Fantasia

Fantasia
La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì

Pages - Menu

domenica 8 agosto 2021

Kristell e il feudo di ghiaccio (ultima parte)


Una profonda angoscia le pervase l'animo. Intorno a lei vi era solo morte e desolazione. Il vento continuava a soffiare sibilando e solo dopo un po' di tempo le rimandò una voce soffocata dalla lontananza, che la stava chiamando.

«Kristell…Kristell, mi senti?»

«Erronn! Santo cielo! Dove sei? Non ti vedo!» gridò lei cercando di sovrastare il sibilo del vento, mentre la speranza tornava a rinascere nel suo cuore.

«Stai ferma dove sei! Per carità! Non fare un passo in più! È una trappola!»

«Credevo fossi morto! Ho avuto tanta paura! Ma dove sei?»

«Non c’è molto tempo! Ascoltami bene! Alla tua destra vi è l’ingresso di una grotta. Non devi assolutamente entrare! Finiresti nella stessa mia trappola! Hai capito bene, Kristell? Non devi entrare!»

Ma le parole che giunsero alla fanciulla, furono spezzettate e stravolte dal vento, tanto che Kristell riuscì ad afferrare solo grotta e alla tua destra.

Credendo che lui le stesse indicando un rifugio, la ragazza si mosse in quella direzione, sicura di ritrovarlo all’interno, ma appena fece il suo ingresso nell’antro, venne avvolta da un vortice impetuoso e trascinata in un mulinello senza fine.

Si sentì afferrare, trascinare via con violenza e non ebbe nemmeno modo di urlare. Tentò invano di contrastare la forza che la stava trascinando verso un pozzo d’oscurità, una voragine circolare fatta solo di ghiaccio. Ma la lotta risultò impari e Kristell scomparve risucchiata nel budello glaciale.

Ed ebbe inizio un incubo! Si ritrovò prigioniera in una spirale di ghiaccio, un tunnel la cui volta si snodava in volute serpentine, come si trovasse a scivolare su un enorme toboga.

Riuscì a superare le prime giravolte del tracciato senza affannarsi molto. Disgraziatamente, lo scivolo divenne ben presto quasi perpendicolare, tanto da costringerla a temibili giri a testa in giù e, per alcuni, interminabili minuti, quella folle discesa si trasformò in una orribile caduta a precipizio. La forza centrifuga dovuta alla velocità acquisita sui pattini, in certi punti la teneva inchiodata sul basso, in altri a testa in giù, con le lame infisse a quello che doveva essere il soffitto.

Dopo qualche folle giravolta perse la cognizione di quel che faceva. Kristell non era più in grado pensare con coerenza e agiva soltanto come le suggeriva l’istinto.  Avvertiva solo il raschiare dei pattini e il pulsare violento del suo cuore nel petto.


Non aveva più pensieri razionali, non ve ne potevano essere in quelle condizioni. Sapeva di essere in pericolo di vita ma, presa com’era dalla spirale senza fine, poteva solo cercare di seguire le curve che le si presentavano davanti all’improvviso.

Ormai in preda al panico, non riusciva nemmeno più a capire dove fosse il basso e dove al contrario si trovasse la volta. La sua unica possibilità era quella di assecondare il movimento circolare, anche se a un certo punto intuì che la forza centrifuga nella quale era rimasta imprigionata, le avrebbe impedito di cadere e sbattere violentemente contro le pareti ghiacciate. A meno che lei stessa non avesse cercato di inchiodare i pattini sul ghiaccio.

Nonostante quella rassicurante consapevolezza, si domandò più volte quanto ancora avrebbe potuto resistere. Il peso e la gravità di quanto le stava accadendo le piombarono sulle spalle e le gambe iniziarono a tremarle per la fatica.

“Devo resistere! Devo farcela! Non voglio morire!” si spronava e incoraggiava da sé. “Forza! Ancora una curva…ancora una giravolta. prima o poi finirà questa carambola infernale!”

La ragazzina respirò più volte cercando di rimanere concentrata sul percorso e di prestare attenzione a ogni minimo mutamento, per poterne approfittare e uscire da quel vortice senza fine.

