Fantasia

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La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

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martedì 18 maggio 2021

Kandir e la battaglia con gli Zombrac ( epilogo)

 


Malesia, la Signora del male, conosceva bene la forza e la potenza del bianco stregone, ma ne conosceva bene anche le debolezze. Sapeva che, oltre a essere un appassionato di musica, alla musica stessa Kandir era legato, da quando era nato, con maglie indissolubili.

Dalle melodie aveva tratto l’energia necessaria, sempre, in qualunque occasione. Era stata la musica a scandire e a sottolineare ogni avvenimento importante della sua vita. Ed era proprio su questa sua passione, e nello stesso tempo debolezza, che la Signora del male giocò la sua ultima carta.

Lei lo voleva. Se ne era invaghita alla follia. Bramava con tutte le sue forze possedere quel giovane, anima e corpo. Proprio lui, che fino a quel momento aveva rifiutato ogni proposta di passare dalla parte del lato oscuro, di cui lei si riteneva regina come, del resto, aveva ignorato l’interesse personale che la strega gli aveva dimostrato.

Era giunto il momento decisivo. O Kandir si piegava ai suoi voleri e le giurava fedeltà assoluta o per lui non ci sarebbe stato scampo.

Malesia aveva cercato di blandirlo con le buone. Aveva sfoggiato le potenti armi di seduzione in suo possesso, che erano tante e tutte irresistibili. Un corpo sinuoso e procace, lunghi capelli corvini, morbidi al tatto e profumati, che l’avvolgevano come un manto, la pelle rosea ed elastica come quella di un bambino e profondi, immensi occhi neri, che esprimevano tutto il desiderio e la passione che lui le ispirava.

Kandir, con il suo fascino innato e la sua sensualità riusciva, inconsapevolmente, a risvegliare tutta la femminilità della strega e a solleticarne la curiosità e il desiderio di conoscerlo nell’intimo.

Malesia si sarebbe lasciata andare nelle sue braccia, se solo lui avesse fatto un cenno. 

Purtroppo per lei, Kandir non aveva ceduto a nessuna delle sue lusinghe né tantomeno al suo fascino, anzi, seppure con gentilezza, aveva rifiutato, mostrando disinteresse che, lei a lungo andare aveva interpretato come disprezzo, oltrepassando così i limiti della sopportazione e dell’ ambizione della strega.

Tuttavia, quello che aveva indotto Malesia a intervenire, era il fatto che lo stregone aveva già sviluppato poteri magici troppo grandi e, da quel che lei aveva arguito, vi erano ancora ampi margini di miglioramento.

Era diventato troppo pericoloso lasciarlo progredire nelle arti magiche. Un giorno, forse, l’ambizione lo avrebbe portato a sognare di prendere il suo posto e questo lei non poteva permetterlo.

O lo stregone si piegava al suo volere oppure Malesia avrebbe posto fine alla sua carriera nel mondo della stregoneria.  

Le note di una lugubre melodia presero ad aleggiare nell’aria e a formare piccoli mulinelli, che dapprima lentamente, e poi in vortici sempre più ampi, andarono ad avvolgere lo stregone, che sembrava come inebetito dalla sorpresa.

«Malesia! Ecco svelato il mistero! Non avrei mai immaginato che arrivassi a tanto!» esclamò, più allibito che spaventato. In fin dei conti, fino a quel momento, lei non gli aveva dimostrato rancore e si era limitata ad avanzare alcune proposte a cui lui aveva risposto negativamente.

Kandir la guardò.

Lei era bellissima! In quel momento, in modo particolare. A parte il volto dai lineamenti perfetti e i grandi occhi neri dalle lunghe ciglia. Se non ci fosse già stata Aster a occupare i suoi pensieri, probabilmente Kandir si sarebbe lasciato catturare dal fascino di Malesia.

Indossava una veste impalpabile che, mossa dal vento le si si appiccicava sul corpo mettendo in risalto la sua seducente figura.

Vi erano anche stati momenti in cui lui era rimasto ammaliato dall’ avvenenza della giovane strega, ma la sua indole malvagia, che lui percepiva sulla pelle, lo aveva convinto a starne alla larga e a respingerne le pretese.

