Dopo pochi minuti, entrambi i giovani
erano immersi nel marasma di cavalieri, che lottavano in sella ai loro destrieri
perdendosi di vista e inutilmente il principe tibetano tentò di riunirsi alla
compagna.
Il clangore delle armi che sbattevano
sugli scudi era divenuto assordante e predominava sul caos delle urla dei
feriti.
Tuya lanciò uno sguardo circolare ad
abbracciare tutto il campo di battaglia e fu allora che notò uno strano
movimento. Un gruppo di guerrieri mongoli non combatteva, se non per
sbarazzarsi dei guerrieri che ostacolavano la loro avanzata e si muovevano
guardinghi tenendo d’occhio soprattutto la sua figura. Era chiaro che fosse lei
il loro obiettivo e in quel momento ne intuì le intenzioni. Stavano tentando di
circondarla e lei doveva lottare strenuamente perché la loro manovra non
riuscisse. Era evidente che Timughe Khan, intuendo l'importanza della sua persona
agli occhi dei guerrieri tibetani, ne aveva ordinato la cattura.
«Non ci riuscirete, cani!» urlò in loro
direzione, quindi, raddoppiando la foga, si liberò facilmente di un paio di
cavalieri nemici. In quei pochi minuti di combattimento aveva potuto appurare
che i guerrieri mongoli non era addestrati e disciplinati come quelli tibetani.
Combattevano dimostrando grande sprezzo del pericolo e molta energia, ma da
come utilizzavano le armi, si intuiva che l’addestramento militare ricevuto era
inferiore.
Inoltre, sembrava che non seguissero una
strategia specifica, ma si comportavano come un’orda di lupi affamati dilagando
sul campo di battaglia senza rispettare nessuna regola e nessuna logica.
I due nemici feriti da Tuya erano stati
sbalzati da cavallo e in quel momento la guardavano, aspettando che lei mettesse
a segno il colpo mortale. Erano entrambi alla sua mercé, ma lei li ignorò e
proseguì incontro a un altro cavaliere.
In realtà, anche se era una guerriera addestrata
sin da piccola a combattere e a difendersi, il cuore della vestale rifiutava di
infliggere la morte.
Tuya non si era mai sentita una vera guerriera. Solo ora aveva modo di rendersene conto. In quel momento. Lì sul campo di battaglia. Quello che era sempre stato solo un dubbio era finalmente diventato certezza. Prima di allora erano stati solo duri addestramenti e non le era mai capitato di dover affrontare un nemico con la possibilità di uccidere o di morire. Ed era per quel motivo che le sue armi, quel giorno, non avevano mai colpito mortalmente. Qualcosa aveva sempre frenato la sua mano e questo qualcosa era la sua coscienza.
Tuya esitò, scrutando con attenzione la
sua spada.
La lama era già lorda di sangue fino all'elsa,
ma sino a quel momento lei aveva evitato di infliggere ferite letali e, alcuni
tra i nemici vinti nel duello, dopo essersi resi conto che la guerriera
risparmiava loro la vita, le avevano dimostrato addirittura stima e
riconoscenza.
Il suo nome, risuonato più volte sul
campo di battaglia, iniziò a passare di bocca in bocca e dopo poco venne persino
coniato un soprannome “Tuya, la misericordiosa”.
Da quel momento accadde una cosa
inspiegabile. Molti tra i veterani mongoli esitarono davanti alla giovane donna,
quel poco che bastava per guadagnarsi i rimproveri e le esortazioni, anche
piuttosto decise, degli ufficiali superiori.
Nelle truppe che combattevano nei pressi
della vestale guerriera venne a crearsi una strana atmosfera di attesa e
indecisione.
Timughe Khan, che non aveva mai perso di
vista il vessillo tibetano, che sventolava alle spalle della giovane donna, si
accorse del momentaneo sbandamento dei suoi guerrieri e inviò rinforzi al
reparto in difficoltà.