Solo dopo un tempo interminabile si rese conto che la pendenza s’addolciva e di conseguenza la pressione esercitata dalla gravità si allentava.  Le giravolte diminuirono di numero e d’ intensità e fu allora che fu aggredita da un senso di vertigini e di nausea che la costrinsero a fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per non rovinare malamente sul ghiaccio.  Le gambe le tremavano quando riuscì a fermarsi.

Ci volle un po’ prima che riuscisse a calmare i battiti del cuore e a rimettere ordine nei suoi pensieri.

La prima domanda riguardava Erronn.  Che fine poteva aver fatto il suo amico?

Era da lì che le era giunta la sua voce? Si guardò intorno e si rese conto di trovarsi in una grotta meravigliosa. Lo spettacolo la lasciò senza fiato e dimenticò persino i guai appena passati e i rischi corsi.

La parete che aveva davanti sembrava la facciata di una cattedrale gotica, con le   guglie formate da stalagmiti di ghiaccio e l’ampia volta a cupola da cui pendevano altrettante, suggestive stalattiti.

Poi il suo sguardo si posò su una strana forma di ghiaccio e un urlo di raccapriccio le uscì dalla gola. La figura di Erronn, prigioniera in una bara di ghiaccio, con un’espressione stupefatta stampata sul volto rigido e candido era a pochi passi da lei e la paralizzò sul posto.

Non ebbe il tempo di piangere, lamentarsi o di muoversi.  

Era talmente basita dall’orrore da non avvertire null’altro se non un dolore profondo che le attanagliava il cuore. Si sentì sopraffare, soffocare e portò entrambe le mani alla gola.

Per un attimo temette davvero di morire soffocata ma, finalmente, le lacrime le velarono gli occhi e poté dare sfogo a quell’indicibile oppressione.

Sola! Con la morte di Erronn era rimasta completamente sola!

Kristell si avvicinò alla statua di ghiaccio del ragazzo ed ebbe la tentazione di avvinghiarsi a quella figura ibernata in quello scrigno glaciale.

«Erronn, perché…perché?»

Lo sguardo dell’amico era velato dal gelo, eppure, lei vi ravvisò una scintilla di vita o, perlomeno, questa fu la sua impressione. La stessa sensazione ricevuta nel momento in cui, poco prima, aveva rimesso il corpicino del neonato tra le braccia materne.  

Ma non ebbe modo di rifletterci sopra. Un ruggito bestiale, amplificato dalla vastità della grotta si espanse all’improvviso, frastornandola e gelandole il sangue nelle vene.

Quando si volse verso la fonte di quel suono agghiacciante stentò a credere a quello che aveva davanti. Non aveva mai visto una mostruosità del genere, nemmeno raffigurata su qualche libro e mai avrebbe potuto credere che esistessero simili aberrazioni della natura.

Si trattava di una figura antropomorfa, umanoide, alta ben più di due metri, dai lineamenti del volto appena sbozzati ma dalle fauci enormi, che esibivano una doppia chiostra di denti simili a baionette. Quello che la rendeva surreale, era il fatto che fosse scolpita in unico blocco di ghiaccio.

Quella cosa, o meglio quel mostro, si muoveva goffamente per raggiungere proprio lei, con un sibilo raschiante che fuoriusciva dalle fauci. 




Kristell arretrò, inebetita dallo sgomento.

Il mostro emise un altro altisonante ruggito e la massa di aria gelida che emise, sbatté contro la parete più vicina formando immediatamente una massa informe di ghiaccio.  La ragazzina intuì che se fosse stata investita dal soffio letale, per lei sarebbe stata la fine. Allora capì anche come tutte quelle persone, compreso il suo amico Erronn, erano state imprigionate nell’involucro glaciale.

Il colpevole della strage era quel mostro e, purtroppo, ora lei vi si trovava davanti.

Sentì di essere a un passo dalla fine e iniziò a tremare.

Nulla e nessuno era in grado di aiutarla in quel momento e non aveva nemmeno possibilità di fuggire.

Kristell era in completa balia di quel mostro.