A Kandir non piacevano i discorsi ambiziosi e al limite del fanatismo, che lei gli aveva fatto per convincerlo a unire i loro poteri. Malesia aveva la brama di conquistare terre e ricchezze, oltre la cattiva abitudine e presunzione di trattare gli altri esseri viventi come fossero nullità, se non come schiavi e questo lui non poteva sopportarlo. Malesia non portava rispetto a nessuno e tendeva a sentirsi superiore a tutto e a tutti.

In quel momento lo stava guardando con espressione glaciale, ma lo trapassava con gli occhi diventati due abissali pozzi d’inchiostro nero, in cui annegare le volontà più fragili.

Ma non quella di Kandir, che percepì un fuoco avvampare nel cuore della strega. Una fiamma devastatrice pronta ad avvolgere e ad ardere tutto ciò che la circondava.  

Nonostante la ferrea determinazione a resisterle, lo stregone rabbrividì.

Forse fino a quel momento ne aveva troppo sottovalutato l’effettivo potere ma, adesso, era arrivato il momento di affrontarlo, prima che degenerasse e che la smisurata ambizione di lei mettesse in pericolo il mondo intero.

Era tanto preso nelle sue considerazioni e nell'osservazione di ogni particolare, che non si rese conto dell’effettivo pericolo che stava correndo.

«Oggi devi decidere! O con me o contro di me!» l’ammonì Malesia, con un tono di voce soave che serviva a irretire e a mascherare la sua arroganza.

Lui si riscosse, guardando per un istante i miseri fluidi corporei degli Zombrac, che correvano lungo il sentiero, in tanti piccoli rivoli maleodoranti.

«Sei stata tu?» domandò, anche se sapeva trattarsi di una domanda retorica. In realtà aveva la certezza che fosse opera sua.

Lei lo scrutò sprezzante: « E chi altri se no? Conosci qualcun altro così addentro all’ arte dell’ illusione e dell’ incantesimo?»

Kandir sospirò, amareggiato: «No! Tu sei unica, Malesia! Ma perché l’hai fatto? Che bisogno avevi di ricorrere alla magia nera? E soprattutto perché tendermi tanti agguati?»

Lei rise. Una risata ammaliante, come la sua risposta melodiosa: « Mio caro ragazzo. Ho solo voluto dimostrarti da che parte stia la forza, il potere della vera magia. Se accetti di diventare mio suddito e compagno e mi giuri fedeltà, un giorno potremmo anche governare il mondo insieme.»

«Ti ho già detto una volta di no. Sono nato uomo libero, convinto che la libertà sia un bene prezioso per tutti, non solo per me. Non m’interessa il potere, perché non è nella mia indole governare e comandare sugli altri.»

Gli occhi di Malesia si strinsero e le iridi si accesero di una luce ferina, selvaggia.

La sua voce si alzò di un tono, diventando graffiante: «Mi hai già fatto una volta l’affronto di respingermi e ti ho perdonato perché mi piaci, lo sai. Tuttavia, non posso tollerare un altro tuo rifiuto. Lo capisci?»

Kandir alzò le spalle, in modo noncurante: «Mi dispiace Malesia, non me la sento, cerca di comprendere. Piuttosto, a questo punto mi viene logico sospettare che tu sia anche l’artefice della sparizione delle mie amiche!»

Malesia tacque, scrutandolo con curiosità, poi rise: «Le tue amiche? A quanto pare ti sei lasciato ingannare come uno sprovveduto!»

«Che vuoi dire? Forse un’altra malignità delle tue?»

Un ghigno distorse le belle labbra della strega: «Povero sciocco! E, comunque, non ha nessuna importanza! Mi piace lasciare che la tua mente navighi nelle acque torbide del dubbio!»

Kandir che aveva mostrato molta pazienza fino a quel momento, proprio per non provocare la sua collera, ora iniziava a trovare molto esasperante le sue insinuazioni e quell’ atteggiamento derisorio.  Strinse comunque i pugni e cercò di non perdere la calma: «Lasciamo perdere gli enigmi e piuttosto, dimmi dove sono, te ne prego!»

