Fantasia

La brama della scrittura arde come una fiamma in un cuor propenso. Vivì
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martedì 14 marzo 2023
La leggenda della Bora
Molto, molto tempo fa, il
dio del vento Eolo amava viaggiare per il mondo con l’allegra brigata composta
dai figli.
Un giorno giunsero su un
verde altipiano a strapiombo sul mare e Bora, la più bella tra i figli di Eolo,
ne rimase tanto affascinata che decise di esplorare il luogo dall’alto.
Bora si librò nel cielo e
prese a correre tra le nuvole scompigliandole per avere migliore visuale e per
visitare più posti possibili. Ma la giovane si stancò ben presto e cercò riparo
dentro una grotta per riposare in tutta tranquillità.
In realtà, al riparo di
quelle rocce vi era l’eroe umano Tergesteo, che di ritorno dall’impresa del
Vello d’Oro, lo aveva già eletto come suo rifugio.
Presi dalla passione i due
innamorati vissero giorni felici in quella grotta dimenticandosi del resto del
mondo.
Quando Eolo si rese conto
della prolungata assenza della figlia, si mise furiosamente alla sua ricerca provocando
burrasche e tempeste fino a che, un nembo stanco del trambusto provocato dal
dio, gli suggerì il luogo in cui si nascondeva Bora.
Eolo ritrovò la figlia
stretta tra le braccia dell’amante e folle di rabbia e gelosia si trasformò in
un ciclone che travolse il giovane eroe. Privo di ogni difesa atta a contrastare quella collera suprema, Tergesteo rovinò per terra e venne scaraventato più volte
contro le rocce con violenza sbattendo più volte la testa e rimanendo
mortalmente ferito.
Subito dopo Eolo lasciò la
grotta abbandonando la figlia immersa nel suo dolore.
In preda alla disperazione
Bora si lasciò andare in un pianto a dirotto e la leggenda narra che le sue
lacrime si trasformarono in pietre. Il suo pianto accorato attirò l’attenzione
di Madre Natura, che si impietosì e decise di trasformare il sangue del giovane
eroe in un Sommaco, una pianta che ricopre di rosso tutta la regione del Carso.
La notizia dell’efferato
delitto si propagò per tutto l’Olimpo ed Eolo fu costretto ad ammettere il suo
tragico errore. Per porvi rimedio, il dio del vento permise alla figlia di ricongiungersi
all’innamorato ogni anno per tre, cinque o sette giorni d’amore.
Anche il dio Nettuno
intervenne ordinando alle Onde di ricoprire il corpo dell’eroe di alghe, stelle
marine e conchiglie per tramutarlo in un colle.
In seguito, ai piedi della
collina nacque una città a cui venne dato il nome dell’eroe e diventata col
tempo Trieste.
Ancora oggi e, periodicamente, si scatenano la furia e la disperazione di Bora, che soffia e che impazza per
vie della città.
giovedì 2 marzo 2023
La leggenda dell ‘Etna
“A muntagna” così i siciliani chiamano il loro vulcano Etna,
altrimenti conosciuto come Mongibello.Il vulcano è vivo, brontola tanto dal profondo, fino a
fare tremare la terra intorno; sbuffa lunghi soffi di fumo dal cratere e ogni
tanto si arrabbia fino a esplodere, eruttando lava incandescente e offrendo
uno spettacolo straordinario al mondo intero.L’Etna ha dato origine a innumerevoli leggende e una tra
le più suggestive è quella che narra di Encelado, fratello maggiore di tutti i
giganti.Encelado veniva descritto come un tipo molto ambizioso,
dall’indole collerica e dall’aspetto trasandato. Portava i capelli molto lunghi e sfoggiava una barba importante e incolta a cornice dei tratti granitici del
suo volto. Si narra che la sua bocca pareva una fornace e, pare che quando si
arrabbiava, sputasse scintille di fuoco che spargendosi intorno, gli
incenerivano barba e capelli, che in seguito ricrescevano più folti e ispidi di
prima.
Desideroso sempre più di potere e folle di gelosia nei
confronti di Giove, il padre di tutti gli dèi e Signore dell’Olimpo, Encelado
progettò di raggiungere il regno situato nel cielo, combattere con il sovrano e
conquistarne il trono.Essendo un autoritario, il gigante riuscì a soggiogare i
fratelli minori e a convincerli ad aiutarlo ad ascendere fino all’Olimpo comandando
loro di porre una sull’altra le cime più alte del pianeta Terra. Così i giganti
iniziarono a sovrapporre sull’Etna il Monte Bianco, quindi Pindo della Grecia e
le più alte vette asiatiche. Ma le cime non bastarono ed Encelado sbraitò contro
i fratelli: «Prendete anche i monti africani! Solo così arriveremo in
cielo!»I giganti ubbidirono
ma, quando furono a un passo dal regno degli dèi, Giove finalmente se ne
accorse e si adirò. Il sovrano scagliò i suoi fulmini contro i giganti
accecandoli e facendoli precipitare. Subito dopo bersagliò le montagne
riducendole in frantumi, che franarono sui colpevoli seppellendoli.
Anche Encelado
rimase coinvolto nella valanga di detriti e pietrisco e, sebbene ancora vivo,
rimase sepolto nel ventre dell’Etna. Impossibilitato a
muoversi, la frustrazione e la collera del gigante aumentarono a dismisura, tanto,
da fargli vomitare fuoco e lapilli che risalirono raggiungendo il cratere del vulcano.La rabbia di
Encelado si trasformò in lava incandescente, che quel giorno colò lungò gli scoscesi
pendii provocando morte e distruzione nei villaggi intorno e costringendo la
gente alla fuga.In seguito il
gigante si acquietò, addormentandosi ma, periodicamente si risveglia, così come
la sua collera e torna a scagliare fuoco e lapilli anche fino al cielo.
Anche Encelado
rimase coinvolto nella valanga di detriti e pietrisco e, sebbene ancora vivo,
rimase sepolto nel ventre dell’Etna.
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