 Poi, all’improvviso un ricordo. I suoi occhi andarono all’anello che portava all’anulare e pur balbettando riuscì a mormorare: 

Non v’è luce senza sole

Non v’è giorno senza onore

Questa è luce del mio sangue

Senza essa il feudo langue!

La ragazzina vide accendersi una luce all’ interno della pietra e con grande meraviglia la vide pulsare. Nelle sue mani la gemma parve prendere vita e, dopo pochissimi secondi, un fascio di luce partì a razzo verso il mostro. Il globo di luce scarlatta lo investì e la creatura emise una serie di versi gutturali raccapriccianti.

Sotto gli occhi esterrefatti di Kristell, il ghiaccio di cui era composto quella arcana essenza sfrigolò, emettendo volute di fumo. L’essere iniziò a contorcersi scompostamente dando l’impressione di essere una creatura di carne e ossa, per questo, essere sottoposto a un’indicibile sofferenza.

Kristell agendo per istinto indietreggiò per non rimanere vittima di qualche colpo inferto alla cieca dal mostro, senza mai abbassare la mano con l’anello.

La figura dell’essere glaciale iniziò lentamente a sciogliersi, come neve al sole e, dopo soli pochi minuti, aveva formato una pozza d’ acqua ai piedi della ragazza.

Il silenzio tornò a pesare gravemente nella grotta.  

Tutto era fermo, immobile. Kristell stessa pareva diventata una statua. Le violente emozioni subite e la tensione l’avevano basita, e solo l’ansimare del suo respiro ne tradiva la vitalità.

Le ci vollero alcuni minuti per riprendersi e ritrovare la calma necessaria, quindi, ancora frastornata, si diresse verso la statua di Erronn, e solo allora, riuscì finalmente a sfogare tutto il suo dolore.

Kristell singhiozzò disperatamente per alcuni, lunghi minuti, poi una sorte di rassegnazione la riportò alla ragione. Doveva muoversi, cercare una via di uscita al più presto, se non voleva morire dal freddo.

Angosciata, intirizzita dal gelo che aveva ripreso a tormentarla soprattutto ai piedi e alle mani, si diresse verso il punto dove vi era più luce.

Era rimasta sola e si domandò se valesse la pena continuare a vivere o se fosse meglio lasciarsi andare alla morsa del freddo intenso. Addormentarsi e lasciarsi cullare nell’oblio infinito. La tentazione era grande. Che senso aveva continuare a vivere in quel luogo diventato all’improvviso un eremo inospitale?

Poi, fu di nuovo il ricordo dei genitori sacrificatisi per lei a riscuoterla da quei tristi pensieri e Kristell trovò le ultime stille di energia per reagire.

Diede un ultimo sguardo alla statua di Erronn carezzandola con i pensieri e abbandonò per sempre quella cattedrale di desolazione e di ghiaccio.

Ma durante il cammino il gelo divenne presto il nemico più insidioso e il suo tormento aumentò. Si costrinse a muoversi più speditamente per non lasciarsi sopraffare dall’intorpidimento che ora avvertiva aggredire anche la sua mente. Kristell stava correndo un serio pericolo ed era consapevole che se si fosse arresa alla stanchezza e all’ angoscia, non ne sarebbe uscita viva.

Fluiva sui pattini da almeno una ventina di minuti, quando le venne il sospetto di stare girando in circolo. Si fermò per riprendere fiato, il dubbio che l’aveva sfiorata, si rafforzò e si tramutò in certezza quando, sul terreno ghiacciato davanti a lei, vide le tracce di pattini.

La smania di venirne fuori si afflosciò come una vela che incontra la bonaccia. Il cuore perse qualche battito e si accovacciò per studiare meglio i segni e confrontarli con quelli che aveva appena lasciato lei dietro di sé. Lo scoramento le serrò la gola in una morsa: si trovava in un vicolo cieco, un labirinto e lì sarebbe morta.

Si lasciò cadere per terra esausta. Era finita! Ora si che poteva lasciarsi andare e riposare.

Il silenzio di quella tomba di ghiaccio si espanse nel suo animo opprimendola.