«La civetta o quella insulsa ninfa? Credimi! Messe insieme non fanno che un’unica, immensa nullità! Non hai perso niente, mio caro!»

Rise sguaiatamente, divertita dal suo stesso umorismo. Poi il suo umore cambiò in modo repentino e il suo sguardo si accese di desiderio.

«Sei bello! Lo sai, vero?» gli disse sorridendo in modo malizioso e avanzando di un passo, sensuale e flessuosa come una pantera.  Poi tese una mano, forse con l’intenzione di fargli una carezza e Kandir, temendone il contatto, si ritrasse.

Ancora una volta quel gesto la mandò su tutte le furie. Il sorriso scomparve sul bel volto, che si trasformò in una maschera di livore. Malesia tese le sue braccia avanti e pronunciò una frase incomprensibile a fior di labbra.

In un attimo, il vento si alzò improvviso, sconvolgendo e gonfiandole la veste e i lunghi capelli, che le turbinarono intorno. Il suo bel volto, dall'incarnato di porcellana impallidì, diventando quasi cadaverico e la sua voce assunse un tono cavernoso:

«Se fossi stato più saggio ti avrei donato tutta me stessa. Giuro che ti pentirai di avermi respinto!»

L’ira della strega era evidente, quasi tangibile anche nell’aria carica di elettricità. Un cumulo di nembi scuri si era addensato gravando su quella radura e, proprio in quel momento, un lampo improvviso illuminò la scena. Fece seguito un tuono fragoroso, che annunciò la tempesta imminente. Il fulmine colpì un albero nei pressi e subito una colonna di fumo si levò, espandendo un odore di bruciato.

«Io sono la Signora del male e tu, microbo, non puoi respingermi!»

Il giovane stregone arretrò di un passo, ma tentò ancora di blandirla: «Ti prego, cerca di capire! Sei una bellissima donna, ma il mio cuore appartiene a un’altra!»

Lei non si lasciò suggestionare, anzi, i suoi occhi ardevano di una luce vendicativa. Malesia sembrava aver perso il lume della ragione e Kandir, arretrò ancora di un passo sottraendosi alle sue mani tese.

«Cosa dovrei capire? Che sei uno stolto l’ho capito da tempo! E ora sei soltanto un insetto per me, che posso schiacciare sotto i piedi in qualsiasi momento.»

La visione che lei offriva era spettrale, ma Kandir non si lasciò intimorire:

«Se per te sono solo un insetto, allora perché ti ostini a perseguitarmi?»

Quell’atteggiamento impavido sorprese Malesia, che riprese il controllo dei nervi.

Il giovane stregone apparì ancora più affascinante ai suoi occhi. Fu solo un attimo, poi, quel suo atteggiamento ardimentoso la indispettì ancora di più.

«Basta! Hai osato sfidarmi troppo e il tempo delle chiacchiere è ormai finito!»

Malesia fece un gesto disegnando nell’aria un complicato arabesco. Una melodia si espanse, salendo di tono e l’incantesimo si compì.

I piedi di Kandir subirono la malia e vennero catturati nella spirale del motivo e costretti a compiere dei passi. Il movimento inconsulto salì lentamente alle caviglie, per poi propagarsi ai polpacci fino alle ginocchia; il giovane tentò di resistere, facendo forza sui muscoli dei polpacci e dei quadricipiti, ma non vi riuscì.

Le sue gambe sembravano essere guidate non più dal suo cervello, bensì da un comando alieno e lui non poté fare altro che osservarle scattare meccanicamente, come prese da convulsioni.

La sensazione fu di gelo e sgomento. Si sentì come un burattino guidato tramite dei fili e per lui fu devastante.

Dall’alto del suo metro e novanta, osservò sbalordito l’oscillazione propagarsi al bacino e ai suoi fianchi, quasi in una sorta di ballo di S. Vito, che coinvolgeva la parte inferiore del suo corpo, mentre la cadenza della musica saliva, fino a divenire incalzante.

Il suo cuore aumentò i battiti e il respiro si fece affannoso.

