Malesia, la Signora del male,
conosceva bene la forza e la potenza del bianco stregone, ma ne conosceva bene
anche le debolezze. Sapeva che, oltre a essere un appassionato di musica, alla
musica stessa Kandir era legato, da quando era nato, con maglie indissolubili.
Dalle melodie aveva tratto l’energia necessaria, sempre, in qualunque occasione. Era stata la musica a
scandire e a sottolineare ogni avvenimento importante della sua vita. Ed era
proprio su questa sua passione, e nello stesso tempo debolezza, che la Signora
del male giocò la sua ultima carta.
Lei lo voleva. Se ne era
invaghita alla follia. Bramava con tutte le sue forze possedere quel giovane,
anima e corpo. Proprio lui, che fino a quel momento aveva rifiutato ogni
proposta di passare dalla parte del lato oscuro, di cui lei si riteneva regina
come, del resto, aveva ignorato l’interesse personale che la strega gli aveva
dimostrato.
Era giunto il momento
decisivo. O Kandir si piegava ai suoi voleri e le giurava fedeltà assoluta o
per lui non ci sarebbe stato scampo.
Malesia aveva cercato di
blandirlo con le buone. Aveva sfoggiato le potenti armi di seduzione in suo
possesso, che erano tante e tutte irresistibili. Un corpo sinuoso e procace,
lunghi capelli corvini, morbidi al tatto e profumati, che l’avvolgevano come
un manto, la pelle rosea ed elastica come quella di un bambino e profondi,
immensi occhi neri, che esprimevano tutto il desiderio e la passione che lui le
ispirava.
Kandir, con il suo fascino
innato e la sua sensualità riusciva, inconsapevolmente, a risvegliare tutta la
femminilità della strega e a solleticarne la curiosità e il desiderio di
conoscerlo nell’intimo.
Malesia si sarebbe lasciata
andare nelle sue braccia, se solo lui avesse fatto un cenno.
Purtroppo per lei, Kandir non
aveva ceduto a nessuna delle sue lusinghe né tantomeno al suo fascino, anzi,
seppure con gentilezza, aveva rifiutato, mostrando disinteresse che, lei a
lungo andare aveva interpretato come disprezzo, oltrepassando così i limiti
della sopportazione e dell’ ambizione della strega.
Tuttavia, quello che aveva
indotto Malesia a intervenire, era il fatto che lo stregone aveva già
sviluppato poteri magici troppo grandi e, da quel che lei aveva arguito, vi
erano ancora ampi margini di miglioramento.
Era diventato troppo
pericoloso lasciarlo progredire nelle arti magiche. Un giorno, forse, l’ambizione lo avrebbe portato a sognare di prendere il suo posto e questo lei
non poteva permetterlo.
O lo stregone si piegava al
suo volere oppure Malesia avrebbe posto fine alla sua carriera nel mondo della
stregoneria.
Le note di una lugubre
melodia presero ad aleggiare nell’aria e a formare piccoli mulinelli, che
dapprima lentamente, e poi in vortici sempre più ampi, andarono ad avvolgere lo
stregone, che sembrava come inebetito dalla sorpresa.
«Malesia! Ecco svelato il
mistero! Non avrei mai immaginato che arrivassi a tanto!» esclamò, più allibito
che spaventato. In fin dei conti, fino a quel momento, lei non gli aveva
dimostrato rancore e si era limitata ad avanzare alcune proposte a cui lui
aveva risposto negativamente.
Kandir la guardò.
Lei era bellissima! In quel
momento, in modo particolare. A parte il volto dai lineamenti perfetti e i
grandi occhi neri dalle lunghe ciglia. Se non ci fosse già stata Aster a
occupare i suoi pensieri, probabilmente Kandir si sarebbe lasciato catturare
dal fascino di Malesia.
Indossava una veste
impalpabile che, mossa dal vento le si si appiccicava sul corpo mettendo in
risalto la sua seducente figura.
Vi erano anche stati momenti
in cui lui era rimasto ammaliato dall’ avvenenza della giovane strega, ma la
sua indole malvagia, che lui percepiva sulla pelle, lo aveva convinto a starne
alla larga e a respingerne le pretese.