“Quanto potrò resistere? “si chiese “Quanto tempo ci metterò a lasciarmi andare nel sonno?”

Pensò alla madre che non aveva mai conosciuto e quella che invece l’aveva cresciuta. Lei, Kristell, una principessa senza regno.

Trovò la cosa tanto buffa che si mise a ridere. Se ne accorse solo quando l’eco le riportò il suono della sua risata, ed era amara.

 In quel momento percepì di essere sul punto del non ritorno perché il gelo si stava impadronendo dei suoi pensieri. Li sentiva vagare annebbiati, toccando questo o quel ricordo della sua vita passata. Iniziò a tremare in modo incontrollabile e il respiro si fece affannoso e allora ebbe la certezza che stava per cadere vittima dell’ipotermia.

Poteva ancora cercare di reagire, riscuotersi, ma aveva davvero senso farlo? Sarebbe servito solo ad allungare la sua agonia.

Eppure, erano già diversi minuti che una strana sensazione, a cui non sapeva dare nome, la infastidiva, sentiva la pelle del viso gelida più di tutto il resto del corpo. E all’ improvviso capì cosa fosse: «È aria! Una corrente d’aria che viene da laggiù, dal fondo della galleria. Ma allora…forse un briciolo di speranza c’è ancora!» esclamò sollevandosi con fatica. Le sue ciglia già imbiancate dal gelo, si aprirono con uno strano scricchiolio e con gli occhi sbarrati dall’ incredulità si guardò attorno.

Allora non si trovava in un vicolo cieco? Quella galleria doveva avere uno sbocco da qualche parte. Tendendo l’orecchio Kristell era anche in grado di avvertire il leggero sibilo del vento.

Il suo corpo tremava come una foglia, ma, perlomeno, quella stilla di speranza era servita a riscaldarle l’animo.

Kristell si riscosse dal letale torpore che l’aveva condotta insidiosamente sulla soglia dell’incoscienza.

Prese il coltellino a serramanico che portava sempre nelle tasche, e incise un segno su entrambe le pareti della galleria, quindi riprese a pattinare.

Contava mentalmente i passi che faceva, un po’ per rimanere ancorata alla realtà e un po’ per segnare in modo costante il percorso già fatto. Superata un’ampia curva si trovò alla prima biforcazione ed anche là lasciò un segno del suo passaggio. 


Nel frattempo, cercava di ragionare sul disastro del ghiacciaio. Dal momento dell’incontro con quella orribile creatura aveva accantonato l’idea che fosse stata una calamità naturale a provocare la tragedia.

Quale arcano potere era stato in grado di creare quell’essere terrificante? Se era riuscito a tanto poteva soltanto trattarsi di un’energia immensa. Ma a quale scopo?  Perché distruggere l’intero villaggio con i suoi abitanti? A che poteva servire un regno fatto solo di ghiaccio?

Quante domande l’assillarono mentre fluiva sempre più esausta.

L’idea che qualcosa di magico aveva interferito causando la morte di tutte persone la faceva rabbrividire.

Avrebbe mai avuto fine quell’ incubo?

Le venne in mente il momento in cui aveva puntato con stupore la pietra e pronunciato la frase imparata a memoria. Quale magia si celava nell’anello e in quelle parole? Si trattava di sicuro di una formula arcana. Ma chi l’aveva formulata? E perché proprio a lei era stato affidato il compito di renderla attiva?

Quanti dubbi le ronzavano per la testa, eppure non si lasciava distrarre, al contrario prestava la massima attenzione. Ma il labirinto, perché di ciò si trattava sembrava non avere mai fine, continuava a salire e Kristell sentiva le forze mancare. In fin dei conti era solo una ragazzina, sola, spaventata e demoralizzata.

Pian piano aveva anche perso la cognizione del tempo.  Non sapeva nemmeno se fosse ancora giorno o fosse scesa la notte perché la luce riflessa dalle pareti, dal fondo e dalla volta di ghiaccio, riflettevano un bagliore costante.

