blog, i want invite you to visit and follow my blog back <3
RispondiEliminawww.pimentamaisdoce.blogspot.com
Aspettiamo la prossima parte, dunque !! Che bella la micina dagli occhi verdi !!Anch'io ho sempre parlato con la mia gattina. Buona serata.
RispondiElimina