Una profonda
angoscia le pervase l'animo. Intorno a lei vi era solo morte e desolazione. Il
vento continuava a soffiare sibilando e solo dopo un po' di tempo le rimandò
una voce soffocata dalla lontananza, che la stava chiamando.
«Kristell…Kristell,
mi senti?»
«Erronn!
Santo cielo! Dove sei? Non ti vedo!» gridò lei cercando di sovrastare il sibilo
del vento, mentre la speranza tornava a rinascere nel suo cuore.
«Stai ferma
dove sei! Per carità! Non fare un passo in più! È una trappola!»
«Credevo
fossi morto! Ho avuto tanta paura! Ma dove sei?»
«Non c’è
molto tempo! Ascoltami bene! Alla tua destra vi è l’ingresso di una grotta. Non
devi assolutamente entrare! Finiresti nella stessa mia trappola! Hai capito
bene, Kristell? Non devi entrare!»
Ma le parole
che giunsero alla fanciulla, furono spezzettate e stravolte dal vento, tanto
che Kristell riuscì ad afferrare solo grotta e alla tua destra.
Credendo che
lui le stesse indicando un rifugio, la ragazza si mosse in quella direzione,
sicura di ritrovarlo all’interno, ma appena fece il suo ingresso nell’antro,
venne avvolta da un vortice impetuoso e trascinata in un mulinello senza fine.
Si sentì
afferrare, trascinare via con violenza e non ebbe nemmeno modo di urlare. Tentò
invano di contrastare la forza che la stava trascinando verso un pozzo
d’oscurità, una voragine circolare fatta solo di ghiaccio. Ma la lotta risultò
impari e Kristell scomparve risucchiata nel budello glaciale.
Ed ebbe
inizio un incubo! Si ritrovò prigioniera in una spirale di ghiaccio, un tunnel
la cui volta si snodava in volute serpentine, come si trovasse a scivolare su
un enorme toboga.
Riuscì a
superare le prime giravolte del tracciato senza affannarsi molto.
Disgraziatamente, lo scivolo divenne ben presto quasi perpendicolare, tanto da
costringerla a temibili giri a testa in giù e, per alcuni, interminabili
minuti, quella folle discesa si trasformò in una orribile caduta a precipizio.
La forza centrifuga dovuta alla velocità acquisita sui pattini, in certi punti
la teneva inchiodata sul basso, in altri a testa in giù, con le lame infisse a
quello che doveva essere il soffitto.
Dopo qualche
folle giravolta perse la cognizione di quel che faceva. Kristell non era più in
grado pensare con coerenza e agiva soltanto come le suggeriva l’istinto. Avvertiva solo il raschiare dei pattini e il
pulsare violento del suo cuore nel petto.
Non aveva
più pensieri razionali, non ve ne potevano essere in quelle condizioni. Sapeva
di essere in pericolo di vita ma, presa com’era dalla spirale senza fine,
poteva solo cercare di seguire le curve che le si presentavano davanti
all’improvviso.
Ormai in
preda al panico, non riusciva nemmeno più a capire dove fosse il basso e dove
al contrario si trovasse la volta. La sua unica possibilità era quella di
assecondare il movimento circolare, anche se a un certo punto intuì che la
forza centrifuga nella quale era rimasta imprigionata, le avrebbe impedito di
cadere e sbattere violentemente contro le pareti ghiacciate. A meno che lei stessa
non avesse cercato di inchiodare i pattini sul ghiaccio.
Nonostante
quella rassicurante consapevolezza, si domandò più volte quanto ancora avrebbe
potuto resistere. Il peso e la gravità di quanto le stava accadendo le piombarono
sulle spalle e le gambe iniziarono a tremarle per la fatica.
“Devo
resistere! Devo farcela! Non voglio morire!” si spronava e incoraggiava da sé.
“Forza! Ancora una curva…ancora una giravolta. prima o poi finirà questa
carambola infernale!”
La ragazzina
respirò più volte cercando di rimanere concentrata sul percorso e di prestare
attenzione a ogni minimo mutamento, per poterne approfittare e uscire da quel
vortice senza fine.