La guardia personale del khan non si
lasciò soggiogare dal carisma della giovane guerriera e ben presto Tuya si
ritrovò circondata e del tutto isolata dal resto dell'esercito.
Ragghin, che dall'alto di un promontorio
seguiva la scena con apprensione, con un cenno diede il segnale al suo plotone e
un centinaio di scimmie caracollò giù dal pendio in soccorso della giovane
donna.
Armati di lance e bastoni, i primati addestrati
alla perfezione irruppero tra le file nemiche provocando una strage.
Nel tentativo di raggiungerla in tempo, Ragghin
rischiò di azzoppare il suo cavallo.
“Dove sei Ramroch? Mi avevi promesso che
l'avresti protetta!” inveì mentalmente contro il suo allievo.
Dalla selva di elmi piumati che
circondavano Tuya, emergeva soltanto il suo labaro e Ragghin incitò le sue
scimmie decuplicando gli sforzi per creare una breccia nel cerchio di mongoli.
“E questo il momento! Il talismano ... esponi
il talismano alla luce del sole!” pregò intensamente, come se la giovane fosse
in grado di percepire il suo pensiero.
E dopo un istante il prodigio accadde.
Tuya avvertì il calore della gemma
inondarle il petto. Allora tolse il talismano dal collo e lo espose, tendendolo
verso il cielo. I raggi del sole colpirono la pietra azzurrina, che si accese
di una miriade di colori e subito dopo partì un lampo accecante.
La luce abbagliò i cavalieri mongoli rendendoli
momentaneamente ciechi e del tutto indifesi.
Le scimmie guerriere di Ragghin ne
approfittarono, attaccando e facendo a pezzi i nemici. I pochi superstiti che
riuscirono, volsero i destrieri e fuggirono inebetiti.
Timughe Khan aveva assistito allibito alla
disfatta dei suoi migliori guerrieri e all'incredibile evento.
Quella giovane donna doveva essere una
strega e possedeva un talismano in grado di sbaragliare ogni nemico.
Quella gemma o, qualunque cosa fosse, doveva
essere sua.
Il sovrano ci rifletté qualche istante, poi
ordinò: «Ci ritiriamo! Ordina ai cornisti di segnalare la ritirata!»
Il luogotenente, che gli sostava al
fianco, guardò incredulo il suo sovrano, ma non osò controbattere ed esegui l'ordine.
Il mugghiare profondo dei corni e il
suono delle trombe si espansero per il campo di battaglia e i reparti mongoli si
ritirarono.
Ragghin osservò sovrappensiero le truppe
nemiche che indietreggiavano, quindi raggiunse Tuya.
Ramroch era già al fianco della vestale e
la scimmia gli riservò uno sguardo di biasimo.
Il giovane principe aprì la bocca per
replicare al tacito rimprovero, ma poi ci ripensò e si morse le labbra. Avrebbe
voluto giustificarsi, dicendo che, essendo rimasto imbottigliato nella calca di
guerrieri e cavalieri, non gli era stato possibile rimanerle vicino ma, Tuya,
sapendo del loro segreto accordo e, orgogliosa come era, si sarebbe certo risentita.
E Ramroch non aveva intenzione di mandare a monte la possibilità di diventare
amici.
Allargò semplicemente le braccia e
scandì mentalmente” Non ho potuto evitare che la circondassero.”
Ragghin annuì impercettibilmente e Tuya
questa volta colse il cenno: «Cosa succede?»
La scimmia deviò con destrezza il
discorso: «Mi stavo domandando il motivo di questa improvvisa ritirata. Erano
in vantaggio. Perché il khan ha richiamato indietro l’esercito?»
«Sarà stato l’effetto della gemma di
Taishir. Non era questo che speravamo accadesse?» domandò Ramroch.
«Non essere sciocco, mio principe. Non
credo sia la perdita di una manciata di cavalieri a convincere quel barbaro a una
vergognosa ritirata. No! Temo piuttosto che abbia qualcosa d’altro in mente e
noi dovremo essere pronti ad affrontare qualsiasi evenienza.»
«Raduno gli ufficiali per un consiglio
di guerra.» propose il giovane e Ragghin annuì, con lo sguardo fisso sul polverone
sollevato dalla cavalleria mongola in fuga.
L’imboscata
Ramroch organizzò la conta delle perdite
subite e inviò i feriti nelle retrovie. Appena possibile avrebbe organizzato un
convoglio per il trasporto dei più gravi al sicuro, lontano dal campo di
battaglia.
Nel consiglio tenuto con tutti gli
ufficiali era stata stabilità più di una strategia, da mettere in atto seguendo
le future mosse del nemico.
Saikhan riorganizzò i suoi falconieri e
i rapaci superstiti, mentre Gansuch riordinava le fila di lancieri e fanti sulla
scacchiera di guerra.
Ragghin, nel frattempo, aveva inviato alcune
scimmie nei dintorni dell'accampamento mongolo, per spiare le mosse del nemico.
I falchi esploratori sorvolavano il territorio, pronti a riferire qualsiasi movimento
sospetto.
«Sarebbe meglio sistemare un cerchio di
vedette intorno al nostro campo e da qui all'accampamento nemico» suggerì a Ramroch.
«Che cosa ti preoccupa? - le domandò lui
- Abbiamo già i falchi e le scimmie a spiare il nemico.»
Ragghin sospirò: «Il khan è un uomo astuto
e un ottimo stratega!» sentenziò, lasciando in sospeso il suo pensiero.
Ramroch, per tranquillizzarla convenne: «Se
credi che possa servire, andrò io stesso a vigilare con le sentinelle.»
Lei annuì: «Sì, mio principe. Mi sentirei
più tranquilla!»
«Va bene! Prenderò con me una ventina di
cavalieri e perlustreremo ognuno una porzione di territorio.»
«Te ne sarò grata, principe Ramroch.» concluse
Ragghin, con un lieve inchino.
Poco dopo il principe tibetano galoppava
nella tundra, con la scorta di una ventina di cavalieri.
Ramroch aveva lanciato Shine e l’aquila aleggiava
in alto, senza mai perdere di vista il drappello.
Proseguirono per ore, sparsi a ventaglio,
ben attenti a ogni minimo segno o traccia impressa sul terreno.
Le strida improvvise del rapace misero
in allarme i cavalieri.
Ramroch tese il suo braccio protetto
dalla spessa imbottitura e Shine, dopo una rapida discesa, vi si appoggiò.
«Cosa hai visto? Nemici?»
L’aquila scosse la testa su e giù.
«Quanti?» domandò ancora il tibetano posando
una carezza sul morbido piumaggio.
Il rapace mosse ritmicamente la testa
segnalando un numero elevato di persone.
«Cavalieri?» domandò ancora il giovane Shine
scosse la testa.
«Fanti?» Questa volta il volatile annuì,
fissando il suo sguardo dorato in quello dell’addestratore.
«Vai e indicami la via da seguire!»
ordinò, agevolandole il decollo con un movimento deciso del braccio.
Con un balzo l’aquila si sollevò e dopo
pochi battiti di ali, planava verso oriente, prigioniera di una calda corrente
ascensionale.
Gli sguardi dei guerrieri saettavano tra
le rocce e gli arbusti, laddove avrebbero potuto nascondersi i nemici.
Nessuna traccia impressa sul terreno né qualche
movimento sospetto poteva lasciare supporre quello che accadde dopo pochi minuti.
«Tenete gli occhi aperti! Questo è un
ottimo posto per un'imboscata!» avvertì Ramroch e stava per ordinare di rompere
la formazione compatta quando i mongoli li aggredirono.
Una pioggia di dardi e quadrelli precipitò
sul drappello, momentaneamente riunito per attraversare un sentiero angusto,
che si incuneava tra le pareti rocciose incombenti.
«Su gli scudi!» ordinò, ma alcuni dei
cavalieri non furono altrettanto pronti a eseguire e almeno quattro di loro furono
uccisi.
«Usciamo da questo budello!» ordinò ancora,
spronando con forza il suo cavallo e i suoi ne seguirono l'esempio.
Il sentiero si snodava tortuoso tra le
due falesie rocciose con le curve a gomito che ostacolavano ogni visuale.
I mongoli avevano scelto con cura il luogo
dell'agguato difatti, dopo aver superato alcuni versanti, i tibetani furono
costretti a frenare la corsa dei loro destrieri. Davanti a loro, in uno
spiazzo, si stagliava una schiera di cavalieri mongoli, in attesa.
I cavalli nitrirono e scalpitarono per
la brusca frenata imposta, sollevando un polverone.
Il principe e i suoi erano in trappola.
I due drappelli si squadrarono in cagnesco
e Ramroch fu il primo a sfoderare la sua spada.
«Se tieni alla vita dei tuoi guerrieri ti
consiglio di arrenderti, principe Ramroch!» intimò il mongolo indicando la
schiera di arcieri, che dalla sommità delle rocce tenevano sotto tiro l'intero drappello.
Ramroch, lanciò occhiate sgomente alle
rocce soprastanti valutando in quei pochi secondi quante possibilità di difesa
potevano avere.
Poi, seppure con l’amaro in bocca, si
sentì costretto ad abbassare la spada.
Shine, che seguiva dall’alto volteggiando
sul gruppo e senza perdere di vista il suo addestratore, si tuffò in picchiata,
pronta ad aggredire il primo dei guerrieri mongoli ma, prima che venisse presa
di mira dagli arcieri appostati sulle rocce, il principe fece un gesto inequivocabile,
provato innumerevoli volte, frenandone l’impeto. L’aquila virò all’improvviso riprendendo
il volo a ritroso verso l’accampamento.
Quando raggiunse l'accampamento Shine vi volteggiò più volte,
fino a che individuò dall'alto Saikhan e lanciò strida di avvertimento.
Il falconiere distinse la grossa sagoma
dell'aquila tra quelle un po’ più piccole dei falchi in volo di addestramento e
le impartì il segnale di discesa.
Ragghin, che aveva assistito alla scena,
si affrettò a raggiungere il guerriero.
«Deve essere accaduto qualcosa di grave -esordì
Saikhan - Shine non avrebbe mai abbandonato il suo padrone se non fosse stata costretta
da circostanze avverse.»
La scimmia lanciò uno sguardo
preoccupato al volatile che planava e si appoggiava sul braccio protetto e proteso
del falconiere: «Cosa può essere accaduto?» domandò Ragghin.
L'addestratore fissò i suoi occhi in
quelli dorati dell'aquila: «Il principe Ramroch è vivo?»
Shine annuì. «Sono stati aggrediti?»
L'aquila rispose ancora muovendo il capo
su e giù.
«I nostri compagni?» Il volatile
socchiuse gli occhi più volte e Saikhan avvertì sulla pelle la tragedia
avvenuta.
«Ci guiderai nel luogo dell'agguato!» comandò
il falconiere facendo volare l'aquila su di un posatoio, in modo da avere le
mani libere.
«Raduna una cinquantina di guerrieri!» ordinò
Ragghin a Gansuk, che nel frattempo gli aveva raggiunti con Tuya.
«Perché non l'intero esercito?» domandò la vestale.
«Occorrerebbe troppo tempo e noi non ne
abbiamo molto a disposizione. Inoltre, con cinquanta cavalieri al seguito ci
muoveremo più in fretta e avremo più probabilità di passare inosservati. Se le
stelle ci assisteranno, forse riusciremmo a liberarlo senza che se ne accorgano.
- rispose Ragghin - Cosa hai intenzione
di fare?» aggiunse, notando che lei stava sellando Soffio Impetuoso.
«Vengo con voi, naturalmente!»
La scimmia la scrutò: «Avevo pensato fosse
meglio che tu rimanessi qua.»
«Hai pensato male! - ribatté lei seccata,
ma subito se ne penti e addolcì il tono -Non sono stata addestrata per restare ad
aspettare o a guardare. E poi, posso esservi utili con la gemma!»
Ragghin convenne tra sé che lei avesse
ragione e non replicò.
«Credo che non ci sarà bisogno di muoversi!
- esclamò Saikhan - Guardate!»
I tre seguirono l'indicazione del
falconiere e rimasero allibiti.
Ovunque guardassero vi erano nemici. L'accampamento era totalmente circondato da guerrieri mongoli cavallo.
continua...
racconto pubblicato sul sito Scrivere
immagini Phoneky e Pinterest
Da Benevento alla tundra in Hong Kong,
RispondiEliminaeccomi qui, mi presento per partecipare
ai coraggiosi guerrieri
e combatti per l'onore
Il tocco della falconeria...
semplicemente affascinante
i tuoi amorevoli falchi
venire sempre nelle sue mani
sapendo che in quelle mani
ricompensa sempre trovare.
Che bellezza e potenza !!
sui suoi voli ci insegna
Ebbene, non c'e niente di piu bello
dell'aquila quando vola.
Falconer deve essere
se il cuore lo manda
non ascoltare la ragione
e vola con la tua piuma come l'aquila!
Bacione ultramarino ┊┊┊┊⋆ ✧ · ✧ ✵
┊┊┊ ☆ * * ⋆
┊┊ ★ *
┊┊ *. * ✦
┊ ☆ ° ✧ ·
★ *
Un racconto avvincente, nei colpi di scena che riserva, durante la sua densa lettura..
RispondiEliminaBuona domenica carissima,silvia
Un racconto ben stilato,scorrevole e suggestivo nella sua ambientazione esotica. Complimenti all'autrice.
RispondiEliminaBellissima favola.Buona domenica.
RispondiEliminaCiao Vivi, bello seguirti nei tuoi racconti
RispondiEliminaPer la domanda che mi avevi fatto circa la musica di fondo che parte automaticamente posso aiutarti.
Dimmi cosa non riesci a fare, a creare il layout con il gadget HTML/java script, a inserire il testo preso da youtube o semplicemente ad inserire la partenza automatica?
Un carissimo saluto
Giorgio
In attesa.......Lu.
RispondiEliminaBellissima storia che porta molto lontano, attanaglia e meraviglia il lettore. Complimenti e buona serata.
RispondiEliminaSuch a beautiful fairy story. Thank you for sharing. Happy day.
RispondiEliminaComplimenti per il bel racconto.
RispondiEliminaLa coscienza al giorno d'oggi purtroppo è troppo spesso dimenticata...
Tanti auguri per una serena Pasqua!
Ciao Vivì, suggestiva e avvincente narrazione.
RispondiEliminaUn sentito augurio di Buona Pasqua
Rakel
Ciao Vivi .. storia interessante
RispondiEliminaTuya è davvero una ragazza dura e coraggiosa. Non conosceva la sensazione di avere paura.
Tuya è come una donna magica che potrebbe essere potente sul campo di battaglia.
La storia del coraggio di una donna super dura.
Grazie per aver condiviso Vivi.
Un grande abbraccio e un sorriso sincero.
Avere una buona settimana
Saluti.
Increíble como llevas adelante tus historias, Vivi, atrapante destreza...
RispondiEliminaAbrazo grande.
Il momento è cruciale,l' accampamento è circondato, vedremo come continuerà la storia. Ti lascio i miei auguri per una Buona Pasqua. Ciao.
RispondiEliminaUn bel racconto, Viví.
RispondiEliminaBuona Pasqua
Sto seguendo con il fiato sospeso l'epopea della coraggiosa e non vedo l'ora di scoprire come finirà. L'emozione è cosi forte...
RispondiElimina