A Kandir non piacevano i
discorsi ambiziosi e al limite del fanatismo, che lei gli aveva fatto per
convincerlo a unire i loro poteri. Malesia aveva la brama di conquistare terre
e ricchezze, oltre la cattiva abitudine e presunzione di trattare gli altri
esseri viventi come fossero nullità, se non come schiavi e questo lui non
poteva sopportarlo. Malesia non portava rispetto a nessuno e tendeva a sentirsi
superiore a tutto e a tutti.
In quel momento lo stava
guardando con espressione glaciale, ma lo trapassava con gli occhi diventati
due abissali pozzi d’inchiostro nero, in cui annegare le volontà più fragili.
Ma non quella di Kandir, che
percepì un fuoco avvampare nel cuore della strega. Una fiamma devastatrice
pronta ad avvolgere e ad ardere tutto ciò che la circondava.
Nonostante la ferrea
determinazione a resisterle, lo stregone rabbrividì.
Forse fino a quel momento ne
aveva troppo sottovalutato l’effettivo potere ma, adesso, era arrivato il
momento di affrontarlo, prima che degenerasse e che la smisurata ambizione di
lei mettesse in pericolo il mondo intero.
Era tanto preso nelle sue
considerazioni e nell'osservazione di ogni particolare, che non si rese conto
dell’effettivo pericolo che stava correndo.
«Oggi devi decidere! O con
me o contro di me!» l’ammonì Malesia, con un tono di voce soave che serviva a
irretire e a mascherare la sua arroganza.
Lui si riscosse, guardando
per un istante i miseri fluidi corporei degli Zombrac, che correvano lungo il
sentiero, in tanti piccoli rivoli maleodoranti.
«Sei stata tu?» domandò,
anche se sapeva trattarsi di una domanda retorica. In realtà aveva la certezza
che fosse opera sua.
Lei lo scrutò sprezzante: « E
chi altri se no? Conosci qualcun altro così addentro all’ arte dell’ illusione
e dell’ incantesimo?»
Kandir sospirò, amareggiato:
«No! Tu sei unica, Malesia! Ma perché l’hai fatto? Che bisogno avevi di
ricorrere alla magia nera? E soprattutto perché tendermi tanti agguati?»
Lei rise. Una risata
ammaliante, come la sua risposta melodiosa: « Mio caro ragazzo. Ho solo voluto
dimostrarti da che parte stia la forza, il potere della vera magia. Se accetti
di diventare mio suddito e compagno e mi giuri fedeltà, un giorno potremmo
anche governare il mondo insieme.»
«Ti ho già detto una volta
di no. Sono nato uomo libero, convinto che la libertà sia un bene prezioso per
tutti, non solo per me. Non m’interessa il potere, perché non è nella mia
indole governare e comandare sugli altri.»
Gli occhi di Malesia si
strinsero e le iridi si accesero di una luce ferina, selvaggia.
La sua voce si alzò di un
tono, diventando graffiante: «Mi hai già fatto una volta l’affronto di
respingermi e ti ho perdonato perché mi piaci, lo sai. Tuttavia, non posso
tollerare un altro tuo rifiuto. Lo capisci?»
Kandir alzò le spalle, in modo
noncurante: «Mi dispiace Malesia, non me la sento, cerca di comprendere.
Piuttosto, a questo punto mi viene logico sospettare che tu sia anche l’artefice della sparizione delle mie amiche!»
Malesia tacque, scrutandolo
con curiosità, poi rise: «Le tue amiche? A quanto pare ti sei lasciato
ingannare come uno sprovveduto!»
«Che vuoi dire? Forse un’altra malignità delle tue?»
Un ghigno distorse le belle
labbra della strega: «Povero sciocco! E, comunque, non ha nessuna importanza!
Mi piace lasciare che la tua mente navighi nelle acque torbide del dubbio!»
Kandir che aveva mostrato
molta pazienza fino a quel momento, proprio per non provocare la sua collera,
ora iniziava a trovare molto esasperante le sue insinuazioni e quell’
atteggiamento derisorio. Strinse comunque i pugni e cercò di non perdere
la calma: «Lasciamo perdere gli enigmi e piuttosto, dimmi dove sono, te ne
prego!»