Aveva già sostenuto altre prove di forza e resistenza contro gli Zombrac e le civette e, il suo fisico, seppure allenato, iniziava a dare segnali di cedimento.

Quanto ancora poteva resistere a un simile sforzo?

« Perché… mi fai… questo?» riuscì a balbettare.

La strega, con l’animo ormai colmo di rancore, non si degnò nemmeno di rispondere e aumentò il ritmo della musica, che divenne ossessionante.

Ben presto Kandir si sentì al limite. Le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte scivolavano lungo il volto e il collo, formando rivoli gelidi lungo il suo torace e la tunica che portava sotto l’armatura, fu ben presto pregna e gli si appiccicò addosso.

Aveva cercato in tutti i modi di contrastare i movimenti delle gambe, che oltre che compiere balzi improvvisi, ora scalciavano come le zampe di un mulo impazzito.

I pensieri iniziarono ad accavallarsi e a confondersi. Stava perdendo la lucidità ma se ne accorse in tempo e tentò di imporsi la calma.

“Respira piano e a fondo. Non cercare di far forza, piuttosto cerca di assecondare quei movimenti. I tuoi muscoli ne gioveranno” si disse.

In fin dei conti si trattava soltanto di dominare i suoi nervi e di ridurre il respiro, solo così poteva sperare di resistere più a lungo.

  Si propose quindi di assecondare il movimento, cercando di risparmiare le forze, fino a che non avesse trovato una soluzione adeguata a quella situazione di emergenza.

«Sei ancora in tempo ad arrenderti!» gli propose Malesia, facendo correre uno sguardo interessato sul corpo del giovane stregone.

Il sopracciglio di Kandir si inarcò in un’espressione perplessa. Quella donna era molto volubile e cambiava idea facilmente. Ora sembrava di nuovo disposta a scendere a compromessi, pur di ottenere ciò che considerava l’oggetto del suo desiderio.

Il giovane se ne risentì. Non sopportava di essere considerato un giocattolo da buttare una volta che lei si fosse stancata e in quel momento rinunciò a essere remissivo cercando a tutti i costi una soluzione pacifica e reagì: «No! Te l’ho già detto e te lo ripeto! Non sono disposto ad assoggettarmi e se tu continuerai a infastidirmi con le tue pretese, combatterò contro di te.»

Lei s’irrigidì, ma tentò di mascherare il disappunto e la stizza dietro un sorriso civettuolo.

Il vento smise di soffiare e la musica ossessionante cambiò di colpo trasformandosi in una melodia dolcissima. Mentre il tono cavernoso della strega si placava come il vento, adeguandosi alla soavità della colonna sonora, le gambe di Kandir smisero di scalciare.

Lo stregone stentò a ritrovare il normale equilibrio, le ginocchia gli tremavano tanto che rischiò di cadere.

 «Non mi conosci e per questo ti ostini in questo assurdo diniego. Guarda, non sono bella abbastanza?» quindi iniziò a volteggiare con grazia infinita sussurrando una nenia. Nell’aria si espanse un dolce sentore di fiori.

La visione che si formò, incantò il giovane stregone, che paragonò la figura ammaliante della strega a quella di una ninfa dei boschi. Anche il viso di lei si era addolcito e i suoi occhi avevano acquisito una maliziosa luce seducente.

La melodia lo aveva soggiogato e lui sembrava non rendersene conto. Ricambiò quel sorriso, pronto a correre da lei, se solo avesse fatto un gesto, ma la strega lo tenne sulle spine e continuò a danzare come se non avesse peso.

La sua voce era pari al suo aspetto e fiorì nella sua mente germogliando come un tenero virgulto.

«Vieni da me, mio amato. Vieni e ti renderò felice.»

Quei bisbigli angelici lo solleticavano, accarezzandogli i pensieri, blandendo il suo sdegno e la sua volontà, già provati dalle continue lotte fisiche e psicologiche affrontate fino a quel momento. La seta impalpabile della veste aderiva alla perfezione al corpo della donna sottolineando le forme accentuate dei seni e dei fianchi. Kandir non riusciva a staccare gli occhi e avvertì forte la voglia di abbracciare quel corpo sinuoso e baciare quella bocca invitante.

In quel momento, aveva dimenticato tutto e nessuna donna al mondo era bella e attraente come lei.

Il giovane avvertì il sangue scorrere impetuoso, il cuore battere all’impazzata e il desiderio gli mozzò il respiro in gola.

Il sortilegio messo in atto dalla strega stava per compiersi.

Lui le si avvicinò deciso ad accarezzarla e stringerla forte a sé.

Malesia percepì il suo desiderio e le labbra le s’ incresparono in modo maligno.

«Vieni, vieni da me, mio caro e troverai il tuo paradiso!»

Incapace di connettere Kandir accorciò le distanze ma, in quel momento, una voce s’intrufolò nella sua mente obnubilata dall’incantesimo.

No! Non andare! Non cedere! Sarà la tua dannazione!”

Kandir si fermò a pochi passi dalla strega. L’avvertimento era giunto come da molto lontano. A chi apparteneva quella voce?

Il giovane scosse la testa e, finalmente, percepì il sentore del male. Chiuse gli occhi tentando di scacciare il profumo allettante, che lei aveva propagato nell’aria per catturare la sua attenzione.

Non era facile. La dolce fragranza di fiori allettava i suoi sensi e dovette compiere uno sforzo per liberarsi da quella malia.

Lo stregone deviò i suoi pensieri in un’altra direzione aggrappandosi al pensiero dell’amica Smeraldine.

Negli occhi neri della strega passò un lampo di disappunto.

Lo scettro che impugnava, emise un bagliore. Malesia lo puntò su Kandir e dallo scettro partì un fascio luminoso di luce verde. 

Kandir venne sollevato quasi fosse senza peso, e poi scagliato violentemente in alto. La potenza del colpo fu tale, che il suo corpo, venne scaraventato a una cinquantina di metri dalla radura.

Il giovane rimase tramortito e passarono parecchi secondi prima che si riprendesse.

Quando la strega tornò all’attacco, era ancora intontito dal violento impatto.

Malesia puntò ancora lo scettro e per la seconda volta il corpo del giovane levitò nell’aria come se fosse stato una piuma. La strega iniziò a ridere con una risata stridula e gonfiò le guance creando un soffio dalla potenza di un ciclone.

Kandir venne catturato in una carambola infernale.

Senza nessuna possibilità di difesa, percepì l’inizio della fine e per un attimo si pentì di non aver ceduto alla strega.

Consapevole di stare vivendo gli ultimi attimi della sua vita, il cuore prese a battere all’impazzata.

Malesia non si sarebbe data pace fino a quando non lo avesse ucciso.

Quando tutto sembrava perduto percepì un richiamo lontano risuonare nella sua mente:

Kandir devi riscuoterti, o tutto sarà perduto! La Signora del male non è invincibile, puoi batterla! Ma devi crederci! Dentro al tuo cuore cova un fuoco inestinguibile, devi solo trovare il modo di attingervi. Kandir, mi senti?”

Ormai in completa balia del ciclone, Kandir sbatté le palpebre e balbettò: « Aster… sì, ti sento.»

 “Trova la forza in te, Kandir. Fai in modo che le fiamme divampino alte, così che raggiungano il nostro nemico fino a lambirlo, e che lo inceneriscano. Salva te, stregone, e nello stesso tempo avrai salvato noi e il mondo intero dalla distruzione totale!” 

Quella voce amica gli carezzò il cuore e la mente, dandogli la sferzata necessaria, perché si riscuotesse dall’apatia che minacciava di prevalere su tutti i suoi sensi e che aveva cominciato ad attanagliare il suo animo stanco.

Quella voce, a cui si aggrappò come un naufrago a un relitto ma, per sua sfortuna, anche Malesia la percepì.

«Quella piccola strega non riuscirà mai ad averti. Se non posso possederti io è escluso che un’altra possa mai gioire del tuo corpo e della tua anima, mio caro.»

Il ghigno maligno della Signora del male era inquietante, ma Kandir non si lasciò suggestionare. Seppure indignato per essere stato equiparato a un oggetto mascherò la sua rabbia e ribellione tentando un sorriso: forse era il caso di cambiare tattica e giocare d'astuzia.

Malesia si accorse che qualcosa era cambiato nell’atteggiamento della sua giovane vittima e per un attimo rimase sconcertata.

Lui ne approfittò accentuando un sorriso malizioso, invitante: «In fin dei conti potrei ripensarci» le disse, abbassando il suo tono e imprimendovi una nota intrigante, che attirò subito l’attenzione della strega.

Lo sguardo di Kandir percorse in modo carezzevole il viso di lei, scendendo sul candido collo e seguendo la curva seducente del seno.

Malesia si lasciò catturare dall’incanto di quel momento. Rabbrividì visibilmente e le guance le si imporporarono dall’emozione.

«Finalmente!» mormorò in modo esultante, chinandosi su di lui e invitandolo a carezzarla. Presa dalla sua folle passione, il respiro le si fece affannoso e il suo sguardo si accese di desiderio.  Malesia le porse le labbra voluttuose di baci, ma in quel momento, un lampo negli occhi della sua vittima e una lieve esitazione, la gelarono, inducendola a indietreggiare. Una smorfia inconsapevole di ribrezzo aveva spinto Kandir a ritrarsi e a evitare ogni intimo contatto.

La donna divenne una statua terrificante di gelida furia. Per qualche istante sembrò che lei lo volesse aggredire, protendendo minacciosamente le lunghe unghie, che sembravano artigli affilati, ma fu solo un attimo e poi il suo corpo si rilassò.

La musica che aveva accompagnato il soffio impetuoso della strega ridivenne melodiosa e rassicurante.

Per tutti quei suoi repentini cambiamenti di umore, Kandir iniziò a dubitare sulla sanità mentale della donna. Forse la sua follia era arrivata al punto del non ritorno e per questo ancor più grave e pericolosa di quello che lui aveva pensato. Lo stregone aveva sempre sottovalutato gli atteggiamenti di Malesia considerandoli capricciosi, immaturi, e ora se ne pentiva.

A conferma di quelle sue considerazioni, l’umore e le movenze della strega cambiarono ancora.

Malesia lo stava osservando con aria delusa: « Ero sul punto di credere che tu potessi cambiare. Che stupida sono stata!» mormorò, atteggiando le labbra a un broncio bambinesco.

«Malesia, ragiona! Smettiamo di farci del male e parliamone! Ti prego! Siamo ancora in tempo!»

Le sopracciglia della strega si aggrottarono: «Parlare? E di che? Di tutti i tuoi rifiuti e i tuoi imbrogli?» Il tonò s’incupì e divenne gelido: «Il tempo delle parole è finito. Hai tentato di giocarmi e hai fallito. Ora imparerai a tue spese quanto costa sfidare la Signora del Male!»

Kandir provò ancora a rabbonirla: «Malesia, no!»

Lei sorrise: «Ora sei stanco e vuoi solo riposare, stolto stregone.»

Kandir non fece più caso a lei e si concentrò invece sulle parole di Smeraldine, la civetta, che poche ore prima le aveva suggerito di seguire la musica.

“Nel tuo sangue scorre la forza elfica, Kandir” gli aveva detto un giorno non molto lontano “Anche se preferiresti dimenticarlo, verrà il giorno che dovrai ricorrere a quell’energia, solo così potrai prevalere sul male.”

Kandir l’aveva scrutata con attenzione: “Cosa vuoi dire?

Il tuo destino è scritto da tempo, mio giovane amico. Ti troverai ad affrontare il male e solo ricorrendo all’ energia elfica che è latente nella tua coscienza, potrai prevalere e salvare il mondo che ti circonda. Tutto dipende da te. Non rifiutare quello che sei.”

In quel momento Kandir intuì: vi era solo un modo per contrastare il sortilegio che condizionava la sua mente con la musica, ed era contrastarla nello stesso modo.

Allora aprì la mente cercando nei ricordi, che lui stesso, ripudiando le sue origini, aveva sigillato in qualche recesso e trovò un ritornello che la madre gli canticchiava quando era piccolo, per farlo addormentare.

                                   

L’immagine della donna tornò prepotentemente. Gli occhi verdi e penetranti, dello stesso colore delle sterminate foreste di abeti che lo circondavano e la sua dolce voce da soprano, che scandiva le note di una melodia.

D’istinto aprì la bocca e le sue corde vocali vibrarono in modo lieve. Le note imparate dalla madre si espansero con la sua tonalità tenorile.

Malesia imprecò: «Maledetto! Credevo che tu avessi rinnegato per sempre le tue origini!»

Lui non ci badò e continuò imperterrito, anche perché si era reso conto che l’energia cinetica che lo teneva sospeso in aria si stava attenuando e che il vortice stesso stava diminuendo d’intensità.

Anche la strega se ne rese conto e inutilmente cercò di contrapporre la sua forza, molto più impetuosa e violenta. L’energia millenaria della magia benevola della stirpe elfica, non si piegò a quella oscura, che derivava dalla malvagità.

Malesia prese atto che non aveva possibilità di prevalere su quella melodia e la sua voce ne risentì, divenendo incerta e perdendo forza e rimanendo infine senza voce.

Il corpo di Kandir toccò terra e il giovane, con un balzo acrobatico si rimise in piedi, continuando a cantare e in cuor suo cogliendo la bellezza e la profondità del canto elfico.

Ogni nota vibrava di forza e di significato e rimbalzava nell’aria espandendo la sua arcana energia.

La strega, inebetita da quanto stava avvenendo, iniziò ad arretrare e alla fine si ritrovò con le spalle costrette contro il tronco poderoso dell’antica quercia.

Al contatto del male propagato dalla figura della donna, l’albero sussultò di ribrezzo.

«Vattene, creatura del male!» intimò con voce sofferente. «La tua malefica energia mi scombussola le radici!»

Malesia, a causa delle spinte violente del tronco, sussultò e si allontanò stranita.

«Anche la natura ti respinge, Malesia!» le disse Kandir compatendola.

Lei ebbe un ultimo guizzo di orgoglio e alzò le mani per emanare un ultimo sortilegio, ma i rami della quercia si protesero sulle sue braccia imprigionandola.

«Non ti arrendi mai? Non capisci che è finita?»

Lei si lasciò andare in una risata sguaiata: «Sei uno stolto! Io non mi arrenderò mai!» disse e il suo sguardo si posò sull’ammasso di piume e di penne, che erano i miseri resti dello stormo di civette.

Kandir ne intuì le intenzioni e protese le sue mani: « Non avrei voluto Malesia, ma tu mi costringi a farlo!»

Un lampo di luce violetto si propagò dalle sue dita avviluppando il corpo della strega ma lei mormorò una formula e quel magico legame svanì all’istante. Poi tentò di liberarsi anche dalla stretta dei rami, ma l’albero rinforzò la presa.

Kandir si limitava a osservarla, combattuto. Avrebbe tanto voluto risolvere la questione senza arrivare a farle del male, ma lei aveva dimostrato di non meritare nessuna pietà o comprensione.

Malesia percepì tutta la sua indecisione e approfittò di quell’attimo di debolezza. Socchiuse gli occhi e concentrò tutte le sue energie tentando di rompere l’incantesimo che aveva costretto gli animaletti del bosco, paralizzati da Kandir in una bolla d’immobilità assoluta. Ma lui si accorse della manovra e, prima che la strega potesse impedirglielo, mormorò di nuovo una formula.

  Il lampo di poco prima si propagò dalle sue mani più potente e più fulgido di quello precedente, proprio perché emanato senza più alcuna remora e la strega, impegnata nel suo sortilegio, non poté evitarlo.  

In corpo di Malesia venne inglobato in una potente deflagrazione.

Un urlo inumano di dolore e di rabbia si espanse nel silenzio della foresta e risuonò a lungo, fino a che terminò l’agonia della strega.

Quando la magia si dissolse nell’aria, di lei rimase soltanto un cumulo di stracci fumanti e l’animo del giovane stregone si colmò di amarezza e malinconia. 

Rimase qualche istante a fissare inebetito il mucchietto che fumava, poi gli volse le spalle tentando di cancellare dalla sua mente lo sguardo terrorizzato e l’urlo animalesco che aveva emesso prima di morire.

«Non avrei voluto!» sussurrò, con il cuore stretto in una morsa «No! Non avrei voluto perché la vita è sempre sacra!»

In quel momento, si rese conto di uno strano formicolio sottopelle e con un incantesimo si liberò dell’armatura.

Lo stregone si tastò le braccia nel punto dove le vene erano più visibili e si meravigliò di sentirle pulsare in modo anomalo.

“Il sangue che ho sempre ripudiato, come fosse veleno, scorre con tutta l’energia elfica ereditata dai miei antenati. Se non fosse stato per questo sangue, non avrei mai potuto prevalere sulla negromante. Dopo quanto è successo, mai più rifiuterò le mie origini e mai più mi vergognerò della mia gente.” realizzò, facendo finalmente pace con se stesso.

Poi si accorse che il panorama intorno a lui stava cambiando e l’amarezza e lo sfinimento lasciarono il posto alla sorpresa.

Il bosco lentamente rinverdiva, mutando l’aspetto tenebroso e tornando a essere quello che era sempre stato: un luogo di vita e di pace.

La trasformazione avvenne sotto i suoi occhi e gli colmò l’animo di serenità e meraviglia.

Gli alberi che sembravano essersi destati da un lungo letargo invernale, sfoggiarono di nuovo la chioma tenera e verde della primavera. Kandir avvertì il pigolio dei nuovi nati nei nidi, e rivide gli animaletti correre tra le macchie di arbusti di nuovo rigogliosi.

«Dove siete stati fino adesso? Mi volete ancora bene o volete combattere?» domandò sorridendo a uno scoiattolo, che correva lungo il tronco di un frassino inseguendo un compagno.

L’animaletto gli lanciò un’ occhiata colma di curiosità e squittì e allora Kandir annuì intenerito.

Il bosco era tornato a rivivere e questo gli colmava il cuore di felicità.

Mentre camminava, alcuni alberi piegarono con delicatezza le fronde rinverdite e lo sfiorarono, accarezzandolo.

Kandir se ne beò. La natura gli dimostrava la sua gratitudine.

Un cono di luce attirò la sua attenzione, mentre gli appariva l’immagine di Smeraldine, offuscata.

Gli parve che la civetta volesse trasmettergli un messaggio, ma ancora una volta non capì.

E mentre l’immagine della sua amica andava sbiadendosi fino a sparire, al suo posto compariva quella nitida della ninfa del bosco che gli sorrideva, e che gli porgeva le mani.

In quel momento tutto gli fu chiaro. Ecco cosa aveva voluto dire la strega! Si diede dello sciocco per non averlo capito prima. Smeraldine ed Aster avevano la stessa, magica essenza, e si erano fuse in una sola favolosa persona.

Le sue mani erano ancora strette spasmodicamente attorno all’amuleto e il suo sguardo tornò sul medaglione.

Aster, la fata del bosco, ora gli stava sorridendo con dolcezza.

«Lo hai capito, finalmente!» gli disse e lui ricambiò il suo sorriso.  

«Vengo da te! Guidami!» le disse e s’ incamminò con l’ animo leggero.

Fine


                                     


 Racconto pubblicato sul sito Scrivere

Immagini Pinterest e Phoneky

5 commenti:

  1. Ciao Viviiii!! Bellissimo capitolo e un lavoro meraviglioso
    Sempre sorprendente! Complimenti!
    Buona giornata, amica mia
    Baci e un sorriso per te 💓✨❤️✨💓╮ (╯3╰) ╭💓✨❤️✨💓

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  2. Genial relato me encanto eres muy buena describiendo. Se siente como si estas ahí. Te mando un beso

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  3. Un brano avvincente e molto particolareggiato, nella sua densa lettura
    Buona giornata, e un sorriso, carissima,silvia

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  4. Grazie per questa bellissima storia!

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  5. Finale bello e avvincente ,il bene che trionfa sul male, con un pizzico di sensualità,che non guasta in una storia.Nome della strega azzeccatissimo !!!!!Stai attenta !:non credo che i nativi di quel Paese gradiranno.Sempre bravissima.Ciao.Lu.

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