Si inoltrò nell’ ennesimo corridoio e finalmente riscontrò un piccolo mutamento: in fondo alla biforcazione, la luce sembrava aumentare. Una nuova speranza le nacque nel cuore, cercò di scrollare i cattivi pensieri e si buttò su per l’ennesima salita, con più entusiasmo.  Il chiarore andava aumentando sempre più, fino a diventare abbacinante e infastidirla.

Si ritrovò in un grande ambiente. Più che distinguerlo bene, perché ancora abbagliata dalla gran luce, ne avvertiva lo spazio immenso.  I suoni le giungevano amplificati. Gocciolii, scricchiolii, persino il grattare dei suoi pattini giungevano ampliati da un’eco profonda.

Kristell rallentò fino a fermarsi per non rischiare di andare a sbattere e fu in quel momento che un altro ruggito inumano le gelò il sangue nelle vene.

Ancora una volta, si trovava ad affrontare una di quelle creature terrificanti.

Col cuore in gola, la ragazza fece per alzare la mano, ma il gesto le rimase a metà.  Non ebbe il tempo di formulare la frase che avrebbe scatenato la reazione della pietra, né di fare alcunché.

Fu investita da una folata gelida che le sferzò la pelle del viso; venne aggredita dall’odore nauseabondo fuoriuscito dalle fauci spalancate, quindi, avvertì solo un dolore cocente, pari a mille aghi che penetravano nelle sue carni. 

La morsa del gelo la imprigionò in un abbraccio mortale. Sentì il sangue, fino ad allora caldo, raffreddarsi nelle sue vene, quindi, quel gelo alieno si propagò in tutto il suo corpo.

Con gli occhi sbarrati dall’orrore, la ragazza vide le sue mani cristallizzarsi. Tentò disperatamente di contrastare il maleficio, perché di quello si trattava. Tentò anche di urlare, ma non poteva assolutamente, il ghiaccio le aveva già serrato la gola. In pochi, terrificanti secondi, Kristell si vide trasformare in statua glaciale.

La cosa strana è che non perse subito conoscenza. Ci furono alcuni minuti nei quali, sebbene impossibilitata a muoversi, i suoi sensi, benché quasi del tutto intorpiditi, erano ancora in grado di percepire alcuni movimenti e suoni. E fu allora che sentì la risata stridula e gracchiante di una creatura ancora sconosciuta.

Kristell, ormai impossibilitata a muoversi, poteva solo volgere gli occhi e la vide, seduta su una sorta di trono reale scolpito in un blocco di ghiaccio.

Si trattava di una figura femminile dall’aspetto tanto diafano e candido, da poter essere scambiato per uno spettro.

La sconosciuta era bellissima ma rideva sguaiatamente mentre l’osservava. Chi era quella strega?

L’altra, sempre ridendo di gusto, si limitava a guardarla e ci volle un po’ prima che riprendesse fiato. Ma poi, con voce graffiante e sgradevole le cantilenò:

«Bene! Bene! Bene! Guarda cosa abbiamo catturato! Nientemeno che la principessa Kristell, l’ultima, unica erede, di questo regno.  O perlomeno, quello che n’è rimasto!» sottolineò soddisfatta «Ora che non ci sei più tu a intralciare i miei piani, diverrò io la regina dei ghiacci eterni. E nessuno mai potrà usurpare il mio trono.»

La strega, perché di questo si trattava, finì la frase con un’altra delle sue risate agghiaccianti.

Kristell osservò con un velo di lacrime cocenti la Regina dei ghiacci e pensò che a nulla era valso il sacrificio dei suoi genitori.

“Chi sei? Cosa vuoi da me?” chiedevano gli occhi ormai velati di Kristell.

La creatura malvagia intuì la domanda o, forse, possedeva anche il potere di leggerle nella mente: «Davvero t’interessa sapere il mio nome, principessa?  Nessuno lo sa e nessuno mai dovrà conoscerlo. Ho fatto in modo che fosse cancellato dalla memoria di tutti coloro che mi hanno conosciuta. E vuoi sapere per quale motivo?»