Solo dopo un
tempo interminabile si rese conto che la pendenza s’addolciva e di conseguenza
la pressione esercitata dalla gravità si allentava. Le giravolte
diminuirono di numero e d’ intensità e fu allora che fu aggredita da un senso
di vertigini e di nausea che la costrinsero a fare ricorso a tutta la sua forza
di volontà per non rovinare malamente sul ghiaccio. Le gambe le tremavano
quando riuscì a fermarsi.
Ci volle un
po’ prima che riuscisse a calmare i battiti del cuore e a rimettere ordine nei
suoi pensieri.
La prima
domanda riguardava Erronn. Che fine poteva aver fatto il suo amico?
Era da lì
che le era giunta la sua voce? Si guardò intorno e si rese conto di trovarsi in
una grotta meravigliosa. Lo spettacolo la lasciò senza fiato e dimenticò
persino i guai appena passati e i rischi corsi.
La parete che aveva davanti sembrava la facciata di una cattedrale gotica, con le guglie formate da stalagmiti di ghiaccio e l’ampia volta a cupola da cui pendevano altrettante, suggestive stalattiti.
Poi il suo sguardo si posò su una strana forma di ghiaccio e un urlo di raccapriccio le uscì dalla gola. La figura di Erronn, prigioniera in una bara di ghiaccio, con un’espressione stupefatta stampata sul volto rigido e candido era a pochi passi da lei e la paralizzò sul posto.
Non ebbe il
tempo di piangere, lamentarsi o di muoversi.
Era talmente
basita dall’orrore da non avvertire null’altro se non un dolore profondo che le
attanagliava il cuore. Si sentì sopraffare, soffocare e portò entrambe le mani
alla gola.
Per un
attimo temette davvero di morire soffocata ma, finalmente, le lacrime le
velarono gli occhi e poté dare sfogo a quell’indicibile oppressione.
Sola! Con la
morte di Erronn era rimasta completamente sola!
Kristell si
avvicinò alla statua di ghiaccio del ragazzo ed ebbe la tentazione di
avvinghiarsi a quella figura ibernata in quello scrigno glaciale.
«Erronn,
perché…perché?»
Lo sguardo
dell’amico era velato dal gelo, eppure, lei vi ravvisò una scintilla di vita o,
perlomeno, questa fu la sua impressione. La stessa sensazione ricevuta nel
momento in cui, poco prima, aveva rimesso il corpicino del neonato tra le
braccia materne.
Ma non ebbe
modo di rifletterci sopra. Un ruggito bestiale, amplificato dalla vastità della
grotta si espanse all’improvviso, frastornandola e gelandole il sangue nelle vene.
Quando si
volse verso la fonte di quel suono agghiacciante stentò a credere a quello che
aveva davanti. Non aveva mai visto una mostruosità del genere, nemmeno
raffigurata su qualche libro e mai avrebbe potuto credere che esistessero
simili aberrazioni della natura.
Si trattava
di una figura antropomorfa, umanoide, alta ben più di due metri, dai lineamenti
del volto appena sbozzati ma dalle fauci enormi, che esibivano una doppia
chiostra di denti simili a baionette. Quello che la rendeva surreale, era il
fatto che fosse scolpita in unico blocco di ghiaccio.
Quella cosa,
o meglio quel mostro, si muoveva goffamente per raggiungere proprio lei, con un
sibilo raschiante che fuoriusciva dalle fauci.
Kristell arretrò,
inebetita dallo sgomento.
Il mostro
emise un altro altisonante ruggito e la massa di aria gelida che emise, sbatté
contro la parete più vicina formando immediatamente una massa informe di
ghiaccio. La ragazzina intuì che se
fosse stata investita dal soffio letale, per lei sarebbe stata la fine. Allora
capì anche come tutte quelle persone, compreso il suo amico Erronn, erano state
imprigionate nell’involucro glaciale.
Il colpevole
della strage era quel mostro e, purtroppo, ora lei vi si trovava davanti.
Sentì di
essere a un passo dalla fine e iniziò a tremare.
Nulla e
nessuno era in grado di aiutarla in quel momento e non aveva nemmeno possibilità
di fuggire.