«La civetta o quella insulsa
ninfa? Credimi! Messe insieme non fanno che un’unica, immensa nullità! Non hai perso niente, mio caro!»
Rise sguaiatamente, divertita
dal suo stesso umorismo. Poi il suo umore cambiò in modo repentino e il suo
sguardo si accese di desiderio.
«Sei bello! Lo sai, vero?»
gli disse sorridendo in modo malizioso e avanzando di un passo, sensuale e flessuosa
come una pantera. Poi tese una mano, forse con l’intenzione di fargli
una carezza e Kandir, temendone il contatto, si ritrasse.
Ancora una volta quel gesto
la mandò su tutte le furie. Il sorriso scomparve sul bel volto, che si
trasformò in una maschera di livore. Malesia tese le sue braccia avanti e
pronunciò una frase incomprensibile a fior di labbra.
In un attimo, il vento si
alzò improvviso, sconvolgendo e gonfiandole la veste e i lunghi capelli, che le
turbinarono intorno. Il suo bel volto, dall'incarnato di porcellana
impallidì, diventando quasi cadaverico e la sua voce assunse un tono cavernoso:
«Se fossi stato più saggio
ti avrei donato tutta me stessa. Giuro che ti pentirai di avermi respinto!»
L’ira della strega era
evidente, quasi tangibile anche nell’aria carica di elettricità. Un cumulo di
nembi scuri si era addensato gravando su quella radura e, proprio in quel
momento, un lampo improvviso illuminò la scena. Fece seguito un tuono
fragoroso, che annunciò la tempesta imminente. Il fulmine colpì un albero nei
pressi e subito una colonna di fumo si levò, espandendo un odore di bruciato.
«Io sono la Signora del male
e tu, microbo, non puoi respingermi!»
Il giovane stregone arretrò
di un passo, ma tentò ancora di blandirla: «Ti prego, cerca di capire! Sei una
bellissima donna, ma il mio cuore appartiene a un’altra!»
Lei non si lasciò
suggestionare, anzi, i suoi occhi ardevano di una luce vendicativa. Malesia
sembrava aver perso il lume della ragione e Kandir, arretrò ancora di un passo
sottraendosi alle sue mani tese.
«Cosa dovrei capire? Che sei
uno stolto l’ho capito da tempo! E ora sei soltanto un insetto per me, che
posso schiacciare sotto i piedi in qualsiasi momento.»
La visione che lei offriva
era spettrale, ma Kandir non si lasciò intimorire:
«Se per te sono solo un
insetto, allora perché ti ostini a perseguitarmi?»
Quell’atteggiamento impavido
sorprese Malesia, che riprese il controllo dei nervi.
Il giovane stregone apparì
ancora più affascinante ai suoi occhi. Fu solo un attimo, poi, quel suo
atteggiamento ardimentoso la indispettì ancora di più.
«Basta! Hai osato sfidarmi
troppo e il tempo delle chiacchiere è ormai finito!»
Malesia fece un gesto disegnando nell’aria un complicato arabesco. Una melodia si espanse, salendo di tono e l’incantesimo si compì.
I piedi di Kandir subirono la
malia e vennero catturati nella spirale del motivo e costretti a compiere dei
passi. Il movimento inconsulto salì lentamente alle caviglie, per poi
propagarsi ai polpacci fino alle ginocchia; il giovane tentò di resistere, facendo
forza sui muscoli dei polpacci e dei quadricipiti, ma non vi riuscì.
Le sue gambe sembravano
essere guidate non più dal suo cervello, bensì da un comando alieno e lui non
poté fare altro che osservarle scattare meccanicamente, come prese da
convulsioni.
La sensazione fu di gelo e
sgomento. Si sentì come un burattino guidato tramite dei fili e per lui fu
devastante.
Dall’alto del suo metro e
novanta, osservò sbalordito l’oscillazione propagarsi al bacino e ai suoi
fianchi, quasi in una sorta di ballo di S. Vito, che coinvolgeva la parte
inferiore del suo corpo, mentre la cadenza della musica saliva, fino a divenire
incalzante.
Il suo cuore aumentò i
battiti e il respiro si fece affannoso.
Aveva già sostenuto altre
prove di forza e resistenza contro gli Zombrac e le civette e, il suo fisico,
seppure allenato, iniziava a dare segnali di cedimento.
Quanto ancora poteva
resistere a un simile sforzo?
« Perché… mi fai… questo?»
riuscì a balbettare.
La strega, con l’animo ormai
colmo di rancore, non si degnò nemmeno di rispondere e aumentò il ritmo della
musica, che divenne ossessionante.
Ben presto Kandir si sentì al
limite. Le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte scivolavano lungo il
volto e il collo, formando rivoli gelidi lungo il suo torace e la tunica che
portava sotto l’armatura, fu ben presto pregna e gli si appiccicò addosso.
Aveva cercato in tutti i modi
di contrastare i movimenti delle gambe, che oltre che compiere balzi
improvvisi, ora scalciavano come le zampe di un mulo impazzito.
I pensieri iniziarono ad
accavallarsi e a confondersi. Stava perdendo la lucidità ma se ne accorse in
tempo e tentò di imporsi la calma.
“Respira piano e a fondo. Non cercare di far
forza, piuttosto cerca di assecondare quei movimenti. I tuoi muscoli ne gioveranno” si disse.
In fin dei conti si trattava
soltanto di dominare i suoi nervi e di ridurre il respiro, solo così poteva
sperare di resistere più a lungo.
Si propose quindi di
assecondare il movimento, cercando di risparmiare le forze, fino a che non avesse
trovato una soluzione adeguata a quella situazione di emergenza.
«Sei ancora in tempo ad
arrenderti!» gli propose Malesia, facendo correre uno sguardo interessato sul
corpo del giovane stregone.
Il sopracciglio di Kandir si inarcò in un’espressione perplessa. Quella donna era molto volubile e cambiava
idea facilmente. Ora sembrava di nuovo disposta a scendere a compromessi, pur
di ottenere ciò che considerava l’oggetto del suo desiderio.
Il giovane se ne risentì. Non
sopportava di essere considerato un giocattolo da buttare una volta che lei si
fosse stancata e in quel momento rinunciò a essere remissivo cercando a tutti i
costi una soluzione pacifica e reagì: «No! Te l’ho già detto e te lo ripeto!
Non sono disposto ad assoggettarmi e se tu continuerai a infastidirmi con le
tue pretese, combatterò contro di te.»
Lei s’irrigidì, ma tentò di
mascherare il disappunto e la stizza dietro un sorriso civettuolo.
Il vento smise di soffiare e
la musica ossessionante cambiò di colpo trasformandosi in una melodia
dolcissima. Mentre il tono cavernoso della strega si placava come il vento,
adeguandosi alla soavità della colonna sonora, le gambe di Kandir smisero di
scalciare.
Lo stregone stentò a
ritrovare il normale equilibrio, le ginocchia gli tremavano tanto che rischiò
di cadere.
«Non mi conosci e per
questo ti ostini in questo assurdo diniego. Guarda, non sono bella abbastanza?»
quindi iniziò a volteggiare con grazia infinita sussurrando una nenia. Nell’aria si espanse un dolce sentore di fiori.
La visione che si formò,
incantò il giovane stregone, che paragonò la figura ammaliante della strega a
quella di una ninfa dei boschi. Anche il viso di lei si era addolcito e i suoi
occhi avevano acquisito una maliziosa luce seducente.
La melodia lo aveva
soggiogato e lui sembrava non rendersene conto. Ricambiò quel sorriso, pronto a
correre da lei, se solo avesse fatto un gesto, ma la strega lo tenne sulle
spine e continuò a danzare come se non avesse peso.
La sua voce era pari
al suo aspetto e fiorì nella sua mente germogliando come un tenero virgulto.
«Vieni da me, mio amato.
Vieni e ti renderò felice.»
Quei bisbigli angelici lo
solleticavano, accarezzandogli i pensieri, blandendo il suo sdegno e la sua
volontà, già provati dalle continue lotte fisiche e psicologiche affrontate
fino a quel momento. La seta impalpabile della veste aderiva alla
perfezione al corpo della donna sottolineando le forme accentuate dei seni e dei
fianchi. Kandir non riusciva a staccare gli occhi e avvertì forte la voglia di
abbracciare quel corpo sinuoso e baciare quella bocca invitante.
In quel momento, aveva
dimenticato tutto e nessuna donna al mondo era bella e attraente come lei.
Il giovane avvertì il sangue
scorrere impetuoso, il cuore battere all’impazzata e il desiderio gli mozzò il
respiro in gola.
Il sortilegio messo in atto
dalla strega stava per compiersi.
Lui le si avvicinò deciso ad
accarezzarla e stringerla forte a sé.
Malesia percepì il suo
desiderio e le labbra le s’ incresparono in modo maligno.
«Vieni, vieni da me, mio
caro e troverai il tuo paradiso!»
Incapace di connettere Kandir
accorciò le distanze ma, in quel momento, una voce s’intrufolò nella sua mente
obnubilata dall’incantesimo.
“No! Non andare! Non cedere!
Sarà la tua dannazione!”
Kandir si fermò a pochi passi
dalla strega. L’avvertimento era giunto come da molto lontano. A chi
apparteneva quella voce?
Il giovane scosse la testa e,
finalmente, percepì il sentore del male. Chiuse gli occhi tentando di scacciare
il profumo allettante, che lei aveva propagato nell’aria per catturare la sua
attenzione.
Non era facile. La dolce
fragranza di fiori allettava i suoi sensi e dovette compiere uno sforzo per
liberarsi da quella malia.
Lo stregone deviò i suoi
pensieri in un’altra direzione aggrappandosi al pensiero dell’amica
Smeraldine.
Negli occhi neri della strega
passò un lampo di disappunto.
Lo scettro che impugnava, emise un bagliore. Malesia lo puntò su Kandir e dallo scettro partì un fascio luminoso di luce verde.
Kandir venne sollevato quasi
fosse senza peso, e poi scagliato violentemente in alto. La potenza del colpo
fu tale, che il suo corpo, venne scaraventato a una cinquantina di metri dalla
radura.
Il giovane rimase tramortito
e passarono parecchi secondi prima che si riprendesse.
Quando la strega tornò all’attacco, era ancora intontito dal violento impatto.
Malesia puntò ancora lo
scettro e per la seconda volta il corpo del giovane levitò nell’aria come se
fosse stato una piuma. La strega iniziò a ridere con una risata stridula e
gonfiò le guance creando un soffio dalla potenza di un ciclone.
Kandir venne catturato in una
carambola infernale.
Senza nessuna possibilità di difesa,
percepì l’inizio della fine e per un attimo si pentì di non aver ceduto alla
strega.
Consapevole di stare vivendo
gli ultimi attimi della sua vita, il cuore prese a battere all’impazzata.
Malesia non si sarebbe data
pace fino a quando non lo avesse ucciso.
Quando tutto sembrava perduto
percepì un richiamo lontano risuonare nella sua mente:
“Kandir devi riscuoterti, o
tutto sarà perduto! La Signora del male non è invincibile, puoi batterla! Ma
devi crederci! Dentro al tuo cuore cova un fuoco inestinguibile, devi solo
trovare il modo di attingervi. Kandir, mi senti?”
Ormai in completa balia del
ciclone, Kandir sbatté le palpebre e balbettò: « Aster… sì, ti sento.»
“Trova la forza in te, Kandir. Fai in
modo che le fiamme divampino alte, così che raggiungano il nostro nemico fino a
lambirlo, e che lo inceneriscano. Salva te, stregone, e nello stesso tempo
avrai salvato noi e il mondo intero dalla distruzione totale!”
Quella voce amica gli carezzò
il cuore e la mente, dandogli la sferzata necessaria, perché si riscuotesse
dall’apatia che minacciava di prevalere su tutti i suoi sensi e che aveva
cominciato ad attanagliare il suo animo stanco.
Quella voce, a cui si
aggrappò come un naufrago a un relitto ma, per sua sfortuna, anche Malesia la
percepì.
«Quella piccola strega non
riuscirà mai ad averti. Se non posso possederti io è escluso che un’altra
possa mai gioire del tuo corpo e della tua anima, mio caro.»
Il ghigno maligno della
Signora del male era inquietante, ma Kandir non si lasciò suggestionare.
Seppure indignato per essere stato equiparato a un oggetto mascherò la sua
rabbia e ribellione tentando un sorriso: forse era il caso di cambiare tattica
e giocare d'astuzia.
Malesia si accorse che
qualcosa era cambiato nell’atteggiamento della sua giovane vittima e per un
attimo rimase sconcertata.
Lui ne approfittò accentuando
un sorriso malizioso, invitante: «In fin dei conti potrei ripensarci» le
disse, abbassando il suo tono e imprimendovi una nota intrigante, che attirò
subito l’attenzione della strega.
Lo sguardo di Kandir percorse
in modo carezzevole il viso di lei, scendendo sul candido collo e seguendo la
curva seducente del seno.
Malesia si lasciò catturare
dall’incanto di quel momento. Rabbrividì visibilmente e le guance le si
imporporarono dall’emozione.
«Finalmente!» mormorò in
modo esultante, chinandosi su di lui e invitandolo a carezzarla. Presa dalla
sua folle passione, il respiro le si fece affannoso e il suo sguardo si accese
di desiderio. Malesia le porse le labbra voluttuose di baci, ma in quel
momento, un lampo negli occhi della sua vittima e una lieve esitazione, la
gelarono, inducendola a indietreggiare. Una smorfia inconsapevole di ribrezzo
aveva spinto Kandir a ritrarsi e a evitare ogni intimo contatto.
La donna divenne una statua
terrificante di gelida furia. Per qualche istante sembrò che lei lo volesse
aggredire, protendendo minacciosamente le lunghe unghie, che sembravano artigli
affilati, ma fu solo un attimo e poi il suo corpo si rilassò.
La musica che aveva
accompagnato il soffio impetuoso della strega ridivenne melodiosa e
rassicurante.
Per tutti quei suoi repentini
cambiamenti di umore, Kandir iniziò a dubitare sulla sanità mentale della
donna. Forse la sua follia era arrivata al punto del non ritorno e per questo
ancor più grave e pericolosa di quello che lui aveva pensato. Lo stregone aveva
sempre sottovalutato gli atteggiamenti di Malesia considerandoli capricciosi,
immaturi, e ora se ne pentiva.
A conferma di quelle sue
considerazioni, l’umore e le movenze della strega cambiarono ancora.
Malesia lo stava osservando
con aria delusa: « Ero sul punto di credere che tu potessi cambiare. Che
stupida sono stata!» mormorò, atteggiando le labbra a un broncio bambinesco.
«Malesia, ragiona! Smettiamo
di farci del male e parliamone! Ti prego! Siamo ancora in tempo!»
Le sopracciglia della strega
si aggrottarono: «Parlare? E di che? Di tutti i tuoi rifiuti e i tuoi
imbrogli?» Il tonò s’incupì e divenne gelido: «Il tempo delle parole è
finito. Hai tentato di giocarmi e hai fallito. Ora imparerai a tue spese quanto
costa sfidare la Signora del Male!»
Kandir provò ancora a
rabbonirla: «Malesia, no!»
Lei sorrise: «Ora sei stanco
e vuoi solo riposare, stolto stregone.»
Kandir non fece più caso a
lei e si concentrò invece sulle parole di Smeraldine, la civetta, che poche ore
prima le aveva suggerito di seguire la musica.
“Nel tuo sangue scorre la forza elfica,
Kandir” gli aveva detto un giorno non molto lontano “Anche se preferiresti
dimenticarlo, verrà il giorno che dovrai ricorrere a quell’energia, solo così
potrai prevalere sul male.”
Kandir l’aveva scrutata con
attenzione: “Cosa vuoi dire?”
“Il tuo destino è scritto da
tempo, mio giovane amico. Ti troverai ad affrontare il male e solo ricorrendo
all’ energia elfica che è latente nella tua coscienza, potrai prevalere e
salvare il mondo che ti circonda. Tutto dipende da te. Non rifiutare quello che
sei.”
In quel momento Kandir intuì:
vi era solo un modo per contrastare il sortilegio che condizionava la sua mente
con la musica, ed era contrastarla nello stesso modo.
Allora aprì la mente cercando
nei ricordi, che lui stesso, ripudiando le sue origini, aveva sigillato in
qualche recesso e trovò un ritornello che la madre gli canticchiava quando era
piccolo, per farlo addormentare.
L’immagine della donna tornò
prepotentemente. Gli occhi verdi e penetranti, dello stesso colore delle
sterminate foreste di abeti che lo circondavano e la sua dolce voce da soprano,
che scandiva le note di una melodia.
D’istinto aprì la bocca e le
sue corde vocali vibrarono in modo lieve. Le note imparate dalla madre si espansero
con la sua tonalità tenorile.
Malesia imprecò: «Maledetto!
Credevo che tu avessi rinnegato per sempre le tue origini!»
Lui non ci badò e continuò
imperterrito, anche perché si era reso conto che l’energia cinetica che lo
teneva sospeso in aria si stava attenuando e che il vortice stesso stava diminuendo d’intensità.
Anche la strega se ne rese
conto e inutilmente cercò di contrapporre la sua forza, molto più impetuosa e
violenta. L’energia millenaria della magia benevola della stirpe elfica, non
si piegò a quella oscura, che derivava dalla malvagità.
Malesia prese atto che non
aveva possibilità di prevalere su quella melodia e la sua voce ne risentì,
divenendo incerta e perdendo forza e rimanendo infine senza voce.
Il corpo di Kandir toccò
terra e il giovane, con un balzo acrobatico si rimise in piedi, continuando a
cantare e in cuor suo cogliendo la bellezza e la profondità del canto elfico.
Ogni nota vibrava di forza e
di significato e rimbalzava nell’aria espandendo la sua arcana energia.
La strega, inebetita da
quanto stava avvenendo, iniziò ad arretrare e alla fine si ritrovò con le
spalle costrette contro il tronco poderoso dell’antica quercia.
Al contatto del male
propagato dalla figura della donna, l’albero sussultò di ribrezzo.
«Vattene, creatura del
male!» intimò con voce sofferente. «La tua malefica energia mi scombussola le
radici!»
Malesia, a causa delle spinte
violente del tronco, sussultò e si allontanò stranita.
«Anche la natura ti
respinge, Malesia!» le disse Kandir compatendola.
Lei ebbe un ultimo guizzo di
orgoglio e alzò le mani per emanare un ultimo sortilegio, ma i rami della
quercia si protesero sulle sue braccia imprigionandola.
«Non ti arrendi mai? Non
capisci che è finita?»
Lei si lasciò andare in una
risata sguaiata: «Sei uno stolto! Io non mi arrenderò mai!» disse e il suo
sguardo si posò sull’ammasso di piume e di penne, che erano i miseri resti
dello stormo di civette.
Kandir ne intuì le intenzioni
e protese le sue mani: « Non avrei voluto Malesia, ma tu mi costringi a farlo!»
Un lampo di luce violetto si
propagò dalle sue dita avviluppando il corpo della strega ma lei mormorò una
formula e quel magico legame svanì all’istante. Poi tentò di liberarsi anche
dalla stretta dei rami, ma l’albero rinforzò la presa.
Kandir si limitava a
osservarla, combattuto. Avrebbe tanto voluto risolvere la questione senza
arrivare a farle del male, ma lei aveva dimostrato di non meritare nessuna
pietà o comprensione.
Malesia percepì tutta la sua
indecisione e approfittò di quell’attimo di debolezza. Socchiuse gli occhi e
concentrò tutte le sue energie tentando di rompere l’incantesimo che aveva
costretto gli animaletti del bosco, paralizzati da Kandir in una bolla d’immobilità assoluta. Ma lui si accorse della manovra e, prima che la strega
potesse impedirglielo, mormorò di nuovo una formula.
Il lampo di poco prima
si propagò dalle sue mani più potente e più fulgido di quello precedente,
proprio perché emanato senza più alcuna remora e la strega, impegnata nel suo
sortilegio, non poté evitarlo.
In corpo di Malesia venne inglobato in una potente deflagrazione.
Un urlo inumano di dolore e
di rabbia si espanse nel silenzio della foresta e risuonò a lungo, fino a che
terminò l’agonia della strega.
Quando la magia si dissolse
nell’aria, di lei rimase soltanto un cumulo di stracci fumanti e l’animo del
giovane stregone si colmò di amarezza e malinconia.
Rimase qualche istante a
fissare inebetito il mucchietto che fumava, poi gli volse le spalle tentando di
cancellare dalla sua mente lo sguardo terrorizzato e l’urlo animalesco che
aveva emesso prima di morire.
«Non avrei voluto!»
sussurrò, con il cuore stretto in una morsa «No! Non avrei voluto perché la
vita è sempre sacra!»
In quel momento, si rese
conto di uno strano formicolio sottopelle e con un incantesimo si liberò dell’armatura.
Lo stregone si tastò le
braccia nel punto dove le vene erano più visibili e si meravigliò di sentirle
pulsare in modo anomalo.
“Il sangue che ho sempre
ripudiato, come fosse veleno, scorre con tutta l’energia elfica ereditata dai
miei antenati. Se non fosse stato per questo sangue, non avrei mai potuto
prevalere sulla negromante. Dopo quanto è successo, mai più rifiuterò le mie
origini e mai più mi vergognerò della mia gente.” realizzò, facendo finalmente
pace con se stesso.
Poi si accorse che il
panorama intorno a lui stava cambiando e l’amarezza e lo sfinimento lasciarono
il posto alla sorpresa.
Il bosco lentamente
rinverdiva, mutando l’aspetto tenebroso e tornando a essere quello che era
sempre stato: un luogo di vita e di pace.
La trasformazione avvenne
sotto i suoi occhi e gli colmò l’animo di serenità e meraviglia.
Gli alberi che sembravano
essersi destati da un lungo letargo invernale, sfoggiarono di nuovo la chioma
tenera e verde della primavera. Kandir avvertì il pigolio dei nuovi nati nei
nidi, e rivide gli animaletti correre tra le macchie di arbusti di nuovo
rigogliosi.
«Dove siete stati fino
adesso? Mi volete ancora bene o volete combattere?» domandò sorridendo a uno
scoiattolo, che correva lungo il tronco di un frassino inseguendo un compagno.
L’animaletto gli lanciò un’
occhiata colma di curiosità e squittì e allora Kandir annuì intenerito.
Il bosco era tornato a
rivivere e questo gli colmava il cuore di felicità.
Mentre camminava, alcuni
alberi piegarono con delicatezza le fronde rinverdite e lo sfiorarono,
accarezzandolo.
Kandir se ne beò. La natura
gli dimostrava la sua gratitudine.
Un cono di luce attirò la sua
attenzione, mentre gli appariva l’immagine di Smeraldine, offuscata.
Gli parve che la civetta
volesse trasmettergli un messaggio, ma ancora una volta non capì.
E mentre l’immagine della
sua amica andava sbiadendosi fino a sparire, al suo posto compariva quella
nitida della ninfa del bosco che gli sorrideva, e che gli porgeva le mani.
In quel momento tutto gli fu
chiaro. Ecco cosa aveva voluto dire la strega! Si diede dello sciocco per non
averlo capito prima. Smeraldine ed Aster avevano la stessa, magica essenza, e
si erano fuse in una sola favolosa persona.
Le sue mani erano ancora
strette spasmodicamente attorno all’amuleto e il suo sguardo tornò sul
medaglione.
Aster, la fata del bosco, ora
gli stava sorridendo con dolcezza.
«Lo hai capito, finalmente!» gli disse e lui ricambiò il suo sorriso.
«Vengo da te! Guidami!» le
disse e s’ incamminò con l’ animo leggero.
Fine
Ciao Viviiii!! Bellissimo capitolo e un lavoro meraviglioso
RispondiEliminaSempre sorprendente! Complimenti!
Buona giornata, amica mia
Baci e un sorriso per te 💓✨❤️✨💓╮ (╯3╰) ╭💓✨❤️✨💓
Genial relato me encanto eres muy buena describiendo. Se siente como si estas ahí. Te mando un beso
RispondiEliminaUn brano avvincente e molto particolareggiato, nella sua densa lettura
RispondiEliminaBuona giornata, e un sorriso, carissima,silvia
Grazie per questa bellissima storia!
RispondiEliminaFinale bello e avvincente ,il bene che trionfa sul male, con un pizzico di sensualità,che non guasta in una storia.Nome della strega azzeccatissimo !!!!!Stai attenta !:non credo che i nativi di quel Paese gradiranno.Sempre bravissima.Ciao.Lu.
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