Kristell pensò che a lei non importava granché e l’altra parve risentirsi della sua indifferenza: «I nomi delle streghe celano un potere arcano talmente potente, che se quel nome venisse pronunciato da un nemico con intenzioni oscure, potrebbe avere conseguenze nefaste sulla strega che lo porta. Ma hai proprio ragione: questi sono particolari che ormai non ti riguardano più, mia cara fanciulla. Piuttosto, vuoi sapere la fine che ti ho riservato? Proprio te che hai avuto l’ardire di uccidere una delle mie graziose creature? Tu e tutti i tuoi amici   finirete per essere divorati dalle mie tenere e fidate amiche. Oh, non inorridire piccola Kristell! In fin dei conti si tratta di un onore incommensurabile che ti viene concesso in virtù dei tuoi natali.» concluse, dopo aver notato la smorfia di raccapriccio che contraeva il volto della ragazzina. 

Le lacrime scivolarono sul bel viso della giovane principessa e la strega, che se ne accorse, s’affrettò a lasciare il trono per avvicinarsi alla statua di ghiaccio.

«Non è possibile!» sbraitò con tono preoccupato.

«I liquidi del tuo corpo, dovrebbero essere ormai congelati! Ma si vede che hai un’ottima resistenza, ragazza. Ma bene! Vorrà dire che soffrirai di più, molto di più!»

Le mie lacrime non si sono solidificate! Ma allora… ho ancora una speranza!” pensò Kristell, quindi cercò di escludere ogni altra cosa dalla sua mente. Aveva notato il gesto imperioso della strega verso la creatura di ghiaccio e in quel momento, con la coda dell’occhio la vedeva avvicinarsi. Tremò in ogni fibra, un po’ per il freddo e un po’ per la paura, ma cercò di farsi coraggio.
 

Era consapevole che quella era l’ultimissima occasione di cui poter approfittare e si concentrò sulle parole della formula.

All’inizio le frasi le si ammassarono confuse dalla mente e dovette faticare non poco per rimetterle in ordine. Tuttavia, questo suo sforzo venne premiato perché le rime della filastrocca si misero in fila e divennero sempre più chiare, finché sentì la sua voce scandirle a una a una.  Pregò che la pietra fosse ben visibile e puntata verso la strega, e fu proprio quando si trovò a guardare nei due pozzi di ghiaccio che erano gli occhi del mostro, che la formula le salì dritta dal cuore: 

Non c’è luce senza sole!

Non c’è alba senza onore!

Questa è luce del mio sangue!

Senza essa il feudo langue!

La pietra tra le sue mani emise uno sfolgorio improvviso e un calore insopportabile le bruciò la mano quasi del tutto ibernata. Kristell sentì urlare, ma non distinse se fosse stata la sua voce o quella della strega. Il mondo attorno a lei si dissolse in un’esplosione di luce e di calore insopportabile e la ragazzina cadde in un pozzo d’oscurità senza fine.

Quando, dopo un tempo indefinibile riaprì gli occhi, si ritrovò distesa a terra.

All’inizio non riuscì a ricordare molto di quanto avvenuto poco prima, ma poi nella sua mente, balenò la visione della strega e della sua creatura che si dissolvevano in una miriade di frantumi. Solo allora realizzò che il pericolo era passato.

Si guardò intorno. Era del tutto sola e soprattutto, il suo corpo,

sebbene ancora infreddolito e in preda a un tremolio costante, non era più prigioniero del ghiaccio.

Kristell sospirò di sollievo e cercò di rialzarsi. Quel movimento le costò una serie di fitte dolorose alla schiena e al collo. I suoi muscoli si contrassero in modo fastidioso, ma lei strinse i denti e alla fine riuscì a rimettersi in piedi.

«Devo uscire da questo luogo malefico!» si disse, avviandosi sui pattini.

Presa da quella smania i muscoli delle gambe risposero e Kristell si ritrovò ben presto all’uscita.

L’accolsero il silenzio della notte e una distesa di stelle luminose, oltre al chiarore della luna piena e allora Kristell si sciolse in lacrime. Tutta la tensione, il dolore e le violente emozioni provate la sopraffecero e i suoi lamenti e i suoi singhiozzi divennero assordanti.