Kristell era
in completa balia di quel mostro.
Poi, all’improvviso un ricordo. I suoi occhi andarono all’anello che portava all’anulare e pur balbettando riuscì a mormorare:
Non v’è luce
senza sole
Non v’è
giorno senza onore
Questa è luce
del mio sangue
Senza essa il feudo langue!
La ragazzina
vide accendersi una luce all’ interno della pietra e con grande meraviglia la
vide pulsare. Nelle sue mani la gemma parve prendere vita e, dopo pochissimi
secondi, un fascio di luce partì a razzo verso il mostro. Il globo di luce scarlatta
lo investì e la creatura emise una serie di versi gutturali raccapriccianti.
Sotto gli
occhi esterrefatti di Kristell, il ghiaccio di cui era composto quella arcana essenza
sfrigolò, emettendo volute di fumo. L’essere iniziò a contorcersi
scompostamente dando l’impressione di essere una creatura di carne e ossa, per
questo, essere sottoposto a un’indicibile sofferenza.
Kristell agendo
per istinto indietreggiò per non rimanere vittima di qualche colpo inferto alla
cieca dal mostro, senza mai abbassare la mano con l’anello.
La figura
dell’essere glaciale iniziò lentamente a sciogliersi, come neve al sole e, dopo
soli pochi minuti, aveva formato una pozza d’ acqua ai piedi della ragazza.
Il silenzio
tornò a pesare gravemente nella grotta.
Tutto era
fermo, immobile. Kristell stessa pareva diventata una statua. Le violente
emozioni subite e la tensione l’avevano basita, e solo l’ansimare del suo
respiro ne tradiva la vitalità.
Le ci
vollero alcuni minuti per riprendersi e ritrovare la calma necessaria, quindi,
ancora frastornata, si diresse verso la statua di Erronn, e solo allora, riuscì
finalmente a sfogare tutto il suo dolore.
Kristell
singhiozzò disperatamente per alcuni, lunghi minuti, poi una sorte di
rassegnazione la riportò alla ragione. Doveva muoversi, cercare una via di
uscita al più presto, se non voleva morire dal freddo.
Angosciata,
intirizzita dal gelo che aveva ripreso a tormentarla soprattutto ai piedi e
alle mani, si diresse verso il punto dove vi era più luce.
Era rimasta
sola e si domandò se valesse la pena continuare a vivere o se fosse meglio
lasciarsi andare alla morsa del freddo intenso. Addormentarsi e lasciarsi
cullare nell’oblio infinito. La tentazione era grande. Che senso aveva
continuare a vivere in quel luogo diventato all’improvviso un eremo inospitale?
Poi, fu di
nuovo il ricordo dei genitori sacrificatisi per lei a riscuoterla da quei
tristi pensieri e Kristell trovò le ultime stille di energia per reagire.
Diede un
ultimo sguardo alla statua di Erronn carezzandola con i pensieri e abbandonò
per sempre quella cattedrale di desolazione e di ghiaccio.
Ma durante
il cammino il gelo divenne presto il nemico più insidioso e il suo tormento aumentò.
Si costrinse a muoversi più speditamente per non lasciarsi sopraffare
dall’intorpidimento che ora avvertiva aggredire anche la sua mente. Kristell
stava correndo un serio pericolo ed era consapevole che se si fosse arresa alla
stanchezza e all’ angoscia, non ne sarebbe uscita viva.
Fluiva sui
pattini da almeno una ventina di minuti, quando le venne il sospetto di stare
girando in circolo. Si fermò per riprendere fiato, il dubbio che l’aveva
sfiorata, si rafforzò e si tramutò in certezza quando, sul terreno ghiacciato
davanti a lei, vide le tracce di pattini.
La smania di
venirne fuori si afflosciò come una vela che incontra la bonaccia. Il cuore
perse qualche battito e si accovacciò per studiare meglio i segni e
confrontarli con quelli che aveva appena lasciato lei dietro di sé. Lo
scoramento le serrò la gola in una morsa: si trovava in un vicolo cieco, un
labirinto e lì sarebbe morta.
Si lasciò
cadere per terra esausta. Era finita! Ora si che poteva lasciarsi andare e
riposare.
Il silenzio
di quella tomba di ghiaccio si espanse nel suo animo opprimendola.
“Quanto
potrò resistere? “si chiese “Quanto tempo ci metterò a lasciarmi andare nel
sonno?”
Pensò alla
madre che non aveva mai conosciuto e quella che invece l’aveva cresciuta. Lei,
Kristell, una principessa senza regno.
Trovò la
cosa tanto buffa che si mise a ridere. Se ne accorse solo quando l’eco le
riportò il suono della sua risata, ed era amara.
In
quel momento percepì di essere sul punto del non ritorno perché il gelo si
stava impadronendo dei suoi pensieri. Li sentiva vagare annebbiati, toccando
questo o quel ricordo della sua vita passata. Iniziò a tremare in modo
incontrollabile e il respiro si fece affannoso e allora ebbe la certezza che
stava per cadere vittima dell’ipotermia.
Poteva
ancora cercare di reagire, riscuotersi, ma aveva davvero senso farlo? Sarebbe
servito solo ad allungare la sua agonia.
Eppure,
erano già diversi minuti che una strana sensazione, a cui non sapeva dare nome,
la infastidiva, sentiva la pelle del viso gelida più di tutto il resto del
corpo. E all’ improvviso capì cosa fosse: «È aria! Una corrente d’aria che
viene da laggiù, dal fondo della galleria. Ma allora…forse un briciolo di
speranza c’è ancora!» esclamò sollevandosi con fatica. Le sue ciglia già
imbiancate dal gelo, si aprirono con uno strano scricchiolio e con gli occhi
sbarrati dall’ incredulità si guardò attorno.
Allora non
si trovava in un vicolo cieco? Quella galleria doveva avere uno sbocco da
qualche parte. Tendendo l’orecchio Kristell era anche in grado di avvertire il
leggero sibilo del vento.
Il suo corpo
tremava come una foglia, ma, perlomeno, quella stilla di speranza era servita a
riscaldarle l’animo.
Kristell si
riscosse dal letale torpore che l’aveva condotta insidiosamente sulla soglia
dell’incoscienza.
Prese il
coltellino a serramanico che portava sempre nelle tasche, e incise un segno su
entrambe le pareti della galleria, quindi riprese a pattinare.
Nel
frattempo, cercava di ragionare sul disastro del ghiacciaio. Dal momento dell’incontro
con quella orribile creatura aveva accantonato l’idea che fosse stata una calamità
naturale a provocare la tragedia.
Quale arcano
potere era stato in grado di creare quell’essere terrificante? Se era riuscito
a tanto poteva soltanto trattarsi di un’energia immensa. Ma a quale
scopo? Perché distruggere l’intero villaggio con i suoi abitanti? A che
poteva servire un regno fatto solo di ghiaccio?
Quante
domande l’assillarono mentre fluiva sempre più esausta.
L’idea che
qualcosa di magico aveva interferito causando la morte di tutte persone la
faceva rabbrividire.
Avrebbe mai
avuto fine quell’ incubo?
Le venne in
mente il momento in cui aveva puntato con stupore la pietra e pronunciato la
frase imparata a memoria. Quale magia si celava nell’anello e in quelle parole?
Si trattava di sicuro di una formula arcana. Ma chi l’aveva formulata? E perché
proprio a lei era stato affidato il compito di renderla attiva?
Quanti dubbi
le ronzavano per la testa, eppure non si lasciava distrarre, al contrario
prestava la massima attenzione. Ma il labirinto, perché di ciò si trattava
sembrava non avere mai fine, continuava a salire e Kristell sentiva le forze
mancare. In fin dei conti era solo una ragazzina, sola, spaventata e
demoralizzata.
Pian piano
aveva anche perso la cognizione del tempo. Non sapeva nemmeno se fosse
ancora giorno o fosse scesa la notte perché la luce riflessa dalle pareti, dal
fondo e dalla volta di ghiaccio, riflettevano un bagliore costante.
Si inoltrò
nell’ ennesimo corridoio e finalmente riscontrò un piccolo mutamento: in fondo
alla biforcazione, la luce sembrava aumentare. Una nuova speranza le nacque nel
cuore, cercò di scrollare i cattivi pensieri e si buttò su per l’ennesima
salita, con più entusiasmo. Il chiarore andava aumentando sempre più,
fino a diventare abbacinante e infastidirla.
Si ritrovò
in un grande ambiente. Più che distinguerlo bene, perché ancora abbagliata
dalla gran luce, ne avvertiva lo spazio immenso. I suoni le giungevano
amplificati. Gocciolii, scricchiolii, persino il grattare dei suoi pattini
giungevano ampliati da un’eco profonda.
Kristell
rallentò fino a fermarsi per non rischiare di andare a sbattere e fu in quel
momento che un altro ruggito inumano le gelò il sangue nelle vene.
Ancora una
volta, si trovava ad affrontare una di quelle creature terrificanti.
Col cuore in
gola, la ragazza fece per alzare la mano, ma il gesto le rimase a metà.
Non ebbe il tempo di formulare la frase che avrebbe scatenato la reazione della
pietra, né di fare alcunché.
Fu investita
da una folata gelida che le sferzò la pelle del viso; venne aggredita
dall’odore nauseabondo fuoriuscito dalle fauci spalancate, quindi, avvertì solo
un dolore cocente, pari a mille aghi che penetravano nelle sue carni.
La morsa del
gelo la imprigionò in un abbraccio mortale. Sentì il sangue, fino ad allora
caldo, raffreddarsi nelle sue vene, quindi, quel gelo alieno si propagò in
tutto il suo corpo.
Con gli
occhi sbarrati dall’orrore, la ragazza vide le sue mani cristallizzarsi. Tentò
disperatamente di contrastare il maleficio, perché di quello si trattava. Tentò
anche di urlare, ma non poteva assolutamente, il ghiaccio le aveva già serrato
la gola. In pochi, terrificanti secondi, Kristell si vide trasformare in statua
glaciale.
La cosa
strana è che non perse subito conoscenza. Ci furono alcuni minuti nei quali,
sebbene impossibilitata a muoversi, i suoi sensi, benché quasi del tutto intorpiditi,
erano ancora in grado di percepire alcuni movimenti e suoni. E fu allora che
sentì la risata stridula e gracchiante di una creatura ancora sconosciuta.
Kristell,
ormai impossibilitata a muoversi, poteva solo volgere gli occhi e la vide,
seduta su una sorta di trono reale scolpito in un blocco di ghiaccio.
Si trattava
di una figura femminile dall’aspetto tanto diafano e candido, da poter essere
scambiato per uno spettro.
La sconosciuta
era bellissima ma rideva sguaiatamente mentre l’osservava. Chi era quella
strega?
L’altra,
sempre ridendo di gusto, si limitava a guardarla e ci volle un po’ prima che
riprendesse fiato. Ma poi, con voce graffiante e sgradevole le cantilenò:
«Bene! Bene!
Bene! Guarda cosa abbiamo catturato! Nientemeno che la principessa Kristell,
l’ultima, unica erede, di questo regno. O perlomeno, quello che n’è
rimasto!» sottolineò soddisfatta «Ora che non ci sei più tu a intralciare i
miei piani, diverrò io la regina dei ghiacci eterni. E nessuno mai potrà
usurpare il mio trono.»
La strega,
perché di questo si trattava, finì la frase con un’altra delle sue risate
agghiaccianti.
Kristell
osservò con un velo di lacrime cocenti la Regina dei ghiacci e pensò che a
nulla era valso il sacrificio dei suoi genitori.
“Chi sei?
Cosa vuoi da me?” chiedevano gli occhi ormai velati di Kristell.
La creatura
malvagia intuì la domanda o, forse, possedeva anche il potere di leggerle nella
mente: «Davvero t’interessa sapere il mio nome, principessa? Nessuno lo
sa e nessuno mai dovrà conoscerlo. Ho fatto in modo che fosse cancellato dalla
memoria di tutti coloro che mi hanno conosciuta. E vuoi sapere per quale
motivo?»
Kristell
pensò che a lei non importava granché e l’altra parve risentirsi della sua
indifferenza: «I nomi delle streghe celano un potere arcano talmente potente,
che se quel nome venisse pronunciato da un nemico con intenzioni oscure,
potrebbe avere conseguenze nefaste sulla strega che lo porta. Ma hai proprio
ragione: questi sono particolari che ormai non ti riguardano più, mia cara
fanciulla. Piuttosto, vuoi sapere la fine che ti ho riservato? Proprio te che
hai avuto l’ardire di uccidere una delle mie graziose creature? Tu e tutti i
tuoi amici finirete per essere divorati dalle mie tenere e fidate
amiche. Oh, non inorridire piccola Kristell! In fin dei conti si tratta di un
onore incommensurabile che ti viene concesso in virtù dei tuoi natali.»
concluse, dopo aver notato la smorfia di raccapriccio che contraeva il volto
della ragazzina.
Le lacrime
scivolarono sul bel viso della giovane principessa e la strega, che se ne
accorse, s’affrettò a lasciare il trono per avvicinarsi alla statua di
ghiaccio.
«Non è
possibile!» sbraitò con tono preoccupato.
«I liquidi
del tuo corpo, dovrebbero essere ormai congelati! Ma si vede che hai un’ottima
resistenza, ragazza. Ma bene! Vorrà dire che soffrirai di più, molto di più!»
Era
consapevole che quella era l’ultimissima occasione di cui poter approfittare e
si concentrò sulle parole della formula.
All’inizio le frasi le si ammassarono confuse dalla mente e dovette faticare non poco per rimetterle in ordine. Tuttavia, questo suo sforzo venne premiato perché le rime della filastrocca si misero in fila e divennero sempre più chiare, finché sentì la sua voce scandirle a una a una. Pregò che la pietra fosse ben visibile e puntata verso la strega, e fu proprio quando si trovò a guardare nei due pozzi di ghiaccio che erano gli occhi del mostro, che la formula le salì dritta dal cuore:
Non c’è luce
senza sole!
Non c’è
alba senza onore!
Questa è
luce del mio sangue!
Senza essa il feudo langue!
La pietra
tra le sue mani emise uno sfolgorio improvviso e un calore insopportabile le
bruciò la mano quasi del tutto ibernata. Kristell sentì urlare, ma non distinse
se fosse stata la sua voce o quella della strega. Il mondo attorno a lei si dissolse
in un’esplosione di luce e di calore insopportabile e la ragazzina cadde in un
pozzo d’oscurità senza fine.
Quando, dopo
un tempo indefinibile riaprì gli occhi, si ritrovò distesa a terra.
All’inizio
non riuscì a ricordare molto di quanto avvenuto poco prima, ma poi nella sua
mente, balenò la visione della strega e della sua creatura che si dissolvevano
in una miriade di frantumi. Solo allora realizzò che il pericolo era passato.
Si guardò
intorno. Era del tutto sola e soprattutto, il suo corpo,
sebbene
ancora infreddolito e in preda a un tremolio costante, non era più prigioniero
del ghiaccio.
Kristell sospirò
di sollievo e cercò di rialzarsi. Quel movimento le costò una serie di fitte
dolorose alla schiena e al collo. I suoi muscoli si contrassero in modo
fastidioso, ma lei strinse i denti e alla fine riuscì a rimettersi in piedi.
«Devo uscire
da questo luogo malefico!» si disse, avviandosi sui pattini.
Presa da
quella smania i muscoli delle gambe risposero e Kristell si ritrovò ben presto
all’uscita.
L’accolsero
il silenzio della notte e una distesa di stelle luminose, oltre al chiarore
della luna piena e allora Kristell si sciolse in lacrime. Tutta la tensione, il
dolore e le violente emozioni provate la sopraffecero e i suoi lamenti e i suoi
singhiozzi divennero assordanti.
La ragazzina
si avvolse nel suo stesso abbraccio e si lasciò andare a quel pianto liberatorio.
Quando i
singhiozzi scemarono e non ebbe più lacrime rimase seduta a osservare i
dintorni. La luna splendeva, illuminando anche le zone d’ombra.
Persino il
ghiacciaio non pareva più così minaccioso ma, soprattutto sembrava stesse
ritirandosi.
Una gelida
sensazione d’angoscia l’attanagliò quando scorse l’intero feudo, appena poco
distinguibile, al di là della spessa guaina di ghiaccio e le figure umane
racchiuse nelle loro gabbie gelide. L’oppressione e lo scoramento tornarono ad
angustiarla ma poi si ricordò della magia racchiusa nella pietra.
Kristell si
sfilò l’anello dal dito: «Non ho nulla da perdere né io né loro» si disse puntando
la pietra verso le statue di ghiaccio, quindi, trasse un profondo respiro
d’incoraggiamento e rivolse il pensiero ai suoi cari, che non aveva mai
conosciuto: «Padre, madre, aiutatemi voi. Fate che l’incantesimo sortisca i
suoi benefici effetti!»
Poi, con la
dovuta calma iniziò a decantare la formula e i versi fluirono dolcemente con il
fascio luminoso di magia, che inglobò le figure più vicine.
Dopo ci
furono soltanto alcuni sconcertanti minuti di attesa. “Non ha funzionato!”
si disperò la ragazzina, che scrutava da vicino le statue, un attimo prima di
avvertire i primi scricchiolii. Il ghiaccio iniziò a sciogliersi e le figure
inanimate diventarono sempre più visibili.
La speranza
divampò nel suo cuore.
Col respiro
sospeso, assistette al cambiamento.
Fu un
piccolo, impercettibile movimento che la indusse ad avvicinarsi ancora di più alla
statua di ghiaccio che si trovava accanto. Colse con stupore un timido
sbattere di ciglia e il tremolio di una mano mentre il gelo, che fino allora
aveva avvolto quella persona, andava ad allentare la sua morsa.
Fu con un
grande sospiro di sollievo che udì il pianto vigoroso di un neonato espandersi
nell’aria. Solo allora si sentì sollevata. La profezia si era compiuta.
Il mondo
intorno a lei iniziò pian piano a rianimarsi. Tutti, uomini, donne e bambini,
animali e piante ripresero vita.
L’incantesimo
effettuato dalla strega non aveva lasciato conseguenze nemmeno tra la gente del
villaggio.
Erano tutti salvi e le persone che si erano
riprese per prima, le si avvicinavano e si rallegravano con lei.
Venne
riconosciuta da tutti come la principessa salvatrice del borgo, degna erede dei
compianti regnanti.
Kristell si
prodigò con tutti quelli ancora in difficoltà e stava appunto aiutando una
madre a recuperare il suo piccolo quando si sentì chiamare a gran voce.
«Kristell!»
La ragazza si volse ma, ancor prima di vederlo, aveva riconosciuto la voce di
Erronn.
In quel momento
si corsero incontro entrambi, felici di ritrovarsi.
Lui le tese
le mani; ambedue avevano lo sguardo velato di lacrime: «È tutto finito
principessa! Il ghiacciaio si sta ritirando e per merito tuo e del tuo coraggio non solo la strega è morta, ma tutto il villaggio è salvo e con esso anche il
principato. Presto tutto tornerà alla normalità e tu potrai riprendere il posto
che è tuo di diritto sul trono.»
Kristell
abbassò lo sguardo per nascondere la sua emozione. Ma lui le sollevò il mento
con fare delicato. Non voleva assolutamente perdere la possibilità di annegare
in quegli occhi azzurri come il cielo di primavera.
«Guardami,
Kristell» le disse posando un lieve bacio su quelle palpebre palpitanti.
«Sarai al
mio fianco vero, Erronn?» domandò lei timidamente.
«Finché tu
lo vorrai principessa!» e i due ragazzi si sorrisero finalmente sereni.
Fine
Conclusione spettacolare. Alla prossima. Buona domenica.
RispondiEliminaBellissimo. Complimenti.
RispondiEliminaBuon inizio settimana
RispondiEliminaUn finale fra lacrime e felicità... :)
RispondiEliminaGenial relato muy conmovedor. Te mando un beso
RispondiEliminaMolto bello. Complimenti. Ti abbraccio
RispondiEliminaConclusione spettacolare.
RispondiElimina