Timughe Khan notò il cambiamento nella
postura di lei e lo interpretò come rassegnazione: «Ti arrendi, colombella? Non
sei nata per fare la guerra» In quel momento, un calcio lo colpì nel basso ventre e il
mongolo si trovò costretto a indietreggiare.
La vestale sguainò il bastone da combattimento
e con un balzo acrobatico si rimise in piedi.
Il sovrano la guardò sorpreso. Negli
occhi della colombella lesse la glacialità di un rapace, ma non ebbe modo
di reagire in tempo, che una gragnola di legnate e calci volanti si abbatté su
di lui.
Ai lati dei due sfidanti si levò una
serie di sbigottiti mormorii.
Sia i mongoli che i tibetani assistettero
meravigliati alla trasformazione della vestale. Sul campo non vi era più l'esile
fanciulla ostentante forza e sicurezza, che era stato palese fino allora non
avesse, bensì un fulgido esempio di orgoglio e destrezza guerriera.
Tuya era incontenibile, agile, elastica ed
esperta. Parve evidente che tra lei e il mongolo esistesse una differenza abissale,
dovuta sì all'imponenza del sovrano, a cui però lei sopperiva con
l'addestramento maniacale e marziale a cui era stata sottoposta per anni.
La vestale guerriera compiva balzi da pantera,
schivava i colpi, si ritirava e assaliva. Menava colpi decisi con il bastone, che
il mongolo accusava con grugniti di dolore e infliggeva calci e pugni che l’altro
non riusciva a evitare perché, talmente repentini, da non vederli arrivare.
Timughe Khan, nonostante la mole, si
ritrovò ben presto in difficoltà. La sua preda era guizzante come una serpe e
agile più di un felino. Era un po’ che il mongolo aveva rinunciato a non
ferirla anzi, da qualche minuto cercava anche di infliggerle un colpo mortale.
Cogliendone l'evidente disagio, i suoi guerrieri iniziarono a
rumoreggiare contrariati. Mentre i
tibetani esortavano la loro eroina, i mongoli, impressionati per la supremazia bellica
dimostrata dalla giovane donna, ghignavano, quasi deridendo il loro sovrano.
Il tiranno iniziò ad avvertire la
stanchezza e per la prima volta in vita sua perse tutta la sicumera.
Uno sguardo ai suoi guerrieri gli fece
intuire quanto fosse a un passo dall'ingloriosa disfatta e allora reagì e, con
un ruggito, sbraitò i suoi ordini: «Guerrieri! A me! Ammazzate tutti questi
cani! Annientateli!»
I suoi uomini rimasero basiti per l’ordine
e Tuya si irrigidì in una posa statica. Sul suo volto si disegnò tutto lo
sgomento provocato da quelle parole. Il re mongolo veniva meno alla parola data
e ordinava un massacro.
Il cuore le balzò in gola e la collera
le annebbiò la vista. Si catapultò sul suo rivale e gli assestò un pugno sul mento
facendogli sganciare l’elmo dal sottogola. Il khan si liberò del copricapo poi,
prima che lei si avventasse di nuovo, le afferrò un braccio torcendoglielo e la
immobilizzò, stringendola saldamente sul suo pettorale.
«Hai finito di saltellare, colombella!»
le sibilò in un orecchio.
Proprio in quel momento, nell'aria si
espansero una serie di strida e gli occhi di tutti si volsero in alto. La
figura di un’aquila gigantesca oscurò quella porzione del cielo.
Shine calò sul campo e con il rostro afferrò
il monile, poi si librò e, sfruttando una calda corrente ascensionale, rimase
in stasi sui due contendenti.
«Arcieri, abbattete quella creatura mostruosa!» ordinò
il mongolo, ma prima che questi riuscissero a incoccare i dardi, uno stormo di
rapaci si proiettò all'attacco.
Approfittando del momentaneo sgomento, con
un abile giravolta Tuya riuscì a liberarsi dalla presa brutale e assestò un
ennesimo calcio nelle parti intime del mongolo. Questi si piegò in due ormai
senza fiato e la vestale ne approfittò per tendere le mani verso il cielo.
L'aquila aprì gli artigli e il talismano
le ricadde tra i palmi.
La gemma era già calda e vibrava. Quando
il sole ne catturò il cuore, la pietra si accese, esplodendo con un’energia devastante.
L’avanguardia dell'esercito mongolo sparì
in una nuvola di fiamme e di fumo. Dal marasma nebuloso, si levarono urla di
dolore e richieste accorate di soccorso e i tibetani, schierati dalla parte
opposta, assistettero allibiti all’evento prodigioso.
Quando il fumo si diradò, gran parte
della compagine mongola si era dispersa cercando riparo tra le colline mentre,
delle prime file, erano ancora in piedi ben pochi superstiti.
Inebetito, il re mongolo scrutò l'esito
nefasto seguito al suo vile gesto e, sebbene ancora dolorante, tentò di
strappare il monile dalle mani della vestale.
Shine, dall’alto ne intercettò il gesto
e si buttò in picchiata. I suoi poderosi artigli si piantarono nel cuoio cappelluto
del mongolo strappandogli urla di straziante dolore. L'uomo cercò invano di
difendersi e di liberarsi. La gigantesca aquila non mollò la presa anzi, si
librò per aria sollevando per parecchi metri il corpo del sovrano. Poi risalì,
forse per venti o trenta metri quindi, a causa del peso, rinunciò a
trasportarlo lontano.
Shine aprì gli artigli e il mongolo precipitò
e, con un ultimo urlo immane, si schiantò al suolo.
I pochi, riottosi mongoli rimasti a
combattere, sconcertati dalla morte del loro condottiero, persero ogni residua
velleità bellica e si dispersero, come un branco di pecore impaurite nella
steppa.
Esaltati dalla vittoria, i tibetani li
inseguirono fino a che gli ufficiali li richiamarono all’ordine e l’esercito si
ricompattò.
Ramroch, recuperato un cavallo, fu il
primo a ricongiungersi con la vestale, seguito a ruota dal resto della
compagnia.
«È tutto finito e la vittoria è merito
tuo! – le disse, sprizzando entusiasmo da tutti i pori - Sei stata grande! Un
esempio per tutti. Grazie per quello che hai fatto.» terminò, omaggiandola con
la mano destra sul cuore e chinando il capo.
Per la prima volta Tuya lo gratificò con
un sorriso incantevole e lui si confuse, subendo il fascino della giovane
donna.
Gansuk e Saikhan si congratularono e le
batterono una mano sulla spalla in modo cameratesco, ma i loro sguardi riflettevano
tutto l'orgoglio che provavano per la loro ex allieva.
Infine, fu la volta di Ragghin. La
scimmia si soffermò a osservare la giovane, che non mostrava segni di
stanchezza: «Hai un aspetto fenomenale! Si direbbe che tu non abbia sostenuto un
faticoso duello.»
Lei le sorrise, confessando: «In realtà,
sono molto stanca e demoralizzata! Tutti questi morti sono un pugno nello
stomaco per me! - terminò, indicando con un ampio gesto la distesa dei corpi
sul campo di battaglia. - Avrei voluto evitare tutto questo.»
Ragghin le si avvicinò: «Hai compiuto un’impresa
straordinaria salvando migliaia di vite, mia signora! Forse, ti dovrei rimproverare
per aver messo a repentaglio la tua, ma non posso. L’esito del tuo gesto ti ha
dato ragione e io non posso che esserti grata per aver agito in quel modo e per
averci salvato.»
Tuya annuì, accettando l'elogio e un
profondo sospiro le salì dal cuore: «Pensi davvero che sia finita? I mongoli rinunceranno
alla conquista facendo ritorno nella loro terra?»
«Per il momento sembra proprio che si
siano convinti. La morte del loro condottiero li ha sconvolti e credo che
impiegheranno un po’ di tempo prima che rieleggano un altro sovrano. Del resto,
anche il più barbaro dei barbari a volte può avvertire nostalgia della sua casa
e della sua famiglia.»
Quelle parole solleticarono la curiosità
di Ramroch, che si fece più vicino: «Anche tu senti nostalgia, Ragghin?»
«È normale che sia così per ogni creatura
e vale anche per me. Del resto, il mio compito è finito ed è ora che io ritorni
dalla mia gente.»
«E dove si trova la tua gente?» domandò ancora
Ramroch.
«Lontano, molto lontano! Tanto, quanto
tu non potresti mai immaginare. Venite, facciamo ritorno e vi mostrerò il luogo
dal quale provengo.»
Epilogo
Man mano che si inoltrava nella steppa, l'esercito
si scomponeva. I mercenari facevano ritorno alle loro case, i villici alle loro
fattorie e i monaci guerrieri nel proprio monastero.
Dall’alto delle colline i corni tibetani
emanavano un profondo muggito, salutando il passaggio della vestale vittoriosa
e dei suoi compagni.
Prima di allontanarsi definitivamente,
ogni guerriero si presentava a Tuya per renderle omaggio e riceverne la
benedizione. La ragazza si prestava volentieri, anche se, in cuor suo, rimaneva
convinta di non essere degna di tanta stima e devozione.
«Con il tuo limpido modo di agire hai
saputo conquistarti l'affetto del tuo esercito. Quegli uomini e quelle donne ti
renderanno sempre onore, Tuya la Misericordiosa, l’Impavida e l’Ardimentosa!»
La ragazza sorrise. Erano questi i tre
titoli con il quale veniva nominata da quando aveva combattuto e sconfitto il
re mongolo.
«Le stelle mi hanno arriso!» dichiarò con umiltà.
Ramroch, che le cavalcava alla destra, rimarcò:
«Non si tratta soltanto di fortuna. Sei la migliore guerriera che abbia mai conosciuto
e mi dispiace se per un po’ ho dubitato del tuo valore!» dichiarò con fervore
mentre, con lo sguardo, esprimeva tutta l'ammirazione che provava per lei.
Tuya arrossì e spostò la sua attenzione
sui rapaci che volavano sopra di loro, seguendo il drappello.
«Se non fosse stato per Shine, forse l'esito
non sarebbe stato così fausto per il popolo tibetano.»
L'aquila, dall'alto, parve ricevere la
lode che lei le dedicava, perché chinò il capo fissandola e sbattendo più volte
le ali.
«È una creatura straordinaria e anche lei
ti adora!» esclamò Saikhan.
Il viaggio a ritroso proseguì ancora per
qualche ora, poi finalmente giunsero ai ruderi del tempio, dove Ramroch era
cresciuto ed era stato addestrato.
I due monaci guerrieri si congedarono,
facendosi promettere che si sarebbero rivisti molto presto. Tuya pose una
carezza sul piumaggio dorato di Shine e lo straordinario rapace chinò il capo
più volte, riconoscente.
Poco dopo, Tuya guardò allontanarsi i due
insegnanti con un briciolo di commozione.
Davanti al misterioso portale Ragghin e i
due giovani sostarono in religioso silenzio, poi fu la scimmia a parlare: «È
giunta l’ora che il talismano di Taishir ritorni al suo posto e che le stelle ne
proteggano il segreto.» scandì, prima di decantare l'arcana formula che spalancava
l'ingresso.
Mentre accendeva le torce e le
consegnava ai due compagni, disse: «Dovete promettere che non confiderete mai a
nessuno ciò che d'ora in poi vedrete.»
Tuya e Ramroch si consultarono con lo
sguardo, poi promisero solennemente: «Te lo giuriamo!»
«Bene! Ora badate a dove mettete i piedi.
Desidero che usciate di qui sani e salvi.»
Ramroch sobbalzò dalla sorpresa: «Che
significa? Tu rimarrai ancora qui dentro?»
«Mio giovane principe, io farò ritorno nella
mia patria!»
«Non capisco!» mormorò lui «Nemmeno io!»
rimarcò Tuya.
«Tra poco capirete.» rispose Ragghin in
modo sibillino.