La ragazzina si avvolse nel suo stesso abbraccio e si lasciò andare a quel pianto liberatorio.

Quando i singhiozzi scemarono e non ebbe più lacrime rimase seduta a osservare i dintorni. La luna splendeva, illuminando anche le zone d’ombra.     

Persino il ghiacciaio non pareva più così minaccioso ma, soprattutto sembrava stesse ritirandosi.

Una gelida sensazione d’angoscia l’attanagliò quando scorse l’intero feudo, appena poco distinguibile, al di là della spessa guaina di ghiaccio e le figure umane racchiuse nelle loro gabbie gelide. L’oppressione e lo scoramento tornarono ad angustiarla ma poi si ricordò della magia racchiusa nella pietra.

Kristell si sfilò l’anello dal dito: «Non ho nulla da perdere né io né loro» si disse puntando la pietra verso le statue di ghiaccio, quindi, trasse un profondo respiro d’incoraggiamento e rivolse il pensiero ai suoi cari, che non aveva mai conosciuto: «Padre, madre, aiutatemi voi. Fate che l’incantesimo sortisca i suoi benefici effetti!»

Poi, con la dovuta calma iniziò a decantare la formula e i versi fluirono dolcemente con il fascio luminoso di magia, che inglobò le figure più vicine.

Dopo ci furono soltanto alcuni sconcertanti minuti di attesa.  “Non ha funzionato!” si disperò la ragazzina, che scrutava da vicino le statue, un attimo prima di avvertire i primi scricchiolii. Il ghiaccio iniziò a sciogliersi e le figure inanimate diventarono sempre più visibili.

La speranza divampò nel suo cuore.

Col respiro sospeso, assistette al cambiamento.

Fu un piccolo, impercettibile movimento che la indusse ad avvicinarsi ancora di più alla statua di ghiaccio che si trovava accanto.  Colse con stupore un timido sbattere di ciglia e il tremolio di una mano mentre il gelo, che fino allora aveva avvolto quella persona, andava ad allentare la sua morsa.  

Fu con un grande sospiro di sollievo che udì il pianto vigoroso di un neonato espandersi nell’aria. Solo allora si sentì sollevata. La profezia si era compiuta.

Il mondo intorno a lei iniziò pian piano a rianimarsi. Tutti, uomini, donne e bambini, animali e piante ripresero vita.

L’incantesimo effettuato dalla strega non aveva lasciato conseguenze nemmeno tra la gente del villaggio.

 Erano tutti salvi e le persone che si erano riprese per prima, le si avvicinavano e si rallegravano con lei.

Venne riconosciuta da tutti come la principessa salvatrice del borgo, degna erede dei compianti regnanti.

Kristell si prodigò con tutti quelli ancora in difficoltà e stava appunto aiutando una madre a recuperare il suo piccolo quando si sentì chiamare a gran voce.

«Kristell!» La ragazza si volse ma, ancor prima di vederlo, aveva riconosciuto la voce di Erronn.

In quel momento si corsero incontro entrambi, felici di ritrovarsi.

Lui le tese le mani; ambedue avevano lo sguardo velato di lacrime: «È tutto finito principessa! Il ghiacciaio si sta ritirando e per merito tuo e del tuo coraggio non solo la strega è morta, ma tutto il villaggio è salvo e con esso anche il principato. Presto tutto tornerà alla normalità e tu potrai riprendere il posto che è tuo di diritto sul trono.»

Kristell abbassò lo sguardo per nascondere la sua emozione. Ma lui le sollevò il mento con fare delicato. Non voleva assolutamente perdere la possibilità di annegare in quegli occhi azzurri come il cielo di primavera.

«Guardami, Kristell» le disse posando un lieve bacio su quelle palpebre palpitanti.

«Sarai al mio fianco vero, Erronn?» domandò lei timidamente.

«Finché tu lo vorrai principessa!» e i due ragazzi si sorrisero finalmente sereni.

                              Fine

                          


Racconto pubblicato sul sito Scrivere
Immagini Pinterest e Phoneky



7 commenti: