Il ciglio del baratro si trovava a una decina di metri sulla mia testa e io ero ormai esausto.
Dovevo riprendere fiato, ma non ne avevo il
tempo. Mi volsi verso l’altra sponda e vidi gli inseguitori che mi guardavano
sghignazzando. Dovevo affrettarmi. Prima o poi si sarebbero resi conto che ero
un facile bersaglio per le loro frecce.
Urlai ai compagni di portare in salvo la
famigliola, ma solo uno di loro ubbidì all’ordine. Gli altri si sdraiarono sull’orlo
dell’abisso e incoccarono a loro volta i dardi ai loro archi. Avevano
formato una barriera difensiva e chiunque dall’altra parte avesse tentato di
colpirmi, avrebbe a sua volta offerto un valido bersaglio. Li ringraziai
mentalmente e iniziai la faticosa arrampicata.
I bicipiti, rimasti troppo a lungo sotto
sforzo, mi cedettero e dovetti lottare per rimanere appeso. Sentii chiaramente
i miei compagni urlare ma fu solo per un soffio e, per pura fortuna, che non
precipitai.
Emisi un sospiro di sollievo e ringraziai
mentalmente la mia buona sorte ma, in quel momento, iniziai anche a temere di
non farcela! Ero rimasto privo di energie e forse anche della volontà di
rimanere appeso. I muscoli delle braccia mi bruciavano per lo sforzo e tremavo
in ogni fibra del mio essere. Guardai all’insù. La distanza da coprire non era
molta ma a me sembrava enorme. Eppure, scrollai la testa da ogni cattivo pensiero
cercando di attingere all’istinto di sopravvivenza le ultime stille di energia.
Non dovevo cedere alla disperazione. La salvezza era lì in alto, a pochi metri
dalle mie mani.
Tesi disperatamente le braccia riuscendo ad
aggrapparmi e ritrovandomi a oscillare come un pendolo,
con le mani appese alla parete a strapiombo.
Il cuore mi martellava alle tempie ed ero ormai
a corto di ossigeno; cercai un appoggio con i piedi senza trovarlo, ma le mie
mani scivolavano lentamente e perdevano la presa.
Sapevo di non poter resistere ancora per molto
in quella posizione.
Sebbene fossi riuscito a raggiungere la cima
del burrone ero a un passo dalla morte!
Nessuno poteva aiutarmi. Risi amaramente dentro
di me e, forse, dissi anche addio a tutte le cose belle, gli eventi e le
avventure vissute durante la mia breve esistenza.
Fu proprio il mio amico Tien Wong ad accorrere
in mio soccorso con un altro compagno. Tien
tese le braccia al massimo pur di raggiungere le mie mani, ma nonostante tutti
i suoi sforzi riuscì soltanto a sfiorarmi le dita. Eravamo ancora troppo lontani. Scossi la
testa, ringraziandolo mentalmente per la sua generosità, ma lui non si arrese. Allora
compì un gesto eroico mettendo a repentaglio anche la sua incolumità pur di
salvarmi la vita. Un gesto che avrei ricordato in eterno. Tien chiese al compagno di afferrarlo per le
caviglie e si fece calare lungo la parete dell’orrido a testa in giù. In quel
modo riuscì ad afferrarmi per le braccia e ci ritrovammo a scrutarci negli
occhi.
«Pazzo!» lo rimproverai, pur provando un
immenso sollievo per i miei poveri muscoli e per la mia stessa vita. In quel
momento, però, le nostre esistenze erano affidate alla forza, al coraggio e alla
resistenza del compagno che, sdraiato sul ciglio, sosteneva il peso di entrambi.
Quel giorno, comunque, le stelle erano con noi! Non solo ci difesero dalla
pioggia di frecce che ci cadeva intorno, ma diedero anche le energie necessarie
al nostro compagno affinché riuscisse a sollevarci entrambi.
Quando finalmente mi ritrovai in salvo, li
guardai con il cuore colmo di ammirazione e di gratitudine. Come avevo potuto
dubitare?
Il terrore del precipizio mi aveva annebbiato
la mente, e fatto sottovalutare la solidarietà dei compagni, il loro sprezzo
del pericolo e la prontezza di spirito. Avevano sfidato un nugolo di frecce per
aiutarmi e io gliene ero grato.
I dardi piovevano intorno a noi, ma io mi
reggevo a stento sulle gambe. Mi ripararono con il loro corpo e mi sostennero
mentre correvamo al riparo.
Quando arrivammo mi lasciai cadere a terra,
esausto e stressato dalle tante emozioni vissute. I bambini mi circondarono, salutandomi
con urla e salti di gioia mentre, l’imperatrice, socchiuse gli occhi e annuì dolcemente
con il capo.
Non disse una parola, ma nei suoi occhi lessi il
sollievo e la contentezza.
Volsi ancora uno sguardo ai nemici al di là del
burrone. Tra noi e loro c’era l’abisso e se non rinunciavano a inseguirci,
erano costretti a fare un lungo giro per raggiungerci. Almeno per il momento,
eravamo in salvo.
Resisi conto che la loro preda era sfuggita,
erano lividi di rabbia. Inveivano e continuavano inutilmente a bersagliare la nostra
sponda di frecce. I miei compagni li derisero e per qualche istante, mentre
riprendevo fiato, li lasciai fare, quindi ordinai di riprendere il cammino.
La notte, scesa improvvisa, era troppo oscura
senza la perlacea luce della luna, coperta da un cumulo di nuvole ma, in compenso, c’era una
distesa di stelle occhieggianti da lasciare senza fiato.
Trovammo un riparo tra le rocce, perché i
bambini mostravano segni di stanchezza e, sinceramente, anche noi eravamo
esausti. Dopo essermi assicurato che la
famiglia reale avesse abbastanza agio, mi rilassai. Finalmente potevamo riposare
tranquilli. Non sussistendo nemmeno più il timore di essere individuati da lontano,
accendemmo dei falò per riscaldarci dal vento gelido della notte, e per cuocere
un po' di carne sulla brace. Le nostre riserve di cibo erano poche e furono in molti
quelli tra noi adulti a rinunciare alla loro porzione di carne per nutrire i piccoli.
Ben presto avremmo dovuto tornare a cacciare.
Intorno al fuoco ringraziai i miei compagni per
il loro pronto intervento e in modo particolare Tien Wong: «Rimango in debito
con te, amico mio! Hai rischiato la vita per salvare la mia.»
Lui scosse la testa in modo modesto: «Scommetto
che avresti fatto altrettanto per me, Hui!»
Annuii, ma avvertivo l’emozione crescere nel
mio petto e per evitare i lucciconi agli occhi, li abbassai e gli protesi il
pugno. Lui fece altrettanto e ci toccammo: «Non lo dimenticherò mai, Tien!»
«Lo so!» concluse, sorridendo.
Dopo aver disposto per precauzione i turni di guardia, mi abbandonai finalmente a un sonno ristoratore.
Monastero
Del Canto del Vento
I miei compagni mi avevano permesso di
sospendere il racconto di mio padre e delle sue avventure con la famiglia reale
solo dopo che ebbi promesso che avrei continuato la sera dopo. Così ci
addormentammo, fantasticando sulle imprese dei grandiosi monaci guerrieri. Io,
in particolar modo, avevo impressa nella mente la figura di mio padre mentre
affrontava le innumerevoli insidie della montagna, e quell’immagine mi accompagnò
anche dopo aver oltrepassato la soglia del regno onirico.
Il mattino dopo il Venerabile Padre mi mandò a chiamare.
Mi affrettai a raggiungerlo e mi inchinai nell’antico saluto, così come ci era
stato insegnato e sentivamo doveroso fare noi tutti davanti al sommo capo del
monastero. Mi portai la mano aperta sul cuore, quindi sulla fronte e attesi a
capo chino che parlasse.
Si trattava di una personalità carismatica, dal
passato glorioso, che aveva vissuto un’esistenza avventurosa, combattuto
innumerevoli battaglie con una serie infinita di vittorie. Oltre a essere in
soggezione ero talmente emozionato, che sentivo il cuore battere forte nel petto.
«Salute a te, Hui Ling! Ho avuto il privilegio
di conoscere tuo padre, e anche quello di combattere al suo fianco» mi salutò
il santo uomo, dopo avermi studiato per qualche secondo.
Ora potevo parlare. Cercai di dare alla mia
voce un’intonazione umile, poiché mi trovavo davanti a una persona la cui
aurea mistica suggestionava tutti noi giovani aspiranti monaci. La sua fama incuteva un grande timore reverenziale.
«Mio padre mi ha parlato di te, venerabile
padre! Sono onorato di fare la tua
conoscenza e di far parte di questo onorevole gruppo!» risposi, rivolgendomi
alla sua persona con il temine più appropriato.
Il Gran Maestro non rispose subito, ma per
lunghi istanti si limitò a scrutarmi con attenzione. Mentre lui squadrava ogni
centimetro del mio corpo, valutandone la solidità e la prestanza, approfittai di
quei momenti e studiai il suo volto con altrettanta curiosità. Non so con quale
temerarietà lo feci. Forse fu l’ardore giovanile, che mi spingeva a desiderare
di essere come lui e riuscire un giorno a emularne la personalità e le gesta.
Poi, inevitabilmente, i nostri sguardi si
incrociarono e io avvertii il mio volto in fiamme. Chinai il capo e percepii
che mi stava sondando l’animo.
«Guardami, Hui!» mi disse, mentre un lieve
sorriso gli increspava le labbra.
«Trovo che assomigli molto a tuo padre e ne
sono lieto, inoltre, i tuoi insegnanti mi hanno parlato bene di te e dei
progressi da te acquisiti ogni giorno di più in questa nobile arte. So che stai
raccontando la storia di tuo padre e della famiglia imperiale ai tuoi
compagni. Io ero al suo fianco in quei giorni
e ne sono testimone. Ricordo con grande orgoglio le traversie vissute da noi
tutti durante quella terribile traversata del passo e della discesa dalla montagna.
Non serve che ti dica che tuo padre si è comportato eroicamente, salvando la
vita a tutti noi. Quando è stato
costretto a lasciare il monastero, dopo aver subito la mutilazione, tanti di
noi hanno versato lacrime di amarezza.»
Le sue parole mi avevano sorpreso e commosso.
Ignoravo il fatto che conoscesse mio padre e che addirittura avessero vissuto insieme
quell’avventura.
«Venerabile padre, forse sarebbe più giusto che
raccontaste voi ai miei compagni ciò che accadde in quei giorni!»
«No, mio caro ragazzo! Penso che sia più giusto
che lo faccia tu! Solo una cosa ti domando. D’ora in poi dovrai farlo nella
sala delle udienze, in modo che la storia gloriosa dei monaci guerrieri, venga
sentita da tutti gli abitanti del monastero. Te la senti di farlo, figliolo?»
«Ci proverò, maestro!» risposi all’onorevole
decano.
Il saggio uomo mi congedò, ma mi parve di
sentire il suo sguardo accompagnarmi benevolmente al di fuori di quella stanza.
Quella sera, subito dopo cena, fummo convocati
tutti nella sala delle udienze. Mi fecero salire nel pulpito situato al centro
di quella grande sala cerimoniale, e lì con voce rotta dall’emozione, dapprima tentennante
e poi sempre più decisa, ricominciai il mio racconto. Erano presenti molte decine
di persone, tutte pronte ad ascoltarmi e per me fu assai difficile concentrarmi.
Montagna
Sacra 20 anni prima
“Avevamo dovuto abbandonare i cavalli al di là
del burrone e passata la prima euforia per aver superato il terrificante ostacolo,
noi adulti fummo di nuovo presi dall’ansia nel constatare la reale drammaticità
delle nostre condizioni.
Eravamo sperduti in mezzo alle montagne con temperature
rigidissime, il tempo che non prometteva nulla di buono e, per finire, senza acqua
e senza viveri di scorta.
La mia maggiore preoccupazione erano i bambini.
Mi domandavo quanto fossero in grado di resistere in condizioni talmente
estreme, da minare anche la resistenza di uomini temprati.
Nonostante l’inquietudine che cresceva di ora
in ora, cercai di scacciare ogni pensiero importuno e impegnarmi ancora di più
al fine di limitare al massimo i loro disagi e le sofferenze. Dovevamo ringraziare gli dei tutti quanti se
eravamo ancora vivi e solo il fatto di essere ancora tutti insieme e in buona
salute doveva bastarci.
Mi addormentai comunque, pensando ai problemi
che avrei dovuto affrontare l'indomani, senza presagire che quello che ci attendeva
era ancor peggio di quanto era già avvenuto.
Quando vennero a svegliarmi per il mio turno di
guardia, aveva appena iniziato a nevicare. Perlomeno, avevamo risolto il problema
dell’acqua, considerato che si poteva sciogliere la neve e bollirla.
Ma ero altresì consapevole che una semplice
nevicata a quell'altezza, in pochi minuti poteva trasformarsi in una tormenta,
che avrebbe potuto continuare per giorni e giorni, ininterrotta. Se ciò fosse accaduto,
saremmo rimasti isolati e bloccati. Non potevo permetterlo, non con i bambini
al seguito e privi di scorte di cibo. Dovevamo assolutamente andare a caccia.
Ognuno di noi era un abile cacciatore. Eravamo
stati addestrati al tiro con l’arco, e a quello della lancia, e con quelle armi,
ben poche prede potevano sfuggirci.
Il solo dubbio che condividevo con i miei
compagni era: dove trovare le prede a quell’altezza e con quel tempo?
Nessuno ebbe il coraggio di palesare il
problema davanti ai bambini e ognuno di noi tacque, mostrando invece sicurezza.
Ci prese la smania di scendere di quota e ci
preparammo a ripartire. Senza più cavalcature, ognuno degli adulti si fece
carico di assicurarsi uno dei piccoli sulla schiena, e ci avviammo sul sentiero
in discesa.
Mai decisione si rivelò più azzardata!
Come avevo paventato, dopo nemmeno un'ora
arrancavamo in mezzo a una tormenta spaventosa. Non potevamo proseguire e
nemmeno tornare indietro. I piccoli ricominciarono a piangere per il freddo.
Il rischio più grande, pensai, era che qualcuno
cadesse in un crepaccio. Per questo decisi di fermarci, dovevamo assolutamente
trovare un rifugio.
Liberai tre miei compagni dal fardello che portavano
sulla schiena mandandoli in esplorazione. Non prima di aver segnalato loro,
tramite un pezzo di stoffa rossa attaccata a un ramo, il punto preciso in cui
ci eravamo fermati, cosicché avrebbero potuto ritrovarci anche in mezzo alla
bufera.
Con gli altri miei compagni mi diedi da fare
per costruire un riparo provvisorio, che seppur precario, ci avrebbe aiutato,
sin quando gli altri non avessero trovato un rifugio più sicuro.
Legai saldamente le nostre coperte l'una all'altra
a dei pali di fortuna, e sotto quella tenda improvvisata cominciammo l'attesa.
Solo due di loro fecero ritorno. Uno era
ferito, mentre del terzo non si seppe più nulla.
Perlomeno i due avevano trovato un possibile ricovero
in una caverna, dove ci dirigemmo subito.
Legammo di nuovo i principi l’uno all'altro per
il timore che si smarrissero in mezzo al turbinio della fitta nevicata, e assicurammo
ancora una volta i più piccoli sulla nostra schiena, affinché non
sprofondassero nella coltre nevosa già alta.
Anche l'imperatrice avrebbe voluto farsi carico
di un piccolo ma io glielo negai. Già si proseguiva a stento sulla neve alta e
nella bufera e se glielo avessi concesso si sarebbe trovata presto in grande
difficoltà. «No, mia signora. Ci pensiamo noi a portare i bambini.» le dissi,
in modo deciso. Lei annuì, anche se le lessi nello sguardo che non era d’accordo.
Misi Tien ad aprire la marcia, e un altro in
retroguardia. Eravamo tutti con i sensi all'erta, poiché il pericolo che qualcuno
cadesse in una voragine era altissimo. Fu allora che avvertii il lugubre
richiamo.
In principio, mi parve il sibilo del vento che
soffiava impetuoso sferzandoci la pelle con le sue carezze gelide, ma poi tesi
le orecchie e questa volta non potei fare a meno di rabbrividire. Non era il
freddo! Erano ululati, e anche abbastanza vicini.
Lupi, tanti! Percepii, più che
vederla, la manovra di accerchiamento. In quel momento eravamo vicini al
rifugio, ma davo per scontato che avremmo dovuto difenderci in mezzo alla
tormenta.
Sentivo gli ululati e i ringhi molto vicini, e
ordinai di fermare la colonna disponendoci in un cerchio difensivo attorno ai
bambini.
Genial relato te mando un beso
RispondiEliminaColpi di scena a non finire e un mare di avventure pericolose e mozzafiato. Un cocktail azzeccatissimo atto a tenere con il fiato sospeso il lettore. Mi complimento con l'autrice che ritengo valida e fantasiosa narratrice. Buona domenica
RispondiEliminaUn brano intenso, e molto avvincente, che ho apprezzato tantissimo per il suo contenuto
RispondiEliminaBuona domenica e un abbraccio, Vivì,silvia
Storia super mega spettacolare e complessa,
RispondiEliminasono scioccata dal tuo
talento che sono fiumi di bellezza! Ammirevole!
Buona domenica e baci, abbracci del hada de las rosas
chuik, chuik, chuik
Pues aquí estamos amiga, después de leer un gran y bello relato lleno de intriga e imaginación muy intenso y de una buena narrativa. Así pues, me quedo por este bello espacio cargado de emoción y buenas vibraciones.
RispondiEliminaVeo que tienes otro blog de poesía si te parece podemos seguir también desde mi otro blog de poemas.
Un abrazo y buen domingo.
Tutte la fasi del brano incuriosiscono il lettore. Bel lavoro!
RispondiEliminaBuona domenica, Vivì!
Eres inagotable, Vivi... entretienes y mantienes el suspenso, amiga. Te felicito una vez más.
RispondiEliminaBellissima anche questa terza parte del brano che tiene il lettore con il fiato in sospeso fino alla fine. Complimentiper l'intreccio pieno di souspence. UN caro saluto Vivì da grazia!
RispondiEliminaUn episodio con mucha acxcion, lo dejaste muy interesante . Te mando un beso
RispondiEliminaCorro a leggere la quarta parte.Lu.
RispondiEliminaCorro a leggere la quarta parte.
RispondiElimina