Proseguirono l'impervio cammino per
altri dieci minuti scendendo in profondità.
Il silenzio sarebbe stato totale e
profondo se non fosse stato per lo stillicidio ininterrotto dell'acqua, che
scorreva dal soffitto formando stalattiti e stalagmiti. Quando giunsero alla grotta
principale, una particolare formazione calcarea più grande delle altre, attirò
l'attenzione di Ramroch mentre, Tuya, si smarriva nell’osservare alcune appendici del tutto trasparenti,
che pendevano dal soffitto. La ragazza ebbe l’impressione di trovarsi in un
luogo incantato, mentre il compagno stava cercando di ricordare se quella
strana formazione a cupola fosse stata già presente la volta precedente.
Poi, l'attenzione di entrambi venne
attratta dalla strana giostra che alcuni massi, perfettamente sferici,
compivano sospesi in aria, come per magia.
«Quella che vedete è una mappa stellare!
- spiegò con pazienza Ragghin - Immagino già sappiate cosa sia una mappa,
ebbene, quel girotondo che vedete rappresenta il sistema solare dal quale
provengo. Vedete quel masso blu, posto al centro? È il mio pianeta.»
I due giovani la guardarono con espressione
stranita, come se non capissero.
Ragghin continuò: «Il mio mondo ha un
nome impronunciabile per voi, ma se volete possiamo definirlo il pianeta blu.»
Ramroch sembrava sempre più confuso: «Che
significa? Tu vieni da un altro pianeta?»
«Non guardarmi con quell’aria stranita,
mio principe! Vengo dallo spazio e ora nello spazio posso ritornare.»
Ragghin era sicura che per i due giovani,
l’universo fosse un concetto straordinario da assimilare e tacque, lasciando loro
il tempo di metabolizzare la notizia.
La prima a riprendersi dallo stupore fu
proprio Tuya: «Come? Come farai a ritornare?»
Ragghin si rigirò la gemma tra le mani: «Sfruttando
l'energia di Taishir. Questa pietra appartiene al mio popolo da tempo immemorabile ed è
fonte di inesauribile energia. Con il suo potere riattiverò i motori della mia nave
spaziale e farò ritorno a casa.»
«Nave spaziale?» ripeté Ramroch del
tutto confuso.
«Sì, quella cosa che guardavi con tanta
attenzione e che non riuscivi a definire. Quello è il veicolo che mi permetterà
di viaggiare nello spazio e far ritorno a casa.»
I due guardarono nel punto indicato e,
in quel momento, la formazione calcarea si sbriciolò, lasciando emergere la
sagoma rotonda di un veicolo di metallo sormontato da una cupola trasparente.
«So che è difficile da comprendere e che
qualsiasi cosa vi possa dire, sembrerebbe ancora più complicato. Di
conseguenza, vi mostrerò cosa effettivamente sono e come me ne andrò da qui. Vi
ricordo soltanto il giuramento fattomi da entrambi poc’anzi.»
I due giovani annuirono, troppo sconcertati
per spendere altre parole.
«Non vi spaventate per quel che accadrà
sotto i vostri occhi!»
Ragghin si immobilizzò, con lo sguardo
fisso su un punto in particolare, poi i suoi occhi si chiusero. Per un attimo
il suo corpo ebbe un fremito e Ramroch, credendo fosse in difficoltà si lanciò in aiuto della sua mentore, ma
Tuya lo trattenne per un braccio.
«Per tutte le stelle!» esclamarono contemporaneamente,
mentre avveniva la trasformazione.
La schiena della scimmia si curvò, il
muso e le orecchie si allungarono e crebbe una lunga e folta coda. Le quattro
zampe toccarono terra e un lupo emise un ringhio. I due ragazzi balzarono all’indietro,
sulla difensiva.
Solo gli occhi rimasero quelli di
Ragghin e ai due parve quasi che lei li stesse deridendo. Subito dopo iniziò una
seconda mutazione.
I peli della pelliccia si ritrassero fino
a scomparire, la postura del corpo si raddrizzò, le ossa del cranio e del corpo
si affinarono e i lineamenti animaleschi sparirono. Quando la trasformazione terminò,
apparve una creatura filiforme, dall’altezza straordinaria, del tutto glabra e dal
cranio privo di capelli. I lineamenti erano fini, le labbra sottili e la pelle
chiara, tanto da apparire pallida.
L’essere, di cui era difficile stabilire
il genere, indossava una tuta blu, che ricopriva il suo corpo
sottolineandone l’esilità della figura efebica. Eppure, dava ugualmente l’impressione di una
grande forza. Gli occhi magnetici, quasi privi di pigmento nell'iride, si
fissarono sui due giovani stretti in un abbraccio protettivo.
«Non abbiate timore. In fondo al cuore sono
sempre la creatura che avete conosciuto e stimato.»
Ramroch ritrovò la voce: «Cosa sei, in
realtà?»
«Un essere vivente come te, in carne e
ossa. Con caratteristiche diverse, ma con un cuore e un'anima, proprio come voi!»
«Ma come sono possibili quelle trasformazioni?
Si tratta di magia?»
«Magia? No! Il nostro Dna, la nostra
essenza si compone e si scompone a piacimento, ma quella che ora vedete è la
mia forma naturale.»
Gli occhi quasi incolori, dalla pupilla
argentea dell'alieno brillarono.
«Occhi di luna!» mormorò Tuya e la
creatura sorrise, con un lieve inchino: «Lo prendo come un complimento. Grazie,
mia signora!»
«Come sei arrivato fin qui? Voglio dire ...
cosa ti ha portato su questo pianeta?» volle sapere Ramroch.
«In realtà, sono qui soltanto per recuperare
la gemma smarrita tempo fa da uno dei nostri esploratori e poi divisa, per
impedire che chiunque ne fosse entrato in possesso, ne potesse sfruttare le
immense potenzialità distruttive.»
«Sapevi anche chi era che custodiva l’altra
metà?»
«Nel nostro Dna esistono anche doti di preveggenza.»
«Ma per quale motivo hai impiegato anni
per il recupero della gemma. Hai aspettato che io e Tuya diventassimo adulti,
perché?»
L’alieno sorrise: «Mi ero imposta una
missione e l’ho compiuta. L’integrità di un solo pianeta di un sistema solare
riguarda la sicurezza e la salvaguardia dell’intero universo. Se qualcosa va
male per gli abitanti di un pianeta, prima o poi ci rimetteranno anche le altre
creature che nel resto del cosmo vivono.»
«Allora, oltre noi e voi esistono altre
creature nello spazio?»
«L’universo è immenso, Ramroch e come miliardi di creature diverse abitano gli abissi di un oceano, così altrettante creature vivono tra le stelle.»
I due giovani lo guardarono come fosse
una divinità, poi fu ancora Ramroch a domandare: «Dicci il tuo vero nome, ti
prego, in modo che noi lo si possa ricordare.»
«Khandroma, che nel vostro idioma si
traduce” La viaggiatrice dei cieli”.»
«Khandroma» ripeterono insieme i due
giovani.
«Appartieni al genere femminile,
dunque!» esclamò stupidamente Ramroch.
Khandroma sorrise: «Sul mio pianeta le
differenze non stanno mai nel sesso, quanto piuttosto nella mente degli
individui, ma ora, se non avete altre domande, vi devo lasciare!» disse,
toccando la cintura della tuta.
Nella grotta si espanse un sibilo e un
profondo rumore.
I due giovani sobbalzarono, spaventati, quando
dall'oggetto metallico, sortito dalla formazione calcarea, il tetto a cupola si sollevò.
«Per uscire dalla grotta proseguite per
questo sentiero. In pochi minuti sarete all’aperto. Che le stelle illumino il
vostro cammino! Sono onorata di avervi conosciuto e combattuto al vostro fianco!»
Ramroch e Tuya si strinsero in un
abbraccio commosso, mentre la creatura saliva sullo strano marchingegno.
«Ci mancherai!» sussurrò il giovane con
la voce incrinata.
«Vi porterò sempre nella mente e nel
cuore!» rispose Khandroma, portando la mano destra sulla fronte e sul petto, prima che la cupola si richiudesse.
Dopo pochi secondi, il sibilo aumentò di
intensità e la nave spaziale iniziò a sollevarsi lentamente.
Il soffitto della grotta si spalancò, lasciando
intravedere squarci di azzurro.
Quando arrivò al limite, l'astronave
aliena ebbe un sussulto, poi in un lampo balzò nel cielo e sparì tra le candide
nuvole.
I due giovani si guardarono sconcertati,
poi lei si accorse delle braccia che la tenevano stretta e arrossì. Ramroch le
sollevò il mento con le dita, delicatamente, fissando lo sguardo in quello di
lei, poi le loro labbra si avvicinarono e si unirono in un bacio appassionato.
Racconto pubblicato sul sito Scrivere
Immagini Pinterest
Uno splendido finale, in un brano avventuroso, e ricco di immense vicissitudini.
RispondiEliminaSempre bello leggerti, cara Vivì, buona domenica,silvia
Ciao Vivi'Oggi,come ti ho scritto non amo le puntate,ma vedo che hai pubblicato l'epilogo e allora leggero' con piacere il tuo racconto fiabesco dall'inizio.
RispondiEliminaFelice domenica,fulvio
Guerra,avventure e amore i giusti ingredienti per una storia ricca di emozioni e colpi di scena e un finale imprevedibile e fantascientifico. Bellissimo. Grazie per la bella lettura e complimenti. Luca. Buona domenica.
RispondiEliminaUno dei tuoi più belli e completi. Dettagli e panorami esotici che affascinano e le avventure fantastiche di due giovani che vivono le vicende con cuore e coraggio. Il finale mi ha sorpreso perché non me lo aspettavo eppure devo dire che mi è piaciuto molto forse perché proprio imprevedibile e si stacca dal contesto storico in cui è ambientato questo racconto-fiaba. Brava Vivì. Un inchino alla tua illimitata e coinvolgente fantasia.
RispondiEliminaBello tutto ma il finale è sorprendente. Nessuno si aspetta un finale alieno. Complimenti.
RispondiEliminaDavvero straordinario. Con quella fantasia e creatività che aiuta tutti a viver meglio e a non aver confini. Buona domenica te.
RispondiEliminaSin duda, es bonito leerte.
RispondiEliminaMuchas gracias.
Un abrazo.
Bellissimo lavoro di fantasia. Sono stato portato via immaginando l'atmosfera e il luogo dell'avventura nella storia. Dipingi.
RispondiEliminabene la tua immaginazione.
Saluti dall'Indonesia.
Pletórica de imaginación como siempre, Vivi, y un grande finale rubricando la historia.
RispondiEliminaAbrazo grande.
Io,divoratrice dei libri pubblicati da Urania,amante dei film:Il pianeta delle scimmie , di ritorno al futuro,de odissea 2000 ecc..,con questo finale mi hai fatto rivivere il piacere che provavo nel seguire la mia passione x la fantascienza.Bello il racconto e inaspettato il finale.Complimenti,ribadisco:possiedi una penna magica.Ciao.Lu.
RispondiEliminaGrazie Lu...hai spazzato ogni dubbio sul finale. Sono contenta. Un bacione grande.
EliminaCiao Vivi,imprevedibile questo finale.
RispondiEliminaDurante la lettura piacevolmente mi hai trascinato in questo tuo mondo.
Complimentissimi per la tua geniale fantasia.
Buon pomeriggio
Rakel
Ciao Vivì,complimenti per la fantasia e la creatività di questi tuoi racconti, che coinvolgono molto il lettore.
RispondiEliminaBuona serata
Rakel
.
Ciao Vivi, siamo arrivati finalmente all'epilogo di questa meravigliosa storia ed ero sicura che sarebbe finita cosi. Tuya si è provata fino alla fine una grande, intraprendente, coraggiosa principessa che ha dato innumerevoli prove di tutto questo a tutti gli altri! Sono contenta che il finale sia stato questo!
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